Mondo

Aiuti allo sviluppo, Europa avara

I Paesi Ue spendono quattro volte di più in difesa che in cooperazione. I dati di un rapporto Focsiv presentato oggi a Civitas

di Gabriella Meroni

I paesi europei spendono per le spese militari quattro volte di piu’ di quanto destinano allo sviluppo. Contro la poverta’ e per la crescita mondiale, negli ultimi cinque anni, qualche passo in avanti si e’ fatto ma restano tuttora ”piuttosto modeste” le azioni che dovrebbe portare alla costituzione di un partenariato globale come impongono gli impegni assunti a livello internazionale. A fare il punto sull’andamento degli Obiettivi del millennio (in particolare dell’articolo 8 relativo appunto al partenariato globale) sui quali si sono impegnati nel 2000 i governi del mondo in un vertice voluto dall’Onu e che fissano le strategie per lo sviluppo entro il 2015 e’ il rapporto ombra di Volontari nel mondo-Focsiv (che raccoglie 58 ong di ispirazione cristiana) presentato oggi a Padova nell’ambito di Civitas, la fiera del non profit. Il documento – che anticipa il rapporto del governo italiano in materia atteso per questo mese – parla di un ”cambiamento ancora molto lento” e richiama l’urgenza di mettere a punto provvedimenti specifici. La tendenza europea e’ comunque incoraggiante. La sfida, per il rapporto, ”ora consiste nell’ incrementare sostanzialmente lo sforzo: ogni paese deve adottare ‘best practices’, bisogna muoversi tutti insieme in uno sforzo collettivo piu’ rapidamente possibile ed evitare che ci siano paesi che, per interessi privati e mancanza d’impregno, rendano debole la partnership globale per lo sviluppo”. Nel panorama europeo, l’Italia non ha un posto edificante soprattutto per quanto riguarda le risorse pubbliche: e’ all’ultimo posto della classifica. Questi alcuni dati del rapporto. AIUTI E PIL. Con lo 0,15% del Pil alla cooperazione, l’Italia e’ all’ultimo posto nella Ue. Davanti ha la Grecia (0,23%) e l’ Austria (0,24%). In cima ai paesi donatori, ci sono cinque paesi europei: Norvegia (0,87%), Danimarca (0,84%), Svezia (0,77%), Olanda (0,74%), Lussemburgo (0,85%). Il nostro paese, insieme a Germania, Austria, Spagna e Grecia, non raggiungeranno nel 2006 l’obiettivo, fissato dall’Ue, di destinare al settore lo 0,39%. L’Italia ha mantenuto dal 2000 al 2003 una percentuale dello 0,17%; le previsioni per il 2005 sono dello 0,15%. QUALITA’ DELL’AIUTO. La maggior parte dei donatori europei non ha raggiunto l’obiettivo fissato dall’Onu per i paesi meno sviluppati. 4 donatori europei destinano a questi paesi piu’ del 75% degli aiuti. L’Italia si attesta sull’80%. Solo la Repubblica Ceca e la Grecia spendono piu’ del 20% (come richiede l’impegno con l’Onu) degli aiuti in servizi sociali di base, educazione, sanita’, acqua e strutture igieniche. Per questo tipo di servizi, l’Italia destina il 5,5%. LOTTA ALLA POVERTA’. In Italia lo 0,24% del totale degli aiuti pubblici allo sviluppo e’ in realta’ rappresentato dalla cancellazione del debito. Se rapportata ai soli ‘fondi a dono’, tale percentuale s’innalza allo 0,64%. Il rapporto sottolinea la necessita’ di monitorare il flusso degli aiuti. EQUITA’ E POLITICA COMMERCIALE. Per i paesi dell’Ocse valutare gli effetti delle rispettive politiche sui paesi in via di sviluppo e’ un requisito costitutivo dell’Ue. Emblematico il caso dello zucchero che dimostra come gli interessi domestici siano profondamente radicati, a spese dei poveri. Gli aumenti fino al 73% delle sovvenzioni ai produttori di zucchero europei danneggiano i poveri piuttosto che aiutarli. L’Ue rimane legata a sovvenzioni all’agricoltura che contribuiscono a mantenere in poverta’ i paesi poveri. I sussidi sono aumentati di 37 miliardi di dollari dalla data della Dichiarazione del Millennio fino a superare l’ammontare totale degli aiuti Ue del 2003. DALLE POLITICHE ALLE DECISIONI DIFFICILI. I passi fatti dai governi di Belgio, Paesi Bassi e Regno Unito per promuovere le attivita’ economiche socialmente responsabili sono in linea con gli obblighi dell’obiettivo n. 8. L’Italia su questo fronte ha assunto degli impegni per incoraggiare la diffusione della Responsabilita’ sociale d’impresa. Queste misure restano comunque ”marginali” rispetto agli impegni assunti. L’Italia, ad esempio, a fronte dello 0,17% degli aiuti pubblici allo sviluppo, destina l’1,5% del Pil alle spese militari. L’Austria ha preso provvedimenti contro l’esportazione di armi e i Paesi Bassi e il Regno Unito si sono dimostrati attivi nella lotta al commercio illegale di armi leggere. Tuttavia, i paesi europei stanziano per le spese militari una somma quattro volte piu’ alta di quella per gli aiuti, in alcuni paesi questa proporzione e’ ancora piu’ alta. Al contrario, il Parlamento italiano ha recentemente proposto una modifica ad una legge del ’90 che vincola a criteri etici e di trasparenza il commercio delle armi.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA