Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi è fermamente convinto che il migliore dei modi per affrontare il flusso degli immigrati e contenere il numero di chi “sbarca” sulle nostre coste stia nella ormai nota strategia del “dobbiamo aiutarli a casa loro”. Il Premier lo ha ancora una volta ribadito ieri sera dagli schermi de LA7 nel corso della trasmissione Otto e Mezzo, rispondendo ad una delle incalzanti domande della conduttrice Lilli Gruber, precisando inoltre come l’importanza della cooperazione internazionale e l’incremento delle risorse ad essa allocate siano la chiave vincente per una soluzione positiva del fenomeno.
Il mio curriculum professionale e le mie ripetute prese di posizione in materia di cooperazione e immigrazione mi permettono di evidenziare qualche necessaria precisazione senza il timore di essere frainteso o, peggio, accomunato all’indifferenza di chi ancora pensa di poter vivere in un contesto immune da un fenomeno come quello delle migrazioni che, probabilmente, sta dando i primi segnali di un prossimo futuro foriero di flussi ben più consistenti di quelli sin qui registrati. Dunque, a maggior ragione, ribadisco la positività che il Presidente del Consiglio abbia nuovamente convenuto circa la necessità di incrementare i fondi per la cooperazione e di nuovo impegnato il suo Governo a farlo già dalla prossima Legge di Stabilità.
Tuttavia, volendo rifuggire facili luoghi comuni e semplificazioni buoniste, non si può che sottolineare come numerosi studi che si sono occupati dei flussi migratori sin qui registrati hanno evidenziato una correlazione positiva tra il numero di migranti provenienti da una determinata regione e le condizioni economiche delle persone e delle famiglie di quell’area. In buona sostanza, i dati statistici dimostrano come, sino ad ora, intraprende il viaggio solo chi dispone di una certa quantità di risorse economiche. Ciò è tanto più vero quando, come noto, tra i maggiori ostacoli per chi vuole migrare si registra l’alto costo relativo imposto dai trafficanti e dagli affaristi che gestiscono gli odierni “viaggi della speranza”.
Ora, ammesso e non concesso che le azioni e i progetti di cooperazione internazionale contribuiscano, direttamente o indirettamente, ad incrementare il reddito pro capite delle comunità dei Paesi poveri, va da se che, stando ai dati disponibili, nel breve periodo la strategia “dell’aiutarli a casa loro” comporterà un aumento del numero di persone in grado di sostenere i costi di viaggio. Paradossalmente, investire maggiori risorse negli Aiuti produrrà, nel breve periodo, l’esatto contrario di quanto ipotizzato dal nostro Primo Ministro.
Come se non bastasse, la scelta fatta dal nostro Governo nella definizione delle priorità geografiche individuate per la destinazione degli Aiuti italiani, la cosiddetta “politica di vicinato”, non farà che accentuare tale tendenza. Aiutare prioritariamente i Paesi limitrofi, in particolare quelli del bacino Mediterraneo, tende a dare ulteriore veridicità alla prospettiva citata.
La fondatezza della strategia “aiutiamoli a casa loro” potrà essere manifesta solo in un secondo tempo, difficile da quantificare. Nel medio periodo, si produrrà una stabilizzazione del fenomeno dovuta ad un equilibrio tendenziale tra le condizioni di vita nei luoghi di origine e nei paesi di destinazione. Quanto più investiremo nella lotta alla povertà, quanto più saranno garantite le pari opportunità di vita in ogni luogo del pianeta, tanto prima si potrà raggiungere quell’equilibrio stabilizzante. Non per paura o bieco interesse, ma convinti che ogni persona ha il diritto inalienabile di scegliere liberamente dove vivere, lavorare, studiare, metter su famiglia e crescere i propri figli.
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