Famiglia
Albania, esperti di neurologia infantile a confronto
Per la prima volta il paese balcanico ospita un congresso medico di portata internazionale. Il meeting voluto dalla Fondazione Mariani e dall'Associazione internazionale di neurologia infantile
Durazzo (Albania) – Alla fine il massimo esperto libanese di neurologia infantile non è arrivato, per il dispiacere del pari israeliano. C?erano, però, i medici di tutto il resto del Mediterraneo, ad animare il XII meeting internazionale di neurologia dell?infanzia. L?incontro si è svolto nel weekend a Durazzo, la seconda città dell?Albania per numero di abitanti (300mila, contro i 700mila della capitale Tirana), e ha rappresentato un grande evento già in partenza: era la prima volta che il paese balcanico, uscito 17 anni fa dalla dittatura, ospitava un evento internazionale di tale portata.
Il meeting è stato organizzato dalla Fondazione Pierfranco e Luisa Mariani, onlus milanese che da più di 20 anni si dedica alla formazione, ricerca e assistenza in campo di neurologia infantile. La Fondazione ha lavorato a stretto contatto con la Icna (Associazione internazionale di neurologia infantile) e la Isnv (Scuola internazionale di scienze neurologiche di Venezia).
Nei tre giorni di lavoro, assistiti da un centinaio di persone, hanno preso parola i maggiori esperti di neuropediatria di Italia, Spagna, Francia, Tunisia, Albania, Grecia, Turchia, Egitto, Slovenia e Croazia. Molti di loro hanno presentato le ultime ricerche nel proprio campo medico, mentre particolare attenzione è stata data ai neurologi locali, promotori di studi epidemiologici su malattie come epilessia, cefalea, Parkinson, dislessia, demenza. Gli studi assumono una forte valenza scientifica proprio in virtù del nuovo periodo storico albanese, che vede un paese in forte crescita e notevole apertura al resto del mondo.
Proprio una giovane ricercatrice albanese del centro neurologico universitario di Tirana, la 35enne Aida Bushati, ha avuto la menzione d?onore del convegno per l?alta qualità del suo lavoro. Il tema affrontato era il disagio infantile provocato dalla malattia di Gaucher, una infermità metabolica che provoca nel bambino malformazioni multiple fin dai primi anni d?età.
L?incontro è stato un successo su tutti i livelli. «Portare il meeting in Albania ha rappresentato un grande passo», afferma David Zerbi, esperto neurologo italiano responsabile del comitato scientifico della Fondazione Mariani. «Grazie all?attenzione che sta ricevendo questo paese, stanno cambiando le cose – continua Zerbi – Prima i bambini albanesi, quelli che potevano, andavano all?estero per curarsi, ora rimangono a Tirana, dove il centro ospedaliero universitario migliora in qualità giorno dopo giorno».
Anche Paolo Curatolo, presidente della Icna e dottore del dipartimento di neuroscienze a Tor Vergata (Roma), giudica positivamente l?edizione albanese del meeting: «Dopo gli aiuti umanitari degli anni scorsi in Kosovo e in Albania, da qualche anno si è puntato alla formazione, e i risultati si vedono».
La formazione è uno dei punti focali dell?attività della Fondazione Mariani in Albania. Dal 1999, la Fondazione è presente a Saranda, nel sud del paese, con un centro medico di neurologia infantile gestito assieme alle suore marcelline di Milano, ordine presente da 10 anni in Albania.
Al centro di Saranda, oltre a esperti italiani, si alternano i neurologi albanesi che, per cinque volte all?anno, seguono corsi di formazione organizzati dalla Fondazione. «Il nostro impegno segue le volontà di chi ha fatto nascere la Fondazione. Dopo anni di lavoro in Italia, da qualche anno ci siamo aperti alla cooperazione», dice Luisa Bonora, vicepresidente della Fondazione Mariani e nipote dei fondatori.
Albania in primis, ma non solo, anche Nicaragua e Colombia, sempre per progetti legati allo sviluppo della neurologia infantile. Oltre all?investimento in termini di risorse umane, notevole è l?apporto economico che l’ente milanese mette in gioco per lo sviluppo delle attività. «Per il 2006, la cifra stanziata per l?Albania è stata di 80mila euro, ma speriamo di poter fare ancora meglio», dice la vicepresidente della Fondazione.
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