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Albania, il grande successo della marcia contro le vendette di sangue

In 10 giorni cittadini e volontari del corpo civile di pace Operazione Colomba, che ha organizzato l'evento anche con l'adesione di enti e parlamentari locali, hanno camminato per 130 chilometri lungo le colline albanesi fino a Tirana. L'obiettivo? "Convincere le famiglie a passare a un nuovo modello di riconciliazione, basato sul perdono"

di Daniele Biella

Un centinaio di giovani italiani e albanesi in cammino per la Pace, il perdono, la riconciliazione e contro le gjakmarries, le vendette di sangue, incontrando migliaia di cittadini del Paese delle aquile: si è conclusa da poco la marcia organizzata dall’Operazione Colomba, il corpo nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII. I volontari di Colomba condividono la vita delle famiglie sottovendetta: scortano chi ha paura e danno conforto a chi ha subito un lutto, cercano di camminare con queste famiglie per dare segni di speranza e per cambiare la vendetta in percorsi di riconciliazione.

"Con questa marcia abbiamo voluto dare visibilità alla proposta forte che facciamo: passare dalla gjakmarrje, che letteralmente significa presa del sangue, alla gjakfalje ovvero il perdono del sangue", spiega Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII. "Ieri siamo stati accolti a Tirana, città che il Papa visiterà il 21 settembre, dal Vescovo ausiliare cattolico Monsignor George Fremdo. In seguito ci siamo recati alla moschea e abbiamo incontrato l’Imam Ylli Gurra, in un clima di pace, sentito da tutti. Riteniamo che questo nostro incontro sia un segno davvero importante, in particolar modo nel contesto che il mondo oggi vive, della guerra e dei fondamentalismi. Bisogna valorizzare l’Islam moderato, che poi rappresenta la maggioranza dell’Islam, che sa davvero dialogare.  Ieri, insieme, Islam e Cattolicesimo, abbiamo condiviso un vero cammino di pace".

Da nord verso sud, la marcia della pace ha percorso in 10 giorni 130 chilometri fra le colline. “Passo dopo passo seminiamo speranza ovunque camminiamo. Ci accorgiamo che queste persone ci stavano aspettando; nei loro sguardi si può scorgere la loro storia personale, ma ancor di più la storia che hanno vissuto come popolo", racconta la giovane volontaria, Giulia Zurlini, "Decenni di dittatura comunista, quaranta lunghissimi anni di isolazionismo, la pratica dell'ateismo forzato, il ferreo controllo del pensiero, hanno contribuito allo sviluppo di una mentalità basata sul sospetto. Noi siamo impegnati nel diffondere il meglio di ciò che la cultura albanese ci ha insegnato; rimaniamo sorpresi dalla bellezza dei posti in cui passiamo, dall'accoglienza delle persone, dalle domande dei curiosi.”Oltre 1253 fra comuni cittadini, opinionisti, politici, enti ed istituzioni hanno dato la propria adesione all’iniziativa. Un’iniziativa che ha alla base l’utilizzo della nonviolenza come strumento di risoluzione dei conflitti, in Albania e nel mondo.

Ilir Meta, presidente del Parlamento Albanese, e Bledi Çuçi, Ministro Albanese per le questioni locali, hanno aderito all'appello della marcia che chiede l'applicazione di una legge già esistente per combattere assieme, società civile e Stato, questa lotta di giustizia contro la violenza. Un dato importante, proprio mentre l’Unione Europea approva ufficialmente a candidatura dell’Albania a diventare Stato membro.

Legato al tema vendette di sangue e presenza dei corpi civili di pace, luned' 8 luglio 2014 alle ore 10 nell'Aula Magna "Galilei" dell'Università di Padova alcuni Caschi bianchi (volontari in servizio civile nazionale all’estero) dell’Operazione Colomba saranno ospiti del Centro Diritti Umani del Professor Antonio Papisca, all’interno di un convegno per presentare il libro “Caschi Bianchi oltre le vendette. Sperimentare il Servizio Civile e la difesa non armata e nonviolenta per conoscere e trasformare i conflitti”, in cui centrale sarà il dibattito sulla formazione e la sperimentazione dei corpi civili di pace.
 

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