Non profit
Al via la settimana delle fondazioni
A Bruxelles dal 31 maggio al 4 giugno. Intervista a Gerry Salole
La discrezione è da sempre un loro marchio di fabbrica. Ma forse oggi è giunto il tempo di uscire dal guscio. Incontrare il pubblico per spiegare chi si è, cosa si fa e soprattutto che Europa si vuole. Un’Europa mai così in crisi, a partire della sua rappresentanza, e che necessita una leadership capace di fare della lotta alla povertà e all’esclusione sociale una priorità assoluta della sua agenda politica.
Di fronte a tempi così difficili, le fondazioni europee decidono di giocare a carte scoperte. Lo faranno a Bruxelles dal 31 maggio al 4 giugno attraverso la Foundation Week, un evento che vede per la prima volta il mondo delle fondazioni europee confrontarsi a viso aperto con il pubblico e gli stakeholders (ong, think tank, media, organismi multilaterali, istituzioni Ue, etc.).
Il tutto sotto la regia dell’European Foundation Centre, un’associazione indipendente fondata nel 1989 con lo scopo di favorire gli scambi tra le fondazioni europee e curarne gli interessi presso le istituzioni Ue. Assieme a Gerry Salole, chief executive dell’Efc (di cui fanno parte oltre 230 fondazioni europee), Vita passa al setaccio le loro ambizioni in un’Europa da re-inventare. A partire dal suo modello di welfare, mai così minacciato.
Vita: La Foundation Week segna una svolta. A cosa dobbiamo questo coming out?
Gerry Salole: Negli ultimi cinque anni, le fondazioni hanno preso coscienza del peso e del ruolo che hanno assunto nel Vecchio continente e oltre le frontiere europee. Oggi questa fiducia nei propri mezzi, oltre a coincidere con la costruzione di una nuova Europa, si traduce nella necessità di essere più trasparenti, aperti all’opinione pubblica e agli stakeholder. Tra questi, i media hanno un ruolo molto importante per far capire, anche in maniera critica, il ruolo del settore non profit, incluso quello delle fondazioni nella vita quotidiana dei cittadini europei e nei suoi rapporti con le istituzioni Ue. La Foundation Week risponde a questa duplice sfida: con la fiera, le fondazioni potranno presentare ai non addetti ai lavori le iniziative che portano avanti su fronti che vanno dalla ricerca scientifica alla disabilità, passando per gli anziani, l’immigrazione, l’ambiente o la cultura. La conferenza annuale dell’assemblea generale focalizzerà invece l’attenzione sui rapporti tra fondazioni e istituzioni Ue con le quali rimane aperta la questione dello Statuto europeo, uno strumento giuridico vitale che faciliterebbe molto le donazioni transfrontaliere e le attività di una fondazione su scala europea. Oggi se una fondazione vuole promuovere iniziative in un Paese Ue diverso dal suo, ed è il caso della maggior parte delle fondazioni affiliate all’Efc, deve aprire una nuova sede, il che aumenta i costi. Speriamo che dalla Foundation Week spuntino fuori proposte positive.
Vita: Quali le evoluzioni recenti più significative delle fondazioni Ue?
Salole: Fino a pochi anni fa le fondazioni europee continuavano a identificarsi in quelle americane, quando invece dovevano concentrarsi su ciò che realmente le caratterizza. La nostra realtà è molto più variegata rispetto a quella statunitense, con una gestione diversa degli asset, molto più diversificati in Europa, il che, assieme a un legame meno forte con i mercati finanziari, ha consentito alle fondazioni europee di resistere meglio alla crisi.
Vita: Intanto in Italia il crollo dei dividendi bancari, non compensato dai ritorni degli altri investimenti finanziari, ha prodotto una generale riduzione della liquidità disponibile con un calo di quasi il 30% delle erogazioni sui territori?
Salole: E io le rispondo che negli Stati Uniti i cali sfiorano una media del 40-45%! E non è casuale. Negli Usa dietro una fondazione c’è soltanto un imprenditore ricchissimo, se va male lui, non c’è modo di rimediare. Diversamente le fondazioni europee possono essere sostenute da finanziatori della middle-class che decidono di mettersi insieme e condividere risorse e idee al servizio della comunità. Altra differenza sostanziale, negli Usa consorzi come Nef o Fondazioni4Africa non esistono. È la dimostrazione che le fondazioni europee hanno imparato a scambiare know-how.
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