Non profit

Al non profit servono le armi del capitalismo

Le tre discriminazioni

di Valerio Melandri

Molti incolpano il capitalismo di avere creato una società ingiusta. Può darsi, però noi non accettiamo che il settore nonprofit utilizzi gli strumenti del capitalismo per porre rimedio a queste ingiustizie. Ecco almeno tre aree di discriminazione:
1 – Gli operatori nel nonprofit sono normalmente pagati di meno rispetto ad identici ruoli nel profit. Di conseguenza i talenti scappano e il settore non decolla. 2 ? Nel nonprofit si va immediatamente sotto scandalo se si decide di utilizzare il marketing, mentre Nintendo spende in televisione quasi 40 milioni di euro ogni anno per pubblicizzare videogiochi e nessuno dice niente. Molti di questi giochi sono violenti e inutili. Ma se una nonprofit fa spot o usa le telepromozioni per cercare di salvare dei bambini sarà bene che non dica mai quanto ha speso, o meglio ancora che dichiari che “gli spot sono stati regalati” altrimenti ahimè, chissa cosa succede. 3 ? Non vi è nessuna possibilità di rischiare in iniziative che potrebbero generare un guadagno. Amazon può tardare 6 anni a fare i primi bilanci in utile, ma se in un’azione di fundraising non si guadagna almeno il 65%, arriva l’Agenzia delle Entrate sospettosa. In questo modo si tagliano le gambe a chi vuole investire. Oppure si incentiva a dire dati fasulli. Se al contrario ci fosse maggiore rispetto per la nozione stessa della parola nonprofit, l’intero settore non sarebbe così debole.
Invece di cercare di appagare i donatori con ciò che si vogliono sentir dire, devono iniziare a raccontare loro ciò di cui hanno veramente bisogno per riuscire a risolvere i problemi, cosa che di certo non fanno mantenendo le spese generali basse, ma costruendo le abilità e la forza dell’organizzazione. Per sciogliere questi nodi occorre stabilire obiettivi ambiziosi che devono avere la precedenza sulle spese generali, che obiettivamente sono problemi secondari.

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