Non profit
«Aiutare l’Italia della bontà»
Con un articolo sul Corriere della Sera di oggi Gian Antonio Stella riprende e rilancia l’appello di Vita
“Ridate il 5 per mille all’Italia del bene” è il titolo dell’articolo di Gian Antonio Stella pubblicato oggi sulla prima pagina del Corriere della Sera. «C’è ancora una settimana di tempo, per azzerare la scelta sventurata fatta alla Camera» ricorda Stella, riportando le recenti dichiarazioni del ministro Tremonti: «Il 5 per mille è una idea di cui sono orgoglioso e voterò per reintegrarlo. Il fondo attuale, pari a 100 milioni, è iniziale e può, deve, essere integrato. L’importo previsto all’inizio, pari a 400 milioni, è stato eroso da successive diverse scelte parlamentari, come quella di incrementare i fondi per l’editoria o per le televisioni private. Rispetto a tutte le altre scelte preferivo e preferisco in assoluto il 5 per mille». Tempo fa, in una intervista a Vita, lo stesso Tremoni aveva dichiarato: : «Il terzo settore è l’unica speranza per produrre, con costi limitati, ma con effetti moltiplicatori quasi illimitati, la massa crescente di servizi sociali di cui abbiamo (e avremo) sempre più bisogno. Valorizzare concretamente il terzo settore non è quindi un costo per lo Stato, ma un investimento».
Parole d’oro, commenta Stella, bollando come “insopportabile” il fatto che lo stesso governo rinneghi il messaggio “Aiuta l’Italia che aiuta” adottato per spingere tutti a dare una mano al volontariato. Governo che ora rinnega «quelle paginate di carezze agli infermi, minestre ai vecchi, caffè caldo ai barboni impossessandosi della cassa del 5 per mille. Quella cassa che gli italiani avevano destinato a chi nell’assistenza, nella ricerca, nella dedizione agli altri tappa proprio i buchi dello Stato».
Nell’articolo, Stella riporta anche lo studio del Csv (Centro di servizio per il volontariato), secondo cui «soltanto tra Milano e provincia il taglio del 5 per mille causerebbe una diminuzione dei fondi da 47 milioni a meno di 12.
Ma se anche il contributo del resto del Paese fosse dimezzato rispetto a quello milanese si tratterebbe di quasi 1 miliardo di euro. Una somma 10 volte superiore a quella che la legge amputata destina quest’anno al mondo esaltato con qualche ipocrisia dalla campagna di stampa ministeriale Aiuta l’Italia che aiuta».
Dove vanno (meglio: andavano) i soldi?, si chiede Stella. «Stando agli ultimi dati disponibili, a circa 30 mila associazioni appartenenti a quattro grandi categorie: quelle del volontariato sociale (26.596 sigle: da Médecin sans frontières a Emergency, dal Cuamm ai gruppi che si impegnano per i disabili, gli anziani…), quelle dello sport di base (una piccola minoranza: su 42 mila richieste quelle accettate nel 2008 furono 1.152), quelle della ricerca scientifica e quelle della ricerca sanitaria. Anche se talvolta c’è chi è presente in più gruppi, come ad esempio l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Importo medio 2008: 28,36 euro a contribuente. Per l’Airc, che nel 2007 ricevette ad esempio 51,7 milioni di euro grazie alla preferenza di poco meno di un milione di italiani il taglio di tre quarti dei fondi, se la finanziaria passerà così com’è, è una botta durissima. Che rende più difficile, proprio adesso che nella lotta ai tumori si aprono importanti spiragli, mantenere a tutti i costi gli impegni del «Programma speciale di oncologia clinica molecolare». Sconfortante è anche il commento di Pietro Barbieri, presidente della Fish, la federazione delle associazioni di sostegno all’handicap, che ha detto: «Per i disabili è una prospettiva apocalittica».
Infine Stella ricorda una dichiarazione che Berlusconi fece il 12 aprile 2008: «Rendere stabile e senza limiti il meccanismo fiscale del 5 per mille è un impegno per noi naturale» e prima di concludere con un eloquente “Sic” si chiede: « Ferma restando l’opportunità di lasciare i finanziamenti ai giornali di partito (quelli veri, dalla Padania al Manifesto, dal Secolo d’Italia a Liberazione) in un Paese in cui la distribuzione è falsata dal sostanziale monopolio postale e il mercato della pubblicità dal peso spropositato delle tivù (conflitto di interessi compreso), perché mai la salvezza di quei giornali deve avvenire a danno dell’assistenza volontaria agli anziani o della ricerca sul cancro?». Già, perché mai? Qualcuno (presto) dovrebbe rispondere.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.