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Aleppo, l’ospedale segreto per partorire senza bombe
L'associazione di volontariato Time 4 Life international finanzia la struttura e il personale medico siriano grazie alle donazioni. "Una catena umanitaria che garantisce almeno quattro nascite al giorno", spiega la presidente Elisa Fangareggi. Ecco l'intervista
Hanno iniziato nella primavera del 2013 come un gruppo di amici che, da Modena, portava aiuti nel campo profughi siriano di Azaz, vicino al confine con la Turchia. Poi, poco alla volta, ottenuta la fiducia delle persone del posto, i volontari sono aumentati esponenzialmente di numero e si sono spinti sempre più dentro al conflitto, fino alla città di Aleppo, spostandosi con la massima cautela ma pur sempre sotto le bombe. Ora, dopo aver riaperto scuole e farmacie, sempre utilizzando personale locale, sono riusciti a compiere l’impresa più ardita: aprire un piccolo ‘ospedale’ sotterraneo di ostetricia in cui far nascere i bambini al sicuro dalle bombe della guerra civile siriana. Tutto questo è l’associazione Time 4 life international, onlus che oggi conta su centinaia di soci attivi, 13mila iscritti alla più che operativa pagina facebook (dove si condividono appelli, ricerca del materiale, organizzazione dei viaggi, ultime notizie sulla situazione) ma soprattutto decine di nuovi donatori ogni mese, “che aumentano l’efficacia di quello che fino a poco tempo fa era un sogno e oggi è una realtà concreta di solidarietà, seppure sia una goccia di sollievo nell’orrore di una guerra che sembra non avere una soluzione”, riporta Elisa Fangareggi, 32 anni, madre di tre figlie e fondatrice-presidente di Time 4 life.
Come è stato possibile aprire in mezzo all’inferno di Aleppo l’ospedale sotterraneo per le nascite?
Nel corso dei mesi in cui i nostri volontari sono andati avanti e indietro dalla Siria, prima portando vestiti e medicinali nei campi profughi, poi aprendo un ambulatorio pediatrico, infine spingendoci fino ad Aleppo per riattivare alcune scuole, abbiamo conosciuto diverse persone e organizzazioni locali civile con le quali abbiamo oggi un rapporto forte e diretto. In particolare, per le sei scuole, che coinvolgono 600 bambini, contiamo su maestri laureati e sull’appoggio dell’associazione Syrian relief. Mentre dal lato sanitario oggi possiamo contare su alcuni medici siriani specializzati grazie al supporto del Syrian team for progress and democracy e a vari comitati cittadini, e sono loro che gestiscono le nascite del nuovo centro, che conta su cinque stanze (una sala parto, una sala operatoria, due per la degenza e un nido) ed è aperto nei sotterranei di una villa.
Perché il luogo deve rimanere segreto?
Il rischio di furti, rapimenti o altre azioni intimidatorie è alto, perché in mezzo alla guerra le leggi della convivenza pacifica sono le prime a saltare. Quando le donne chiamano il numero di riferimento, vengono portate direttamente al luogo del parto tramite mezzi medici, tra cui un ambulanza arrivata come donazione dall’Italia. In media si fermano tre giorni, dove possono rimanere nella piena tranquillità, senza timore di bombe o sparatorie e senza il sovraffollamento che spesso hanno nelle loro case d’origine. Nei giorni scorsi sono giunti, sempre grazie a donazioni, anche tre incubatrici e un defibrillatore.
Quanto costa gestire la struttura?
In media il costo per ogni parto è 30 euro, che è anche la quota che più frequentemente viene donata a Time 4 life. Per questo abbiamo pensato di collegare, tramite l’invio di foto, mamma e nascituro siriano alla famiglia italiana, una sorta di adozione a distanza fin dalla nascita.
La vostra presenza, come del resto lo è maggior parte di Aleppo, è in una zona oggi controllata dalle forze ribelli, in particolare dal Syrian free army, Esercito siriano libero, e quindi è sotto bombardamenti del governo di Bashar Al Assad. Vi siete mai recati dai civili che vivono nei quartieri sotto il controllo del regime?
No, a oggi è troppo rischioso, sarebbe quasi sicuramente un viaggio senza ritorno. Di certo non abbiamo preclusioni, perché il nostro aiuto lo vogliamo rivolgere a tutti i civili, senza distinzione. Ma per fare anche un piccolo movimento, nelle zone più a rischio, ci vuole estrema cautela, per avere quanto meno la certezza di non essere rapiti, quindi cerchiamo di far e un passo alla volta.
Quanti fondi riceve Time 4 life ogni mese?
Negli ultimi tempi siamo sui 3mila euro. Sempre più in crescita, perché si formano di continuo gruppi di T4l in singole città italiane, da poco è nata anche Time 4 life Austria. Quando ripenso a quello che abbiamo fatot in pochi mesi mi sembra tutto un miracolo, anche se dall’altra parte vorrei poter fare sempre di più.
Vi recate spesso in Siria?
Io vado ad Aleppo almeno ogni due settimane, a tra un gruppo di volontari e l’altro può passare anche meno tempo. Nessuno di noi riceve in alcun modo un rimborso, nemmeno per il viaggio: quello che ci dedica è tempo e risorse personali.
Oltre alle associazioni locali, state collaborando con altre organizzazioni non governative?
Sì, nel campo profughi in cui siamo presenti Msf, Medici senza frontiere, ci ha chiesto da poco di gestire la parte pediatrica. Inoltre con l’ong statunitense Medical corps garantiamo un sevizio di primo soccorso pediatrico ad almeno 12mila persone. Infine, tramite il Syrian team abbiamo di recente preso i contatti con Save the children, in vista di collaborazioni future. È fondamentale non abbassare la guardia sull’orrore delal guerra in atto oggi in Siria: quello che più mi sento ripetere dalle persone siriane che incontro è il loro sentirsi abbandonate dall’Occidente, quindi la presenza umanitaria è quanto mai importante perché dà loro segni di speranza.
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