Cultura

Al via una Coalizione Internazionale contro le cluster bombs

Il coordinamento ha preso vita la scorsa settimana all'Aja, supportato da 85 organizzazioni umanitarie. Presente anche la Campagna italiana contro le mine

di Benedetta Verrini

Una coalizione di 85 organizzazioni internazionali per dire basta al dilagare delle cluster bombs: è la Cluster Munition Coalition International, che ha debuttato nell’ambito di una conferenza internazionale all’Aja il 12 e 13 novembre (www.cmc-international.org). Nel comitato promotore figurano alcune tra le più importanti organizzazioni del settore umanitario, come Human Rights Watch, Pax Christi Olanda, Landmine Action, Handicap International. “La coalizione è nata dalla consapevolezza che, dopo una guerra, sul terreno restano residuati bellici esplosivi pericolosi quanto mine e bombe” spiega Simona Beltrami, coordinatrice della Campagna italiana contro le Mine, presente alla conferenza olandese. “Tra essi, le cluster bombs costituiscono il problema più grosso: hanno un grande potenziale esplosivo, superiore a quello delle mine, perché sono fatte per esplodere durante la caduta sul terreno e perforare la blindatura dei carri armati o appiccare vasti incendi”. Chiaro che se restano inesplose sul terreno, alla portata di civili inermi, possono provocare vere e proprie stragi, anche in un raggio di 150-200 metri. Inoltre, l’esperienza in Iraq ha confermato quello che molte ong dicono da tempo: una percentuale molto significativa di cluster rimane inesplosa. I motivi sono i più diversi: la sofficità del terreno, il vento, difetti di fabbricazione (gli Usa in questi contesti “svuotano” arsenali costituiti da materiale vecchio). Nei territori bombardati restano così ordigni ad alto potenziale ed estremamente instabili, potenzialmente in grado di esplodere in qualsiasi momento. “La coalizione ha steso un documento programmatico che si fonda su tre linee guida” spiega la Beltrami, “La prima è la cessazione dell’uso di cluster fino a quando non se ne risolva l’impatto umanitario. Questa espressione compromissoria punta a giungere almeno alla moratoria. A questo proposito, la Cri ha proposto di proibire l’uso di cluster almeno sopra aree popolate”. Il secondo punto mira a ottenere dal governo un amento delle risorse per la bonifica (che, viste le caratteristiche delle cluster, diventa ancora più rischiosa rispetto a quella delle mine) e per le azioni di assistenza alla popolazione; il terzo punto cerca di fissare il principio della responsabilità: chi utilizza cluster deve in seguito adoperarsi per la bonifica, offrire finanziamenti e assistenza tecnica. Un obiettivo molto difficile da raggiungere, ovviamente. “La discussione in atto sulla definizione del Protocollo sui Residuati Bellici Esplosivi” prosegue la coordinatrice della Campagna Mine, “Sta puntando a una soluzione differente, quella della responsabilità condivisa: in altre parole, chi “semina” bombe deve effettuare la bonifica insieme a chi controlla il territorio”. La ICBL, il coordinamento internazionale che ha dato vita alla Convenzione di Ottawa sulle mine ha salutato con soddisfazione la nascita della nuova coalizione. Attualmente sta lavorando intensamente per portare alla ratifica del Trattato gli Stati che ancora non lo hanno fatto (Usa, Russia e Cina in primis) e per sostenere le attività di supporto ai Paesi inquinati dalle mine che difficilmente potranno attuare lo sminamento definitivo entro le scadenze di legge. Sul fronte italiano, la Campagna sta proseguendo l’azione di pressione per aumentare la dotazione del Fondo per lo sminamento umanitario: la legge Finanziaria attualmente in discussione alla Camera ha previsto infatti un finanziamento molto al di sotto delle previsioni. Per supportare l’azione, è possibile spedire una email di pressione al Parlamento, predisposta sul sito della Campagna Italiana www.campagnamine.org.


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