Non profit

Alessandra Delli Poggi, fundraiser dell’anno 2018

Proclamata ufficialmente nel corso della prima giornata del Festival del Fundraising. Classe 1972, romana, è la responsabile partnership dell'Airc. Nell'ultimo anno ha raccolto 8 milioni di euro: «Guido una squadra di sei persone, tutte donne. Non sono una femminista, ma con loro trovo più affinità»

di Redazione

da Pacengo di Lazise (Verona)

And the winner is… Alessandra Delli Poggi. Romana, classe 1972 Delli Poggi dal 2010 è la responsabile Partnership e Grandi Donazioni di Airc. È lei la fundaraiser dell’anno 2018, proclamata in collaborazione con Assif in chiusura della prima giornata del Festival del Fundraising in corso a Pacengo di Lazise, a due passi da Peschiera del Garda (edizione sold out con oltre 750 professionisti arrivati da tutta Italia e non solo). Delli Poggi raccoglie il testimone da Roger Bergonzoli vincitore dell’Italian Fundraising Award 2017. A Vita.it ha rilasciato la prima intervista con in tasca il suo primo Oscar della raccolta fondi.


Romana, 46 anni da compiere ad agosto, che altro di personale dobbiamo sapere di lei?
Amo il teatro, la lettura e il buon vino. Rigorosamente rosso. Quello “ignorante” pugliese in particolare.

Titolo di studio?
Quasi laureata in giurisprudenza.

Quasi?
Sì, l’ho fatta un po’ per forza. Appena ho avuto l’occasione
di lasciarla, mi sono dedicata ad altro.

Ovvero?
Durante gli studi ho lavorato per 5 anni nell’ufficio sinistri
di un’agenzia di assicurazioni. Poi l’illuminazione: ho vistola locandina di un master in raccolta fondi e managment del non profit dell’Angelicum di Roma. Addio assicurazioni. È stata la svolta.

Allora sapeva cos’era il non profit?
Ni, avevo avuto qualche esperienza con le associazioni scolastiche al liceo. Niente di più. Diciamo che ne avevo un’idea piuttosto vaga.

Prima occupazione?
Uno stage di sei mesi presso la Fondazione Telethon. Conclusi i quali mi hanno assunto. Ho avuto la fortuna di incominciare in un momento molto fertile, quando anche Telethon incominciava ad affacciarsi al mondo delle aziende. Ci sono stata dal 1998 al 2010. Sono arriva ad essere la responsabile di tutti i canali di raccolta fondi, esclusa la maratona televisiva. A quei tempi raccoglievamo 20-22 milioni di euro.

Poi?
Sono passata ad Airc. Dove oggi coordino l’ufficio che si occupa dei rapporti con le aziende. Coordino 6 persone?

Quanti uomini?
Sono tutte donne.

Ahia…
Nessun retaggio femministoide. Quando faccio i colloqui con loro trovo più affinità.

Quanto avete raccolto lo scorso anno?
8 milioni di euro, su una raccolta fondi totale che per ASirc e Firc vale circa 130 milioni, 63 dei quali arrivano dal 5 per mille

Come avete organizzato l’ufficio?

Abbiamo due tipi di attività: quella relazionale e quella massiva. La prima riguarda quelle aziende con cui abbiamo un rapporto di lunga durata, ognuna delle quali necessita che gli venga assegnato un account stabile. Poi c’è l’attività massiva, ovvero quella legata a un evento o a una specifica campagna di cui si occupa l’ufficio nella sua interezza, ma solo per una finestra di tempo limitata.

È un lavoro stressante quello del fundraising?
Dire che è una professione che necessita costanza. Dove semini cento per raccogliere uno. In particolare se lavori in una realtà come Airc che sostiene la ricerca scientifica. Un tema centrale per il Paese, ma che dà frutti solo nel lungo periodo. Per fare un esempio: non abbiamo pozzi d’acqua da far vedere ai nostri donatori. Quello che facciamo è costruire narrazioni legate al lavoro dei ricercatori finanziati grazie alle nostre borse di studio o inerenti agli esiti della ricerca. Abbiamo però bisogno di partner che capiscano e accettino questa sfida, che però, ripeto, è decisiva per l’intero sistema-Paese.

Un’ultima domanda: si meritava davvero questo premio?
Guardi le ragioni non le conosco. Qui funziona un po’ come all’Oscar, non sei tu a candidarti, sono gli altri a sceglierti. Forse quello che li ha convinti non è stato tanto l’exploit di un anno, quando la crescita continua delle donazioni che stiamo facendo registrare da quando sono arrivata in Airc. Ma è solo una supposizione. La verità è che non ho una risposta a questa domanda

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.