Formazione
Al via il sistema di valutazione nazionale delle scuole
Il CdM ha approvato il regolamento per il sistema nazionale di valutazione, che metterà sotto esame le scuole e i loro risultati. L'obiettivo non è una classifica, ma il miglioramento di tutte le scuole. Le novità spiegate dal sottosegretario Ugolini
Per le scuole italiane si apre una nuova era. È quella della valutazione. Venerdì 8 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato il Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione (in allegato), che prevede – tra le altre cose – un percorso di autovalutazione delle scuole stesse, nell’ottica di individuare con chiarezza i percorsi per migliorarsi. Tra gennaio e marzo 2013 tutti i dirigenti delle scuole italiane e i docenti referenti per la valutazione (circa 26.000 persone), hanno partecipato a seminari di presentazione del regolamento ed entro la metà di marzo tutte le scuole avranno a disposizione il fascicolo “scuola in chiaro”e il format per costruire il proprio rapporto di autovalutazione. Questo della valutazione era uno degli obiettivi del sottosegretario all’istruzione Elena Ugolini. Che per spiegare l’importanza di questo passaggio storico per le scuole italiane, cita (anche) Marilyn Monroe.
Portare a compimento la costruzione del sistema nazionale di valutazione era uno dei suoi obiettivi, perché – ci aveva detto – «senza di esso l’autonomia delle scuole diventa autoreferenzialità». Davvero è così importante? Perché?
Il sistema nazionale di valutazione non è un obiettivo, è uno strumento che può servire a fornire ad ogni singola scuola un punto di paragone esterno per poter riflettere sul proprio lavoro, per migliorare e per esprimere al meglio il proprio potenziale. Se non si allarga il proprio orizzonte, se non ci si confronta, alla fine si ripete se stessi. Questo è vero nella vita, ma anche per la scuola. Marilyn Monroe diceva «penso sempre di poter migliorare, lascio agli altri la convinzione di essere i migliori». I due nemici della possibilità di migliorare sono gli stessi della valutazione: la presunzione e la parzialità, il non voler vedere. Anche i due amici del miglioramento sono gli stessi della valutazione: il desiderio di capire e di mettersi in discussione e non smettere mai di utilizzare la categoria della possibilità nel pensare la propria situazione. Ma senza avere un quadro comune di riferimento e dei dati precisi su ogni singola scuola è impossibile non vedere frammentato il Paese e rischiamo di nascondere sotto il manto dell’indistinto ciò che invece comporta una grande mancanza di equità. Nel nostro Paese esiste una grande varianza di risultati in termini di apprendimenti tra nord e sud, ma anche tra scuole dello stesso territorio e classi della stessa scuola. Non possiamo permetterci questo. Non è solo una questione di risorse, perché a parità di condizioni alcune scuole lavorano meglio di altre.
Cosa cambierà per le scuole? Quali vantaggi ci saranno per gli alunni?
Questa è una domanda meravigliosa. Lei è la prima a farmela. I grandi assenti in questo dibattito sono proprio gli studenti. Se una scuola si confronta con tutte le altre scuole italiane e con il resto del mondo chiedendosi dove può migliorare, i primi ad essere avvantaggiati sono gli studenti.
Però dentro le scuole i presidi e gli insegnanti sono terrorizzati…
Non si tratta di fare delle classifiche. Ogni scuola deve entrare in gara con se stessa. Il punto è che cosa si intende per controllo e valutazione. Ancora una volta, è una questione culturale, di approccio alla valutazione. Mio fratello è chirurgo. Anni fa per la prima volta mi ha parlato dell’ospedale di Cincinnati e di Atul Gawande che è diventato un “caso” nella letteratura per lo sviluppo della qualità. In questo ospedale si riuscì a diminuire la mortalità in fibrosi cistica utilizzando dati ed evidenze in modo trasparente e pubblico. Questo permise a tutta l’équipe di confrontarsi e coalizzarsi al proprio interno, dandosi obiettivi condivisi con riscontri continui, che portarono l’ospedale a diventare, in poco tempo, fra i migliori del paese. Ovvero: rendere conto di quel che si fa, aiuta a farlo meglio. Questa dinamica in una scuola può incidere fortemente sui processi attivati e le scelte realizzate per migliorare l'efficacia del lavoro che si fa con i ragazzi, per dare loro più opportunità di crescita umana, culturale e professionale.
Quali saranno i criteri per valutare l’efficacia e l’efficienza delle scuole? Come sa c’è la preoccupazione che si faccia riferimento solo ai risultati dei testi Invalsi…
Giusta la preoccupazione, ma il regolamento consente di uscire da questo equivoco. I risultati Invalsi sono importanti per dare un benchmark di riferimento su alcuni aspetti fondamentali ma non possono fornire una fotografia completa di quello che si fa in una scuola. Non potrò mai verificare con delle prove di apprendimento in italiano e in matematica la capacità di esporre oralmente una propria tesi, o il tasso di inserimento nel mondo del lavoro al termine di un diploma professionale, o i risultati nei successivi livelli di scuola. Nell'art. 6 del regolamento, dove si descrive il procedimento di valutazione, si esplicita la necessità di integrare dati da fonti diverse: sistema informativo del Ministero, Invalsi, questionario scuola; il tutto in base ad un quadro di riferimento comune. Nella sperimentazione VALES che sta coinvolgendo 300 istituti scolastici si stanno perfezionando tutti gli strumenti che saranno messi a disposizione delle scuole e che verranno utilizzati dai nuclei di attuazione esterna, i quali in base a delle priorità supporteranno le scuole in questo processo che ha lo scopo di migliorare gli esiti formativi ed educativi degli studenti, non di penalizzarli.
Il SNV è la cornice che prelude l’allargamento della scelta di dare un finanziamento diverso delle scuole in base al merito, come previsto dalla legge di stabilità?
Non è così. Quella notizia uscì su un grande quotidiano a gennaio, ma il giorno stesso il Ministero aveva precisato che leggendo il comma nella sua interezza si sarebbe compreso come i risultati di cui si parla sono quelli relativi alla capacità delle scuole di adeguarsi alle disposizioni riguardanti la modalità attraverso cui gli acquisti di materiali e servizi (dalla cancelleria all'assistenza tecnica per fotocopiatrici o altro) avvengono, ossia attraverso il Mepa, il mercato elettronico della Pubblica Amministrazione. Questa modalità di acquisto era già stata introdotta con la spending review per la Pubblica Amministrazione e dunque anche per la scuola, allo scopo di avere una più ampia possibilità di scelta e risparmi negli acquisti.
Il regolamento all’articolo 6 (quello che descrive il procedimento di valutazione) prevede che le scuole facciano anche la rendicontazione sociale? Lei crede che il bilancio sociale possa essere uno strumento da prediligere per fare una valutazione così complessa?
Ogni singola istituzione scolastica e formativa sarà chiamata ad una rendicontazione pubblica dei propri risultati, secondo un quadro di riferimento comune, un set di indicatori diversificati e dati certificati, ciò consentirà una maggior trasparenza nei confronti delle famiglie, degli studenti e del territorio. Infatti come previsto dall’articolo 6 ogni singola scuola ha il compito di costruire il proprio rapporto di autovalutazione secondo un quadro di riferimento comune e con i dati messi a disposizione dal sistema informativo del Ministero dell’istruzione ( “Scuola in chiaro” ), dall' INVALSI e dalle stesse istituzioni scolastiche. Il percorso si conclude con la predisposizione di un piano di miglioramento e con la rendicontazione pubblica dei risultati in una logica di trasparenza.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.