Non profit

Aiuti allo sviluppo: l’Italia va avanti solo per sottrazioni

Solidarietà internazionale. Ecco i veri numeri

di Emanuela Citterio

Anche per il 2007 la percentuale sul Pil si è fermata allo 0,2 contro un obiettivo dello 0,7. Ma il problema è capire come vengono spesi i fondi. Ci abbiamo provato

Nel 2007, secondo l?ultima analisi dell?Ocse, l?Italia ha speso circa 3 miliardi di euro in Aiuto pubblico allo sviluppo, ovvero lo 0,2% del Prodotto interno lordo: soldi destinati, in teoria, ai Paesi poveri. Di questi, 71 milioni di euro sono transitati dalle organizzazioni non governative. E il resto? L?Italia si è impegnata a versare lo 0,7% del Pil entro il 2015. Ma ad oggi è al penultimo posto fra i donatori europei. Oltretutto, manca una comunicazione trasparente su ?come? il governo italiano destina le risorse.

Per rintracciare qualche informazione bisogna incrociare gli ultimi dati completi diffusi dall?Ocse e riferiti al 2006, come ha fatto Action Aid International, che ogni anno pubblica un rapporto indipendente sulla cooperazione italiana. Nel 2006, l?Italia ha speso 3 miliardi e 641 milioni di dollari in aiuto pubblico allo sviluppo. Ma da questa cifra bisogna fare un po? di sottrazioni, per ottenere quello che il nostro Paese spende direttamente. Intanto 1 miliardo e 600 milioni sono ?virtuali?: si riferiscono infatti alla cancellazione del debito estero dei Paesi poveri, una voce contabile cui non corrisponde un investimento monetario effettivo. Un altro miliardo e 316 milioni è finito alla Commissione europea come contributo annuale. La cifra che l?Italia investe direttamente in cooperazione è quindi di 725 milioni. Nel 2006 alle ong italiane ne sono andati solo 10, il resto è stato destinato alla Banca mondiale, alle banche regionali di sviluppo, a organismi delle Nazioni Unite come la Fao, o ai governi dei Paesi destinatari dell?aiuto. La percentuale del Pil destinato all?aiuto allo sviluppo dal 2000 a oggi non è sempre diminuito: dallo 0,15 del 2001 è passato allo 0,20 per poi scendere allo 0,17, poi allo 0,15 e risalire allo 0,29 nel 2005, fino ad assestarsi negli ultimi anni allo 0,20. A essere sempre diminuiti sono invece i fondi a disposizione del ministero degli Affari esteri per finanziare la cooperazione internazionale: da 618 milioni di euro nel 2003 a 400 nel 2006.

Per l?Ocse, la poca incisività degli interventi dell?Italia è dovuta soprattutto alla mancata riforma della cooperazione. Con la caduta del governo ha subito uno stop la riforma della legge 49 del 1987 che tuttora regola il sistema. Sono stati innumerevoli i tentativi di scrivere una normativa al passo con i tempi: tutti affossati o naufragati. A fine febbraio la commissione Esteri della Camera ha partorito un testo, frutto di un compromesso fra le parti realizzato dai senatori Giorgio Tonini (Pd) e Alfredo Mantica (An). Ma quanto il testo sia un punto di partenza solido è da vedere. Intanto c?è chi propone un bilancio previsionale integrato per tutte le attività di cooperazione, come accade in Gran Bretagna e Spagna, che permetterebbe di sapere prima quante risorse sono disponibili, e di conseguenza di programmare meglio gli interventi.

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