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Aiuti allo sviluppo, le ong all’Europa: fare di più e più in fretta

Secondo le ong italianie risultano essere solo 5 i governi che hanno rispettato gli impegni: l'Italia è al terzo posto tra i peggiori donatori

di Chiara Sirna

Fare di più e più in fretta. In sostanza, aumentare gli aiuti allo sviluppo e mettere la cooperazione al centro delle politiche comunitarie. Questo hanno domandato oggi esplicitamente l’associazione delle ong italiane e ActionAid in un appello unitario, presentando a Roma il rapporto ?Non c’e’ piu’ tempo da perdere: l’Europa e’ in ritardo per qualità e quantità degli aiuti?.

Dall’analisi qualitativa e quantitativa dell’impegno dei rispettivi governi europei in materia di aiuti allo sviluppo emerge infatti non solo che ”l’Ue non sta mantenendo le promesse fatte e che il tempo a disposizione sta per scadere”, ma anche che per la prima volta dopo anni ”c’e’ un inversione di tendenza – come spiega Sergio Marelli, presidente dell’associazione Ong italiane – cioe’ un calo delle risorse destinate allo sviluppo”.

E i dati in effetti parlano chiaro. Sono solo cinque i governi che fra il 2006 e il 2007, si legge sempre nel rapporto, hanno aumentato la loro quota di Asp/Pil (Aiuto Pubblico allo Sviluppo/Prodotto Interno Lordo). Tra questi: Danimarca, Germania e Spagna, mentre 18 paesi su 27 non hanno registrato alcun aumento. Francia, Belgio e Gran Bretagna hanno addirittura ridotto il loro contributo del 10%, mentre Grecia, Italia e Portogallo sono al di sotto degli obiettivi stabiliti per il 2006. A questa stregua dunque la possibilità di raggiungere gli obiettivi del 2010 e del 2015 (rispettivamente lo 0,51% e lo 0,7% calcolati sul Pil europeo) si allontana sempre di più.

Nero anche il quadro italiano, perchè se é vero che Roma ha aumentato nel 2006 l’aiuto reale del 40%, è anche vero che nel 2007 l’Aps italiano e’ calato del 3,6%, mancando l’obiettivo annuale dello 0,33%. ”Questo e’ ancor piu’ preoccupante ? ha detto Luca De Fraia di Action Aid ? perché in occasione della presidenza italiana del G8 nel 2009, questo potrebbe essere un biglietto da visita negativo per il nostro paese. Il nuovo governo – ha aggiunto – deve dare un segnale forte in termini di impegno”. ?Nel panorama dei donatori europei il nostro paese resta in coda ? incalza De Fraia – attestandosi allo 0,19% APS/PIL, rispetto allo 0,20% del 2006, mantenendo così una quota molto bassa di risorse dedicate all?Aiuto Pubblico?. ?E? necessario ? spiega – aumentare le risorse pubbliche per raggiungere l?obiettivo europeo dello 0,7% dell? APS/PIL entro il 2010?.
Malgrado l?obiettivo dello 0,33% previsto per il 2006 sia rimasto inevaso, nel 2007 è stato approvato un piano di aumento degli aiuti che, se rispettato, dovrebbe portare alla realizzazione dell?obietto dello 0,51% entro il 2010. Se però l?attuale tendenza dovesse persistere, l?Italia fallirà anche questa volta.
?Ci aspettiamo quindi ? conclude De Fraia appellandosi al nuovo esecutivo – che il governo prenda al più presto impegni precisi per un concreto rilancio della cooperazione allo sviluppo e del ruolo dell?Italia nella comunità internazionale?. A cominciare dalla riforma della legge sulla cooperazione, ferma in Parlamento dal 1994. Che anche per Sergio Marelli, presidente dell’associazione ong italiane, sarebbe ”urgente?, per la quale, tra l’altro si auspica ?una consultazione anche delle Ong, in passato ignorate?.

Secondo l?indagine sull?efficacia degli aiuti, la cooperazione bilaterale italiana si attesta molto al di sotto della media europea. ? La legge italiana sull?APS ? fanno sapere le ong – rende possibile vincolare gli aiuti a prestito, a meno che non venga approvata una deroga precisa. Nel corso degli ultimi anni, la cooperazione italiana ha spesso incoraggiato pratiche di aiuto legato, ad esempio contrattualizzando compagnie italiane per lavorare nelle telecomunicazioni in Angola o installare sistemi idraulici in Vietnam?.

E a compromettere ancora più il quadro sarebbe l’impossibilità di programmare gli stanziamenti sul medio-lungo termine. Malgrado l?Italia in genere tenda ad approvare i finanziamenti su una base triennale, infatti, l?erogazione effettiva dei fondi dipende per lo più dalle allocazioni previste dal bilancio annuale. Così il nostro paese risulta essere al terzo posto come peggior donatore europeo per il ritardo con cui ha erogato gli aiuti che si era impegnata a versare tra il 2000 e il 2006.

