Non profit

Alfano: una legge sulla sussidiarietà

Riforma del titolo primo del Codice civile: il ministro della Giustizia assicura che ci sarà. Realacci: «non saremo credibili se non portiamo a casa una legge sul 5 per mille»

di Antonietta Nembri

da Rimini

Il contorno la tradizionale riunione dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, aperta da Maurizio Lupi e da Emmanuale Forlani, il piatto forte la riforma del titolo primo del codice civile, o meglio il percorso che sta portando a questa riforma, attesa da tempo e sulla quale si era già messa al lavoro nella scorsa legislatura la commissione Pinza. Ora sembra che le cose procedano. A dare un input lo stesso ministro alla Giustizia Angiolino Alfano che giovedì sera ha partecipato all’incontro dell’intergruppo, cui partecipa dalla sua fondazione, nei padiglioni della fiera di Rimini.

Il ministro Alfano ha esordito ricordando che la riforma del titolo primo del Codice civile è l’occasione «per riformare il settore del non profit e dare per la prima volta una legge sulla sussidiarietà». Per Alfano un ulteriore stimolo è dato da un emendamento semantico: «non mi piace né la definizione “terzo settore” né “non profit”». La prima definizione perché terzo vuol dire ultimo «e non capisco perché ciò che nasce dalla voglia di darsi debba essere l’ultimo», mentre la seconda è una definizione negativa. In fondo ha ricordato il ministro stiamo parlando di un settore che «riguarda cioè tutto ciò che manda avanti il nostro Paese e che è espresso dalle associazioni di volontariato, non è il pubblico e non è il privato che manda avanti il paese è quella grande famiglia composta da milioni di italiani che servono l’altro e danno il meglio di sé senza guadagnare, ma solo per amore».

Il legislatore diede nel 1942 ebbe la capacità di scrivere trenta articoli che facevano riferimento ad un mondo vasto (associazioni, fondazioni, comitati), ma visti anche i tempi il tutto si muoveva in una logica di riconoscimento e non di libertà, «oggi, constatato che il fermento sociale è più avanti della strumentazione giuridica, vogliamo esaltare ciò che viene dalla società nella logica della sussidiarietà orizzontale, con una legislazione che sciolga lacci e laccioli ed insieme portare avanti qualcosa di utile per il Paese, senza servirsi, ma per servire gli italiani». La bussola è quindi quella di dare più libertà.

Dopo il ministro sono intervenuti i parlamentari presenti (Ugo Sposetti, Luigi Bobba, Gabriele Toccafondi ed Ermete Realacci) e la presidente della Cdo Opere Sociali, Monica Poletto che ha posto l’accento sul fatto che chi mette mano alla riforma del settore debba «conoscere e stimare il fenomeno storico vasto e variegato del non profit» e ha posto l’attenzione nel «non mutuare cose che non appartengono alla nostra realtà, come accaduto in passato», e anche sul fatto che «il controllo sui fondi destinati agli enti avvenga ex-post così da risultare veramente efficace».

Chiede una riforma semplice, «con pochi articoli e che attui la Costituzione, così da non avere inserimenti successivi di alcun tipo» ha detto Sposetti (Pd) rivolgendosi al ministro. «Credo e spero che questa volta sia la volta buona» ha esordito Luigi Bobba, parlamentare Pd che ripercorrendo lo sviluppo della vicenda dal punto di vista legislativo ha sottolineato il paradosso di non essere arrivati ancora a definire le norme civilistiche di controllo. Gabriele Toccafondi del Pdl, dopo aver citato esperienze positive in tema di sussidiarietà ha dichiarato che «l’intento dell’Intergruppo è arrivare al riconoscimento giuridico dei corpi intermedi e che quindi la modifica del titolo I è necessaria al fine di esaltare ciò che esiste e non immaginare ciò che non c’è».

«Non saremo credibili se non portiamo a casa una legge certa sul 5 per mille, senza andare ad elemosinare più nulla all’ultimo momento prima dell’approvazione della Finanziaria» è questa la puntualizzazione che ha aperto l’intervento di Realacci, deputato del Pd.

Le conclusioni del ministro Alfano che ha assicurato di non voler creare alcuna commissione, ma di utilizzare l’ufficio legislativo del ministero, si è poi detto d’accordo con Sposetti e Bobba sulla necessità una legge snella e con pochi articoli «Fare la riforma della sussidiarietà è affermare un modello di società in cui ci sia più società, più libertà e un po’ meno Stato».


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