Famiglia

Aiuti fantasma. solo un terzo arriva ai poveri

Scandali. Action aid svela le bugie sui fondi dei G7.

di Carlotta Jesi

Il summit di Gleneagle rischia di aprirsi con una bugia a sei zeri. Quelli dei 50 miliardi di dollari che i G7 destinerebbero annualmente ai Paesi poveri. Destinerebbero, già, al condizionale. Perché secondo Action aid international, di questi soldi, meno di un terzo, e cioè appena 16miliardi di dollari, è aiuto reale. Il resto, circa 34miliardi di dollari, è aiuto fantasma. Nel senso che non si materializza mai nelle mani dei beneficiari e che non serve a raggiungere il principale obiettivo dell?aiuto allo sviluppo fissato alla Conferenza di Monterrey, la lotta alla povertà. La denuncia è contenuta nel rapporto Real aid: an agenda for making aid work presentato a Londra il 27 maggio: sessanta pagine fitte di numeri in cui gli esperti della charity fanno la tara alle cifre ufficiali dell?aiuto allo sviluppo che i sette Paesi più industrializzati sono tenuti a dichiarare al Development assistance committee (Dac) dell?Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica (Osce). Risultato: nel 2003, ultimo anno per cui erano disponibili i dati, i G7 sono stati tre volte meno generosi di quanto hanno dichiarato. Non solo. Considerata in termini di percentuale di prodotto interno lordo, la differenza tra l?aiuto allo sviluppo dichiarato (0,21% del Pil) e quello reale (0,07%), rivela che le sette nazioni più industrializzate sono solo a un decimo della strada per il raggiungimento dello 0,7% del Pil da destinare ai Paesi poveri fissato dall?Onu. La situazione non migliora se si considera lo scarto tra generosità reale e fantasma di tutti i Paesi che appartengono al Club dei donatori dell?Osce: anche se esistono nazioni molto performanti come il Lussemburgo, che vanta una percentuale dell?81% di aiuto reale, e come la Norvegia dove un qualsiasi cittadino risulta 40 volte più generoso di un americano, il 61% di tutto l?aiuto allo sviluppo internazionale è aiuto fantasma. E questa cifra sale addirittura al 90% nel caso di Francia e Stati Uniti, i Paesi con le peggiori performance in fatto di aiuto reale. Dove vanno a finire tutti i fondi fantasma? Nel caso dei G7, che in lotta alla povertà nel 2003 hanno speso solo 4,9 miliardi di dollari, la fetta più grossa dell?aiuto fantasma, pari al 13,8% del totale, è finita in spese di assistenza tecnica. Per intenderci, in stipendi per consulenti dei Paesi donatori inviati nel Sud del mondo a partecipare ai progetti. Stipendi che, nel caso della Francia, dove solo l?11% degli aiuti è reale, assorbono addirittura 2 miliardi di dollari. E che, in generale, hanno un impatto disastroso sui beneficiari: nel 2002, solo per fare un esempio, la comunità internazionale ha speso tra i 50 e i 70 milioni di dollari per far lavorare in Cambogia 700 esperti occidentali mentre con la stessa cifra avrebbe potuto formare e dare lavoro a 160mila cambogiani. Ma una grossa parte dell?aiuto fantasma, circa il 9,4%, è rappresentanto anche dalle spese di cancellazione dei debito estero dei Paesi poveri, secondo Action aid international erroneamente contabilizzate nella cifra ufficiale dell?aiuto allo sviluppo perché non comportano un reale trasferimento di denaro dal Nord al Sud del mondo e perché, di fatto, non alleviano la povertà dei Paesi poveri. Qualche esempio? L?aumento dell?aiuto Usa verso la Repubblica democratica del Congo: tra il 2001 e il 2003, la maggior parte dei 5,1 miliardi di dollari di aiuti statunitensi sono stati rappresentati dalla riduzione del debito estero del Congo anche se la sua servitù del debito è cresciuta da 2,7 miliardi di dollari del 1999 a 126,7miliardi nel 2003.Dall?aiuto che i G7 destinano al Sud del mondo, Action aid sottrae anche quello ?legato?, e cioè vincolato all?acquisto di beni e servizi dei Paesi donatori. Una voce di spesa che nel 2003 ha assorbito 2,7 miliardi di dollari delle sette nazioni più ricche del mondo, comprese Stati Uniti e Italia. Nel caso dell?America, per capire in cosa consiste il suo 70% di aiuto legato basta pensare ai 15 miliardi di dollari stanziati da George Bush per il suo Emergency Plan for Aids Relief che esclude l?acquisto di farmaci generici prodotti nel Sud. Ma il caso Italia, dove la percentuale di aiuto legato è addirittura pari al 92%, stupisce. Soprattutto perché, nel rapporto, il nostro Paese vanta una percentuale di aiuto reale che arriva ai Paesi più poveri pari al 74% cento che ci colloca tra i Paesi più performanti subito dietro a Portogallo (82%), Belgio e Irlanda (79%), Australia (78%) e Danimarca(75%). Come si spiega questa contraddizione? Spiega Jacopo Viciani di Action aid: «La buona percentuale di aiuto reale dell?Italia rilevata nel rapporto è fuorviante. Si ricava solo perché il nostro Paese fa poca assistenza bilaterale, il genere di assistenza in cui si conta più aiuto fantasma, e molta assistenza multilaterale. Diciamo che noi facciamo un 40% di aiuto bilaterale e un 60% di aiuto multilaterale, mentre le percentuali degli altri Paesi del G7 si invertono. Il fatto che, su un bilaterale così basso, si riveli comunque un 92% di aiuto legato, la dice lunga sulla salute del nostro aiuto allo sviluppo. Aiuto che, tra l?altro, da tre anni non viene completamente comunicato al Dac». Che fare? Action aid non ha dubbi: l?autocertificazione dei Paesi non basta. Bisogna costituire una commissione internazionale dell?Aiuto, affidata alle Nazioni Unite.


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