Sustainability portrait

La mano visibile della sostenibilità

Le teorie economiche classiche, il maistream che parla solo di Pil. Tutto bene, ma il presente racconta un’altra storia. Fatta di fragilità, disuguaglianza e bisogno di ascolto. È di questo che vuol parlare Alessia Borrelli del Gruppo Assimoco nella nuova puntata della rubrica di VITA e di come nel concreto la compagnia intende perseguire finalità sociali

di Nicola Varcasia

Come l’attacco di una canzone dei Queen, l’incontro di Alessia Borrelli con il mondo della sostenibilità è stato una folgorazione. Il suo appassionato (e riflessivo) racconto ci accompagna nella nuova puntata dei Sustainability portrait, che ci conduce nelle attività del Gruppo Assimoco, compagnia assicurativa del movimento cooperativo, di cui Borrelli è responsabile persone, cultura e sostenibilità.

Quando ha incrociato i temi della sostenibilità nel suo lavoro?

Con il mio arrivo in Assimoco, quasi 12 anni fa. Ho scoperto un luogo in cui gli aspetti di sostenibilità sono connaturati al lavoro che svolgiamo. Questo approccio mi ha consentito di rileggere in maniera critica le mie esperienze precedenti.

Se dovesse riassumerle con una battuta?

Direi che ho peccato!

Complimenti per la schiettezza, come mai lo dice?

All’università ho studiato economia, con un’impostazione classica, in cui i concetti di base erano la mano invisibile, la crescita infinita e il calcolo del Pil. Tutti elementi che fanno parte di un bagaglio culturale certamente necessario che, però, oggi è chiaro a tutti, non bastano da soli per comprendere e affrontare il presente. Rileggendoli oggi, certi testi, che ora mi auguro aggiornati, fanno un po’ accaponare la pelle.

Dove ha lavorato prima?

In varie società di consulenza dalle caratteristiche un po’ più tradizionali, che interpretavano il loro ruolo ancora secondo il modello degli anni ’80 e ’90, ossia del duro lavoro inteso come successo, denaro, carriera e avanzamento professionale. Fattori che personalmente mi andavano un po’ stretti.

Poi è arrivata la svolta.

Dodici anni fa mi sono imbattuta in questo nuovo contesto professionale che ha risuonato molto di più rispetto ai miei valori, a ciò che ricercavo e che tenderò a non abbandonare. Personalmente, è stata un po’ una folgorazione, con la riscoperta di attività, obiettivi e finalità che riempiono la propria vita, la persona e danno valore all’altro.

Come è evoluto il suo percorso in Assimoco?

All’inizio seguivo come assistente il direttore generale, soprattutto nei progetti speciali, nei quali emergevano, a livello teorico e pratico, i temi dell’economia civile e l’importanza dell’economia sociale e della propensione verso l’ambiente. L’esigenza era di abbandonare le teorie economiche basate sui presupposti delle risorse infinite, su un mondo orientato esclusivamente alla generazione profittevole e sull’accettazione temi delle disuguaglianze come dati di fatto immodificabili.

Tutti aspetti che sono ancora oggi mainstream.

Sì, ma si stanno sgonfiando, perché l’evidenza delle cose è molto forte, sebbene in alcuni contesti e sui giornali si senta parlare ancora quasi solo di Pil. C’è la crescente presa d’atto di un pensiero che questo modello non possa essere adeguato al mondo di oggi con le criticità che abbiamo.

Come si declina questo approccio con i principi cooperativi applicati al settore delle assicurazioni nel quale operate?

La nostra fortuna è quella di poter ricongiungere questa nuova consapevolezza ad un contesto che permette di agire in maniera profonda. Parlare di assicurazioni significa occuparsi di protezione e di promozione del benessere delle persone, un elemento assonante con la cura della comunità della comunità e dell’ambiente. Tale assonanza di settore trova un ulteriore elemento di coerenza e di significatività quando la si connota con il mondo cooperativo, che nasce già con l’idea della mutualità, della cooperazione, del concetto del bene comune e della redistribuzione. È la risposta più attuale, seppur tradizionale che, reinterpretata e riscoperta, può dare risposte concrete ad un quotidiano fatto di fragilità, lontananza, solitudine, non presa di cura e scarsa attenzione all’altro.

Quali sono gli ambiti del welfare in cui lavorerete di più?

Anzitutto il tema del benessere, nel quale c’è una presa d’atto che, nel contesto italiano, per questioni economiche, demografiche, culturali e politiche, l’attuale modello non è più in grado di sostenere l’evoluzione attesa della popolazione nel futuro.

Per quali fasce?

Vogliamo sempre più occuparci di portare benessere a chi può essere escluso, a quelle categorie di persone ed enti che potrebbero non disporre delle  risorse per acquistare una polizza o delle coperture private. Vogliamo sostenere il mondo dell’economia sociale, anche nella sua accezione più spinta, di ricerca di un business sostenibile. È una fascia che abbraccia il Terzo settore, le cooperative, i soggetti che vi operano, alla quale tendenzialmente le più grandi compagnie si rivolgono di meno. Questo credo sia uno degli elementi più forti che possiamo portare nell’ambito della sostenibilità nel nostro modello di business.

Emerge con forza il tema della lotta alle disuguaglianze.

Possiamo considerarla la parola principe, che incarna il primo dei quattro obiettivi di sostenibilità che ci siamo posti e che abbraccia l’impegno verso il Terzo settore e le cooperative, di cui abbiamo parlato.

Quali sono gli altri?

Per sommi capi, abbiamo indicato il tema del consumo e produzione responsabile, quello ambientale ispirato all’SDGs 13 che fa riferimento al cambiamento climatico e il tema del lavoro e crescita economica, rispetto al quale abbiamo dei prodotti specifici per le micro imprese e per il tema della sicurezza sul lavoro che è uno dei drammi della nostra società.

In conclusione, le chiediamo un esempio emblematico dell’approccio di Assimoco alla responsabilità sociale.

Da qualche anno abbiamo lanciato il bando IdeeRete, con l’obiettivo di sostenere progetti trasformativi in grado di unire competenze tra cooperative, enti profit e non profit per generare un impatto positivo sulle comunità. L’anno scorso, in seguito all’alluvione in Emilia Romagna, si è svolta un’edizione speciale.

Come si è organizzata?

Prima che il tema risuonasse su scala nazionale, abbiamo consultato gli enti aggregatori dei territori colpiti per individuare e offrire supporto a chi avesse bisogno di ripristinare la propria attività. Abbiamo finanziato e aiutato a risollevarsi 11 realtà sociali, impegnate in particolare nell’assistenza a persone con problemi di salute e cognitivi. Al di là del contributo economico, per noi è stato importante far sentire che qualcuno tendeva loro una mano.

Voi avete elaborato anche un metodo per calcolare il rating di sostenibilità.

Abbiamo sviluppato un questionario con l’obiettivo di ancorare i possibili vantaggi di alcuni prodotti di protezione alle caratteristiche di sostenibilità dell’ente, grazie a un meccanismo premiale. La sua composizione deriva da una semplificazione dell’assessment di valutazione a cui ci si sottopone per certificarsi come B-Corp, cosa che anche Assimoco ha fatto, oltre ad essere Benefit. La finalità dell’iniziativa non è solo promozionale, non abbiamo lanciato questo rating solo come meccanismo positivo di promozione di un prodotto assicurativo correlato a caratteristiche Esg dell’ente, ma anche per diffondere consapevolezza su quale potrebbe essere un percorso di miglioramento rispetto a questi fattori.

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