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Alberto Zanin (Emergency) «I talebani ci hanno assicurato che non ostacoleranno il nostro lavoro»

«I leader talebani ci hanno garantito la massima collaborazione per andare avanti con il nostro lavoro», racconta Alberto Zanin, medical coordinator ospedale Emergency a Kabul. «In giro per la città ci sono soldati armati e le strade sembrano vuote rispetto al solito. Nel Panshir abbiamo iniziato a predisporre degli spazi del centro che potranno essere utili in caso di attacchi»

di Anna Spena

In più di 40 anni, in Afghanistan la guerra ha causato un milione e mezzo di morti, centinaia di migliaia di feriti e mutilati, oltre quattro milioni di profughi. La guerra iniziata nell’ottobre 2001 continua a ferire, uccidere e distruggere. Negli ultimi mesi, l’annuncio del ritiro delle truppe internazionali dal suolo afgano, in seguito agli accordi di Doha, ha causato un’escalation dei combattimenti. I talebani hanno velocemente ripreso il controllo di molte aree del Paese, fino ad arrivare, lo scorso 15 agosto, alla capitale Kabul. Gli ospedali di Emergency continuano la loro attività, l’ong lavora nel Paese dal 1999 con due Centri chirurgici per vittime di guerra nelle località di Kabul e Lashkar-gah, un Centro chirurgico e pediatrico, un Centro di maternità ad Anabah, nella Valle del Panshir, e una rete di 44 Posti di primo soccorso. Nei primi quattro mesi del 2021, i suoi ospedali hanno già ricoverato 1853 pazienti vittime di guerra. Si tratta di un aumento del 202% rispetto al 2011, quando la guerra era in corso da 10 anni. Il racconto di Alberto Zanin medical coordinator ospedale Emergency a Kabul.

«La situazione a Kabul delle ultime 48 ore è stabile in termini di conflitto», racconta Zanin. «Riceviamo pazienti che arrivano dall’aeroporto, ma il resto della città sembra essere sicura. Nelle ultime 48 ore abbiamo ricevuto 15 pazienti, una media bassa, con ferite di armi da fuoco che coinvolgono prevalentemente gli arti inferiori».

«Ieri», continua Zanin, «abbiamo avuto modo di incontrare l’health director dei talebani, il dott.re Omar, o almeno così si è presentato, che ci ha garantito la massima collaborazione da parte del dal nuovo emirato islamico per andare avanti con il nostro lavoro. Non parlerei di appoggio da parte del “nuovo governo” ma piuttosto di disponibilità a cooperare. Quello di Emergency è un nome che nel Paese viene riconosciuto. In giro per la città ci sono soldati armati e le strade sembrano vuote rispetto al solito. Non siamo preoccupati e non abbiamo apprensione rispetto alla possibilità di portare avanti i nostri progetti con serenità. Anche al centro chirurgico di Lashkar-Gah la situazione sembra essere tranquilla con cinque ammissioni al giorno.

A Kabul tutto lo staff, maschile e femminile, viene regolarmente a lavorare. Rimane però vivo il loro desiderio di ottenere i visti per se stessi e le loro famiglie. Nel Panshir non abbiamo registrato un aumento significativo di pazienti. Però lì abbiamo iniziato a predisporre degli spazi del centro che potranno essere utili in caso di attacchi. Non siamo preoccupati per le scorte di medicinali: di solito lavoriamo con uno stock di tre mesi, già nei mesi precedenti lo abbiamo aumentato a 5 mesi».

«Ad oggi», conclude Zanin, «le scuole e le università sono chiuse, ma è stato comunicato in via ufficiale dai leader talebani che garantiranno la continuità degli studi per le donne e le ragazze».

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