Salute&Società

Aiutare i fragili? Camminandoci assieme

Fare due passi, fianco a fianco, è un modo economico alla portata di tutti per comunicare e combattere la solitudine, aiutando i più fragili e soli. Orientare lo sguardo condiviso sulla realtà che ci circonda facilita la relazione e rafforza i legami, anche quelli chiamati deboli che sono invece molto importanti

Photo by Beth Macdonald on Unsplash
Photo by Beth Macdonald on Unsplash

C’è sempre quel brivido di sottile soddisfazione nel leggere le conferme della scienza alle esperienze di ogni giorno, spesso date per scontate. Questa volta, si parla dell’«andiamo a fare due passi» che sembrerebbe favorire le relazioni interpersonali. Un surplus di benessere, che si aggiunge a quello sul corpo e sulla mente di chi sta all’aria aperta, già dimostrato da numerosi studi riguardanti gli strettissimi rapporti tra l’individuo e l’ambiente fisico e sociale in cui è immerso, il cosiddetto approccio ecologico della salute. Si può dire lo stesso del miglioramento della comunicazione tra due persone e della creazione di legami?

L’ipotesi di lavoro è che fare due chiacchiere mentre si cammina all’aperto permetta di svincolarsi da quei meccanismi in cui spesso siamo imbrigliati di azione-reazione e faciliti una comunicazione più fluida, anche su alcuni temi difficili, che mai avremmo affrontato altrimenti. Perché seduti davanti a un caffè è più difficile? «I primi studi sul contatto oculare risalgono agli anni Ottanta. Quello che scorgo sul volto altrui aggiunge informazioni comunicative e significato emotivo alla relazione, quindi l’assenza di contatto oculare favorisce un certo tipo di comunicazione» spiega Paola Mamone, psicoterapeuta e mindfulness teacher, fondatrice di Interessere – Mindfulness in azione, che aggiunge: «Al momento mancano evidenze scientifiche robuste», per quanto siano molti gli studi sull’argomento. «Viaggiare insieme in macchina mi sembra favorisca molto di più la comunicazione profonda: lo spazio comune definito e condiviso, le lunghe ore obbligate di viaggio e la prossimità fisica potrebbero essere alcuni degli elementi da studiare. Tenendo sempre a mente che favorire una miglior comunicazione, profonda, spontanea e di qualità, tra due persone e costruire una relazione con l’altro sono aspetti diversi, che andrebbero distinti».

I mille stimoli dati dallo spazio aperto, la libertà di scegliere tragitto e andature favoriscono il piacere della condivisione per la scoperta del mondo esterno, sul quale si orienta lo sguardo condiviso

— Paola Mamone, psicoterapeuta e mindfulness teacher

Camminare insieme non è certo una novità, anzi è qualcosa che viene fatto in varie città dai «gruppi di cammino», attività organizzate in appuntamenti fissi che vedono anche decide di persone spostarsi a piedi per la città. «Queste passeggiate collettive rafforzano la coesione sociale, che a sua volta è un potente determinante di salute» spiega Antonio Maturo, docente di sociologia della salute dell’Università di Bologna. «L’incontro di individui diversi tra loro, il termine tecnico è omofilia, è di beneficio sia ai singoli cittadini, in termini di una riduzione della solitudine e di uno scambio di informazioni, impossibile quando si frequenta solo la propria ristrettissima cerchia, sia alla comunità, che esce rafforzata dalla coesione dei suoi membri».

Le passeggiate collettive rafforzano la coesione sociale che, a sua volta, è un potente determinante di salute

— Antonio Maturo, docente di sociologia della salute dell’Università di Bologna

«Il ritrovare un proprio ritmo interno e il non avere una meta definita aiutano a sospendere la propensione a compiere azioni volte a uno scopo». Photo by Johannes Plenio on Unsplash

Non vanno trascurate le componenti dello spazio aperto e della natura. Come evidenza la psicoterapeuta Mamone: «Nel caso delle passeggiate all’aria aperta sussistono altri elementi: i mille stimoli dati dallo spazio aperto, la libertà di scegliere andatura e tragitto mi sembra favoriscano il piacere della condivisione per la scoperta del mondo esterno, sul quale si orienta lo sguardo condiviso. Questo forse potrebbe essere un fattore da indagare per capire se e come si possa favorire la creazione di relazioni strette».

Che non sono le uniche a contare, al contrario. La ricerca sociologica mostra la forza dei legami deboli: «Oltre al capitale sociale bonding, dei parenti, c’è quello bridging, delle conoscenze che creano ponti tra persone diverse e queste relazioni sono ugualmente preziose per l’individuo» spiega Maturo che evidenzia anche l’importanza di altro aspetto, la serendipità: «La possibilità dell’inatteso è da coltivare, perché nelle nostre vite organizzate c’è sempre meno spazio per l’incontro casuale che il vagabondare a piedi permette. Spezzare il tran tran routinario è anche un modo per alimentare meccanismi che stimolano la socialità, quanto mai cruciali nelle società moderne dove a fare la parte del leone è sempre più la solitudine».

Quel che è certo è che vagabondare, con i piedi e con la mente, che le neuroscienze chiamano mind wandering, arricchisce: «Il ritrovare un proprio ritmo interno e il non avere una meta definita aiutano a sospendere la compulsione a produrre e la propensione a compiere azioni volte a uno scopo. Aiuta a prediligere l’essere rispetto al fare, a essere presenti a sé stessi e a sentirsi in prima persona» commenta Mamone. «Certamente suggerirei questa modalità di condivisione, il camminare insieme, a chi si prende cura di persone fragili, anche per permettere loro di cambiare ambiente, poiché troppo spesso i loro orizzonti fisici sono estremamente limitati dalla situazione di vulnerabilità». 

Dopotutto, come dimostrano vari studi osservazionali, l’ultimo in ordine di tempo è un ampio studio condotto su oltre 700mila veterani statunitensi, avere buone relazioni sociali è uno degli otto fattori associati alla longevità.


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