Salute

Aids in Lombardia statistiche da shock

Dei 14 mila italiani che sono diventati sieropositivi lo scorso anno, 3.700 vivono in questa regione che, complessivamente, ha poche migliaia di casi in meno dell’intera Germania.

di Benedetta Verrini

L?ombra dell?Aids continua a minacciare Milano e tutta la Lombardia. Diminuiscono i casi di morte, anche grazie a una terapia farmacologica estremamente potente, ma il contagio aumenta. Gli ultimi dati relativi alla Regione parlano infatti di 3.700 nuovi malati su un totale di circa 14 mila casi, la metà residente a Milano: «Tanto per farvi un?idea», spiega il professor Massimo Galli, dell?Istituto di Malattie Infettive e Tropicali della Statale, «la sola città di Milano ha il doppio dei casi di Aids di tutta la Grecia, il doppio di tutta l?Austria. E se contiamo i casi della Lombardia, vediamo che sono giusto 4 mila in meno di quelli censiti nella Germania unita, 2 mila in meno della Gran Bretagna». Non ci sono proprio motivi per abbassare la guardia, eppure gli operatori avvertono una tendenza generale, soprattutto tra i giovani, a pensare che di Aids comunque non si muoia più, perché ci si può curare. Un atteggiamento di superficialità che può costare troppo caro, ha avvertito Rosaria Iardino, la più famosa rappresentante delle persone sieropositive in Italia: «Essere sieropositivi non è come essere semplicemente malati. È vivere buttandosi giù le pastiglie e sperare mese dopo mese che il tuo corpo risponda alla cura». «Dal ?96, i farmaci ?antiretrovirali? hanno bruscamente ridotto il numero dei casi di Aids», spiega il professor Mauro Moroni, direttore dell?Istituto Malattie Infettive dell?ospedale Sacco a Milano, «ma negli ultimi mesi questa tendenza positiva si è arrestata». E fa notare che Milano è una «città sentinella» di ciò che di fatto succede nell?intero Paese. I medici parlano di persone che non si accorgono di essere sieropositive fino a quando non sviluppano una ?manifestazione opportunistica?, oppure quella dei malati che non riescono a seguire con regolarità la terapia prescritta, perché non hanno la costanza o la resistenza fisica per sopportare i farmaci. «Non c?è modo, per adesso, di arrivare all?eradicazione del virus; inutile alimentare false speranze», ha avvertito il professor Moroni, «la conferenza di San Francisco sui farmaci antiretrovirali che si è tenuta poche settimane fa ha indicato come unica strada quella dell??utilizzo strategico? dei farmaci, in modo da creare un cocktail personalizzato che possa andare bene per un lungo periodo. E per lungo periodo si intendono decine d?anni». L?impegno che oggi coinvolge maggiormente i medici è pertanto quello di far convivere i malati con il virus, migliorando il più possibile la qualità della loro vita e il livello di tolleranza ai farmaci, nell?attesa di un preparato che sconfigga del tutto la malattia. Sul versante della prevenzione il problema sembra sempre più legato al cambiamento di mentalità, allo sviluppo di una coscienza responsabile che riduca il più possibile i comportamenti a rischio. Il professor Moroni ha fatto capire che le campagne dei media sono importanti perché riescono a dare alle persone un?idea della portata del problema. Ma non sono in grado di cambiare i comportamenti. Per quello serve l?intervento delle famiglie, della scuola, dei medici di base, in una rete capillare di aiuto e di supporto ai giovani, che si sentono appena sfiorati dal problema, anche se per gli esperti faranno parte di quella ?terza ondata? di malati che si manifesterà tra una decina d?anni. «Per loro non si può più fare una distinzione per categorie ?a rischio?», conclude il professor Galli «questi giovani dovranno fare i conti con una diffusione del virus molto elevata sul territorio, perciò pagano lo scotto di vivere in una zona endemica» Ma da cinque anni il virus è in calo Dal 1982 al primo semestre del 1999 in Italia sono stati notificati oltre 45.000 casi di Aids con un tasso di mortalità del 69%. Il Centro operativo Aids dell?Istituto Superiore di Sanità ha rilevato un aumento dell?incidenza della malattia fino agli anni ?94-?95, per poi registrare una significativa riduzione: le ultime proiezioni rivelano una diminuzione dei casi del 12% rispetto all?anno scorso. In crescita costante è invece il dato che riguarda le donne esposte al contagio: erano il 16% del totale nel 1985, oggi sono il 24,6%. Diminuiscono i casi di Aids provocati dalla tossicodipendenza (67,7% del totale nel 1991, 21,6% nel 1998), mentre sono in aumento i casi di sieropositività per contatti eterosessuali: negli stessi anni di riferimento si è passati da un 9,6% a un 21,6%. I casi di bambini infettati nel nostro Paese restano sotto il migliaio, e nel 95% dei casi il contagio è avvenuto attraverso la madre. Aumento dell?età dei malati: nel l?85 l?età media era di 29 anni per gli uomini e di 24 per le donne, oggi siamo rispettivamente a 38 e 35 anni. Con la Lombardia, le regioni più colpite sono il Lazio, la Liguria e l?Emilia Romagna. L?Anlaids ha creato un centralino, attivo tutti i giorni dalle 18 alle 20, cui rispondono medici e volontari: tel. 02/33608683-02/33608687.


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