Immigrazione

Albania, centri per migranti: «Li ho visti, sono inquietanti»

Francesco Ferri, esperto di migrazione di ActionAid, organizzazione che aderisce al Tavolo Asilo e Immigrazione, è rientrato da una missione in Albania: «Shëngjin è un hotspot nel porto, Gjadër è isolato, nascosto nell’entroterra. È un cantiere a cielo aperto circondato da alte recinzioni». Intanto il Tribunale di Roma ha sospeso il giudizio sulla convalida dei trattenimenti dei sette richiedenti asilo presenti nel centro di detenzione di Gjader. Sono già stati riportati in Italia

di Anna Spena

Una delegazione del Tavolo Asilo e Immigrazione, insieme a un gruppo di parlamentari e due mediatori culturali, nella mattina di venerdì 8 novembre, si è data appuntamento a Tirana, in Albania. «In meno di un’ora di auto dall’aeroporto di Tirana abbiamo raggiunto Shëngjin», racconta Francesco Ferri, esperto di migrazione dell’organizzazione umanitaria ActionAid, che fa parte del Tavolo, la principale rete della società civile impegnata nella promozione e difesa dei diritti delle persone migranti.

L’hotspot di Shëngjin

Con questo accordo sono stati realizzati su territorio albanese, ma con fondi italiani, due strutture per la gestione di migranti illegali dove completare le procedure accelerate di richiesta d’asilo. L’accordo si rinnova – tacitamente – ogni cinque anni. Salvo che una delle due Parti comunichi, con preavviso di almeno sei mesi rispetto alla scadenza, la propria intenzione di non rinnovare. Shëngjin, nel Nord del Paese, è il porto deputato allo sbarco dei migranti.  «L’hotspot si trova all’interno del porto ed è gestito, così come da accordo, dalle autorità italiane. Ma per accedervi bisogna superare un ingresso gestito dall’autorità portuale albanese. Abbiamo avuto qualche difficoltà, poi i parlamentari sono riusciti ad entrare insieme ad un’avvocata e ai mediatori. Quel giorno nel centro erano arrivati 8 migranti, bangladesi ed egiziani, trasportati dalla nave della Marina militare italiana Libra».  

Gjadër, un centro di trattenimento inquietante

Poi i migranti sono stati trasferiti a Gjadër dove hanno terminato i colloqui con la commissione territoriale, l’organo amministrativo responsabile della domanda di asilo. Le due strutture Shëngjin e Gjadër – distano pochi chilometri l’una dall’altra. «Le separano», continua Ferri, «solo 25 minuti di macchina. Se Shëngjin è sul mare, il centro di trattenimenti di Gjadër è isolato e nascosto nell’entroterra albanese. Ho una sola parola per descriverlo: inquietante». La delegazione del Tavolo Immigrazione e asilo non ha avuto difficoltà ad entrare nella struttura. «Il centro è completamente isolato da una recinzione molto alta e all’interno è organizzato in tre sezioni. La prima deputata non all’accoglienza ma al trattenimento dei richiedenti asilo. La seconda sezione, un cpr vero e proprio, dove dovrebbero essere trasferite le persone giudicate rimpatriabili, e la terza sezione, un carcere – gestito dalla polizia penitenziaria italiana – per i migranti che commettono reati. La seconda e la terza sezione di Gjadër sono inutilizzate ma, e non si capisce per quale motivo, in fase di ampliamento. Il centro è ancora un cantiere a cielo aperto, quando si alza il vento la polvere invade tutta la struttura. Abbiamo incontrato i funzionari di polizia e della prefettura. È una situazione anche bizzarra, c’è tantissima polizia per un centro di fatto vuoto.  A Gjadër c’erano le otto persone arrivate il giorno prima, una persona è stata trasferita in Italia perché ritenuta vulnerabile».

Il centro vuoto

Il Tribunale di Roma ha sospeso il giudizio sulla convalida dei trattenimenti dei sette richiedenti asilo presenti nel centro di detenzione di Gjader durante la missione della delegazione del Tavolo Immigrazione e asilo. I giudici hanno ritenuto necessario disporre un rinvio alla Corte di giustizia europea per chiedere se la designazione di uno Stato terzo come Paese di origine sicuro con esclusione di alcune categorie di persone sia compatibile con il Diritto dell’Unione europea.  «L’applicazione di una procedura accelerata — scrivono le toghe — appare incompatibile con l’esistenza di situazioni di persecuzione, discriminazione e maltrattamento come quelle relative a categorie di persone: tali situazioni, infatti, emergono normalmente soltanto all’esito di un’approfondita istruttoria sulla situazione di ogni singolo richiedente protezione».  Una nave della Guardia costiera ha riportato i sette migranti in un centro per richiedenti asilo in Puglia, a Brindisi. I sette migranti erano gli unici tra quelli sbarcati a Lampedusa che rientravano nel protocollo con l’Albania: maggiorenni, maschi, senza famiglia, e provenienti da quelli che il Governo Meloni definisce Paesi sicuri (Qui un approfondimento Che significa “Paese sicuro”?). «Come previsto, i sette ostaggi del Governo Meloni in Albania sono stati liberati dal tribunale di Roma. Questo episodio dimostra che un Paese non può essere dichiarato sicuro solo per decisione di un governo», commenta Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione di Arci nazionale, altra realtà della società civile italiana che fa parte del Tavolo. «La libertà e i diritti delle persone – aggiunge Miraglia – sono tutelati dalle convenzioni internazionali, dalle direttive europee e dalla nostra Costituzione, non dalla discrezionalità politica. Negare questi principi significa minare le fondamenta della democrazia. Tutti sapevano che trasformare in legge la lista dei Paesi sicuri non avrebbe cambiato la sostanza della questione. I magistrati devono applicare le norme, non rispondere agli interessi di un governo, principio cardine della nostra Costituzione».

L’obiettivo del Tavolo Asilo e Immigrazione

«Siamo partiti», spiega Ferri, «per monitorare la situazione e denunciare ancora che non possibile confinare le persone in Albania». Quello che la missione congiunta del Tavolo Asilo e Immigrazione e il Gruppo di contatto di parlamentari ha avuto modo di osservare è una gestione scellerata delle migrazioni, dove i diritti di chi cerca di arrivare in Italia e in Europa sono seriamente a rischio. Brutalizzati da procedure dove le garanzie stabilite dal nostro ordinamento e dalla nostra Costituzione non possono essere applicate. E con una forzatura del diritto dell’Unione europea incompatibile con gli obblighi del nostro Paese. Già lo scorso ottobre i giudici non avevano convalidato il trattenimento di 12 persone  sulla base di una recente sentenza europea che restringe la possibilità di definire un Paese sicuro, qui un approfondimento “Migranti in Albania, una risata seppellisce le scelte del governo Meloni-Salvini”. 

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