La funzionalità “alert” di Google è davvero molto utile per intercettare contenuti in rete. E’ anche facile da utilizzare: basta inserire una parola chiave e il gioco è fatto. Ogni giorno ti viene recapitato in posta elettronica un elenco di notizie, dati, storie che riguardano il tema di interesse. Ma c’è un ulteriore, interessante riscontro legato all’utilizzo di questo strumento. Google alert consente infatti di monitorare la conformazione generale e i mutamenti del campo semantico ed esperienziale sotteso a una determinata parola chiave. Nuovi significati di cui sono portatori nuovi “stakeholder”. Ed è così che, di recente, gli alert in risposta a “social enterprise” stanno cambiando molto perché intercettano nuovi contenuti che si confondono con quelli “originali”. Ad esempio: “10 Ways To Transform Into A Social Enterprise” potrebbe far pensare alle indicazioni di una qualche agenzia o centro di ricerca che si occupa di organizzazioni non profit impegnate in attività produttive legate al welfare, alla cultura o similari. Invece la segnalazione viene dal mondo del business e riguarda il nuovo, grande attore che ha lanciato l’opa per il controllo dei significati afferibili all’impresa sociale e ai suoi derivati, tipo social business. Potrebbe sembrare una disputa di tipo terminologico, da dirimire con qualche aggiustamento ai criteri di ricerca. In realtà la questione è ben più complessa e delinea un nuovo percorso. Non solo soggetti non profit che evolvono in senso produttivo, ma anche imprese for profit che ricercano nuova legittimazione sociale, anche grazie a un uso massiccio di tecnologie web orientate in tal senso. La disputa si sposta sul piano dei significati, e gli alert sono lì a dircelo.
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