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al posto del ricorso, l’espulsione

qui italia Cosa cambierà dopo l'approvazione, a fine luglio, del "pacchetto sicurezza"

di Redazione

La sorte dei rifugiati in Italia si decide il 31 luglio. È la data in cui i decreti legislativi del “pacchetto sicurezza”, che contengono anche misure restrittive in materia di diritto d’asilo, torneranno al Consiglio dei ministri per l’approvazione definitiva. La misura più contestata riguarda la possibilità, per chi fa richiesta di asilo in Italia e se la vede respingere, di fare ricorso. I decreti prevedono che chi si è visto negare in prima istanza lo status di rifugiato sia subito espulso e rinviato nel Paese da cui è fuggito: da lì potrebbe poi, in teoria, fare ricorso al tribunale italiano.
A monitorare l’iter legislativo c’è l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, l’Unhcr, che ha chiesto al governo di «riconsiderare le restrizioni», specificando che «i richiedenti asilo dovrebbero poter avere accesso a un ricorso efficace prima di essere espulsi o respinti». L’Unhcr ha ricordato che il riesame delle richieste di asilo, nel 2007, ha ritenuto validi il 30% degli appelli. «In Italia vivono 30mila rifugiati», afferma Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano rifugiati, «la Germania ne accoglie 900mila, la Francia 300mila». La differenza è che nei Paesi di più antica immigrazione il numero delle domande di asilo è diminuito, mentre in Italia è cresciuto. Ma il dato sorprendente è che l’Europa accoglie solo il 6% della popolazione rifugiata nel mondo (33 milioni di persone); il Pakistan e l’Iran ne accolgono da soli il 20%, mentre un altro 25% si trova in Africa. Nel 2007 in Italia, su 14.053 domande, ha ottenuto lo status di rifugiato il 10,4% dei richiedenti, ma bisogna considerare che per un altro 46,7% c’è stato il diniego con protezione umanitaria (la persona corre un pericolo nel Paese d’orgine, ma per una situazione temporanea). Oggi la normativa prevede che il permesso di soggiorno in Italia per i rifugiati, rinnovabile senza particolari condizioni, duri 5 anni; le persone protette per motivi umanitari hanno un permesso da uno a tre anni, rinnovabile dopo la valutazione di una commissione.


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