Mondo

Aiuto umanitario, più risorse e più qualità

Il ruolo dell'Italia nelle crisi che interessano paesi vicini e lontani: uno dei temi centrali di cui si discuterà a Milano l'1-2 ottobre. L'intervento del Cesvi.

di Stefano Piziali

Continua il dibattito online sul futuro della cooperazione internazionale lanciato da Vita.it in vista del Forum  dell'1-2 ottobre.

Il Forum sulla cooperazione ha un solo importante obiettivo. Ricordare all’opinione pubblica italiana che il nostro Paese non può rinunciare a svolgere un ruolo nella cooperazione allo sviluppo e nell’aiuto umanitario.
Un primo risultato positivo è comunque stato già raggiunto. Tra i dieci documenti  che saranno presentati al Forum ve ne è uno sull’aiuto umanitario, fortemente voluto da Cesvi (nella prima lista di temi che il Forum avrebbe dovuto affrontare il tema dell’umanitario era infatti assente!) e dalle ONG, che hanno anche espresso, attraverso il direttore del network Agire, Marco Bertotto, il moderatore del gruppo di lavoro n. 5 sulle aree di crisi.
L’Italia per posizione geografica e storia può ancora svolgere un ruolo importante nelle crisi umanitarie che interessano Paesi vicini (si pensi alla Libia lo scorso anno o alla Siria quest’anno) o poco più lontani (il Corno d’Africa ed il Sahel).  Per poterlo fare però servono almeno tre condizioni.
1.    Una migliore architettura del sistema umanitario italiano.
Oggi gli attori umanitari sono tanti e diversi per capacità ed esperienza. Accanto al Ministero degli Affari Esteri abbiamo la Croce Rossa, la Protezione civile, Fondazioni, le ONG etc.  Queste ultime da sole investono in attività umanitarie all’estero ben più che lo stesso MAE (che nel 2011 ha speso ca. 30M di €). Tutti questi attori non possono collaborare al meglio con le Nazioni Unite e la Commissione Europea sulla base di limiti normativi fissati nel 1985 dalla legge 49. Serve uno nuova architettura del sistema umanitario italiano basata su misure di semplificazione ed efficienza che non riguardino solo i meccanismi di spesa, ma anche: le modalità di accreditamento dei soggetti titolati a svolgere attività umanitaria; la flessibilità e complementarietà tra assistenza umanitaria, riabilitazione e sviluppo a lungo termine (Link Relief Rehabilitation Development), il riconoscimento della Disaster risk reduction come azione complementare dell’aiuto umanitario.
In tale nuova architettura, dati per assodati i quattro principi della azione umanitaria: umanità (lo scopo è salvare vite), imparzialità (l’azione è guidata solo dai bisogni), indipendenza (dai condizionamenti politici), neutralità (nei conflitti) è necessario comunque che si continui a riconoscere l’uso degli strumenti militari solo come estrema ratio, laddove tutte le misure civili sono state esplorate, come indicato dalle Nazioni Unite e da varie linee guida internazionali. Problematico sarebbe dare seguito ad un comprhensive approach per la gestione delle crisi, come vorrebbe la UE con la Politica di sicurezza e difesa comune, perché in tal caso verrebbe creata una integrazione automatica tra componenti militari e civili, governative e non governative.
2.    Più risorse da investire meglio.
Nessuno si fa illusioni. L’Italia non è così florida da potersi permettere di sprecare risorse, per cui ogni euro deve essere speso bene. D’altro canto non si può nemmeno far finta di non vedere che l’Italia, pur sempre uno dei paesi maggiormente sviluppati al mondo, ha raggiunto livelli di investimento in attività di emergenza nei paesi colpiti da conflitti o disastri naturali che sfiorano il ridicolo: nel 2011 l’Italia, componente del Ministero degli Esteri, ha speso meno del Lussemburgo, un quarto del Belgio, sei volte meno della Danimarca…Come se non bastasse, le poche risorse l’Italia le ha sparpagliate tra numerose azioni portate avanti da attori spesso fuori da ogni controllo o in interventi che hanno poco a vedere con le tematiche umanitarie e che servono a volte ad integrare con una componente civile le operazioni svolte in ambito internazionale dalle nostre Forze Armate. Le ONG italiane hanno invece mostrato in questi anni di non meritarsi a caso la fama di esprimere il meglio del nostro paese con interventi in aree a rischio (dalla Somalia al Myanmar, dal Pakistan al Congo). Interventi apprezzati dai principali donatori internazionali, Unione Europea e Nazione Unite, per la loro professionalità, efficienza ed efficacia. Nella nuova architettura umanitaria, che il dibattito del Forum di sicuro contribuirà a promuovere, è lecito aspettarsi anche una modalità certa di reperimento delle risorse (ad esempio come in Francia con una tassazione di pochi euro dei biglietti aerei) e l’adozione di strumenti di valutazione degli attori basata su criteri condivisi di pertinenza ed efficienza.
3.    Più qualità. La prima conseguenza della scarsità delle risorse è l’obbligo di impiegarle nel modo migliore possibile. L’applicazione e lo sviluppo da parte di tutti gli attori italiani degli standard internazionali di accountability e qualità della azione umanitaria (Codice di Condotta della Croce Rossa, Sphere, HAP, People in Aid) non dovrebbe più essere lasciata alla buona volontà degli attori stessi, ma far parte di un processo strutturato di miglioramento dell’intero sistema umanitario  italiano basato sulla pre-qualificazione degli attori più significativi per storia, capacità e dimensioni. Se infatti la professionalità dei singoli operatori umanitari italiani non è in discussione, non si può negare che la proliferazione degli attori umanitari nel mondo, e nel nostro paese, non è stata sempre accompagnata da una analoga espansione della qualità organizzativa. Anche le ONG italiane, che esprimono comunque un buon livello operativo e sono tra i primi partner di ECHO (la Direzione Generale della Commissione Europea che si occupa di aiuti umanitari), hanno ancora notevoli margini di miglioramento.


In conclusione, se grazie al Forum la cooperazione allo sviluppo e l’aiuto umanitario ritorneranno ad essere sentite come dimensioni imprescindibili della azione internazionale italiana, sarà necessario che quanti si troveranno al  governo, dopo le prossime elezioni, mettano in agenda un aggiornamento della nostra architettura umanitaria, basato sulla certezza delle risorse, per una un’azione di maggior qualità. Perché il mondo ha bisogno di un grande Paese come il nostro.  


* Policy Partnership & Security Advisor Cesvi

 


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