Famigliamoci è un progetto promosso dalla Fondazione Comasca che ha coinvolto una dozzina di organizzazioni che si occupano di famiglia, giovani e minori per:
1) Favorire un maggior coordinamento fra queste realtà (la tanto invocata rete);
2) Sensibilizzare la comunità e renderla consapevole delle soluzioni che può generare il privato sociale;
3) Promuovere una campagna comune di raccolta fondi.
Si tratta di un primo esperimento, unico nel suo genere nel territorio nazionale, che potrebbe indicare una via feconda per costruire quella tanto invocata società solidale e sussidiaria che stenta a decollare.
In questi sforzi però ci si confronta quotidianamente con le difficoltà che gli enti coinvolti hanno nell’utilizzare al meglio quelli che sono forse i linguaggi più diffusi e potenti con cui comunicare le proprie idee: quello economico e quello emotivo. Da un lato c’è una fortissima resistenza davanti ad ogni tentativo di cercare definire in termini economici l’impatto della propria attività e, dall’altro, c’è il pudore di chi non vuole far trapelare la sfera emotiva della propria attività. In entrambi i casi si tratta probabilmente del comprensibile rifiuto di dar vita a qualsiasi comportamento che possa in qualche modo mercificare la propria attività, ma un simile atteggiamento rischia di essere controproducente e di spingere l’intero privato sociale a oscillare fra chi usa il marketing nel modo più spudorato e chi invece si affida al più indegno degli accattonaggi.
Per evitare un simile degrado forse la strada più feconda potrà essere quella di combinare proprio queste due dimensioni: la dimensione economica e quella emotiva. Si tratta, in altri termini, di definire quale sia il beneficio reale in termini economici delle attività svolte e, nel contempo, di ricordare come, accanto a questi benefici che è possibile quantificare in euro, ve ne siano altri di natura morale ed emotiva che, invece, non hanno prezzo.
Tradotto in termini concreti si potrebbe, per esempio, partire da quelle che sono le conseguenze dell’abbandono scolastico per illustrare alla comunità come chi non termina la scuola dell’obbligo ha una probabilità maggiore di, tiro a caso, commettere furti o altri atti illegali con un danno sociale pari a x, quindi di finire in carcere con un costo per la collettività di y e comunque di non trovare un’occupazione o di trovarne una sotto qualificata con una perdita in termini di crescita di PIL pari a z. Chiedere una donazione per sostenere le attività di un centro diurno significa non solo ridurre tale probabilità (e anche qui sarebbe interessante sapere di quanto) contribuendo con ciò a conseguire un risparmio importante per l’intera comunità, ma anche e soprattutto aiutare un bambino a diventare un uomo, il che chiaramente non ha prezzo.
Questo non è che un esempio, peraltro sicuramente molto parziale e che potrebbe essere elaborato in modo estremamente efficace. Devo però confessare come, malgrado le mie continue richieste, gli enti che collaborano a Famigliamoci non sono stati in grado di fornirmi analisi di questo tipo e quindi la loro comunicazione rischia, a mio avviso, di essere poco incisiva in quanto troppo astratta e retorica. Ripetere per l’ennesima volta la richiesta rischia di essere poco efficace o addirittura di diventare controproducente ed è per questo che ho pensato di utilizzare questo blog fare un appello a tutti coloro che operano nel privato sociale, affinché si mobilitino per aiutare Famigliamoci a dotarsi di questi dati, nella speranza che non essendo coinvolti direttamente, sia più facile vedere ciò che chi è in prima linea fa fatica a scorgere. Non si tratta di avere delle elaborazioni scientificamente rigorose. In questa fase sono più che sufficienti anche dati spanno metrici che poi eventualmente potranno essere affinati nel futuro, ma che intanto possono rivelarsi fondamentali non solo per meglio comunicare il reale valore del nostro lavoro, ma anche per migliorare il nostro modo di operare. Sapere il reale impatto del proprio agire permette infatti di meglio identificare le priorità ed incrementare la propria efficienza.
Spero che una buona parte di queste informazioni siano già disponibili o possano essere ricavate in modo relativamente semplice utilizzando quanto le varie amministrazioni, pubbliche o privato, quotidianamente raccolgono e che troppo spesso non sappiamo valorizzare come invece sarebbe opportuno, ma se così non fosse, la loro elaborazione potrebbe diventare una priorità per la filantropia istituzionale che necessita di questi dati per poter sfruttare la meglio le proprie potenzialità.
Aiutare Famigliamoci diventa quindi aiutare l’intero privato sociale a fare quel salto qualitativo di cui ha un così evidente bisogno e per questo spero che siano numerosi coloro che vorranno condividere i loro suggerimenti commentando questo blog o contattando direttamente Assifero.
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