Al governo in carica le Ong italiane chiedono di:

– mettere a punto una strategia credibile per mobilizzare nuove risorse, in particolare come conseguenza dell?esaurimento delle risorse delle cancellazioni del debito;
– slegare i prestiti concessionali;
– approvare una politica per l?accesso all?informazione consenta al pubblico di accedere ai contratti finanziati come APS, alle strategie dei diversi paesi e agli accordi di finanziamento;
– istituire un ufficio di valutazione indipendente e sistematizzare il sistema di valutazione degli aiuti.

Per adempiere agli impegni alle scadenze fissati, invece, ai 27 membri dell’Unione le organizzazioni chiedono intanto di ?incrementare le risorse effettive, spingendo verso l’aumento degli aiuti reali?, poi ?di fissare un’agenda vincolante di incrementi annuali favorendo cosi’ una prevedibilita’ degli aiuti” e infine ?di smettere di contabilizzare i costi dei rifugiati, degli studenti, delle operazioni di debito e di peacekeeping, come aiuti allo sviluppo evitando cosi’ di gonfiare tali risorse con spese relative a immigrazione e sicurezza?.

Tutte richieste che le ong hanno messo nero su bianco nel documento presentato oggi e che pure verranno rilanciate nei due vertici internazionali in programma tra settembre e dicembre 2008, nel corso dei quali si discuterà della quantità e qualità del finanziamento allo sviluppo.
?L?UE può ancora dimostrare la propria serietà rispetto alle promesse fatte ? sottoscrivono 200 organizzazioni europee della società civile – il tempo per rimettersi sulla strada giusta si riduce velocemente ed occorre raddoppiare gli sforzi per non deludere le aspettative del mondo?.

Queste, nello specifico, le esigenze segnalate:

– aumentare le risorse effettive dedicate agli aiuti per realizzare gli obiettivi stabiliti per il 2010 e il 2015. In un anno, 6 governi europei su 15 non hanno raggiunto l?obiettivo dello 0,33% fissato per il 2006. L?attuale riduzione del livello di finanziamenti allo sviluppo non fa che mettere in evidenza il fatto che i governi devono urgentemente spingere all?aumento dell?aiuto reale, se intendono davvero realizzare l?obiettivo dello 0,51% entro il 2010 e quello dello 0,7% entro il 2015;
– fissare un agenda vincolante di incrementi annuali per le risorse reali. I governi europei devono assicurare un aumento costante del bilancio dell?aiuto;
– smettere di contabilizzare i costi dei rifugiati, degli studenti e le operazioni del debito come APS e non gonfiare gli aiuti con spese relative all?immigrazione o alla sicurezza;
– aumentare gli sforzi per erogare più aiuto reale. Quale pre-condizione per migliorare l?efficacia dell?aiuto, l?UE deve rispettare la titolarità democratica dei paesi in via di sviluppo
– migliorare radicalmente la trasparenza sia verso i cittadini europei sia verso i cittadini dei paesi beneficiari eliminando gradualmente le condizionalità economiche che vincolano gli aiuti europei; slegando tutti gli aiuti europei, inclusi quelli alimentari e l?assistenza tecnica, e rispettando i diritti dei partner privilegiare l?acquisto di beni e servizi locali;
– impegnarsi alla divulgazione e alla massima trasparenza nei bilanci sull?aiuto. Si tratta di includere una tempestiva disseminazione dell?informazione, in particolare durante le negoziazioni degli aiuti; una dettagliata e tempestiva divulgazione dell?informazione relativa all?erogazione dei fondi; l?adozione di una politica di divulgazione automatica di tutti i documenti, con eccezioni limitate
– darsi obiettivi verificabili e migliorare i sistemi di raccolta e trasmissione dei dati dell?ODA, ad esempio prevedendo la possibilità di fornire più dati disaggregati per genere;
– valutare in modo effettivamente indipendente gli aiuti, sostenendo istituti indipendenti nei paesi partner e sostenedo meccanismi paragiudizionali tipo difensore civico;
– assumere impegni pluriennali nei confronti dei paesi in via di sviluppo basati su criteri chiari e trasparenti, e rispettarli con puntualità;
– fare in modo che l?assistenza tecnica fornita risponda ad una reale domanda e si armonizzi con le strategie nazionali e rispettare il diritto dei paesi beneficiari a stipulare solo i contratti che ritengono necessari;
– rispettare gli impegni presi a livello internazionale e regionale in favore dell?eguaglianza di genere e dell?educazione delle donne, due elementi che dovrebbero essere messi al centro di ogni programma di sviluppo, mettendo a disposizione le necessarie risorse, sostenendo la partecipazione di attivisti e organizzazioni in difesa dei diritti delle donne nel processo di sviluppo.


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