Volontariato

Agricoltura speranza del terzo mondo

Ma il protezionismo è l’ostacolo principale allo sviluppo del settore

di Redazione

L?intervento del premio Nobel per l?economia, Kennet J. Arrow nel quarto numero di Atlantide, trimestrale della Fondazione per la Sussidiarietà diretto da Giorgio Vittadini, dal titolo «Un?agenda personale per i prossimi dieci anni», traccia sei punti di una possibile agenda di politica economica per gli Stati Uniti per gli anni futuri. Di seguito un estratto del quarto punto: «Problemi relativi al commercio con l?estero e al flusso dei capitali». Uno dei pochi settori in cui il Terzo mondo può realmente sperare in termini di esportazioni è proprio quello agricolo. Fino ad un certo punto ciò sta avvenendo, specialmente per i progressi nei trasporti o nella conservazione dei cibi e via dicendo, ma il problema maggiore è rappresentato dai sussidi e dal protezionismo che vengono opposti ai paesi del Terzo mondo. Problemi di ugual natura sono sollevati dall?allargamento dell?Europa: le esportazioni agricole, a più basso costo del lavoro, dall?Est Europa verso l?Europa Occidentale stanno originando esattamente lo stesso tipo di protezionismo. Sia le spiegazioni per il persistente deficit della bilancia commerciale degli Stati Uniti, sia le politiche correlate, aprono notevoli difficoltà, intellettuali e operative. Una delle spiegazioni descrive il deficit come contropartita del fatto che gli Stati Uniti sono una piazza migliore per investire i propri soldi, sia per rendimenti che per sicurezza. Ciò nonostante, sento che dovremmo essere preoccupati. Il livello aggregato degli investimenti esteri sta ovviamente crescendo; allora, perché non potremmo avere un?Indonesia negli Stati Uniti? Si immagini che a un certo punto accada un miracolo e l?economia europea cominci a prendere il largo. Può succedere, l?Europa è cresciuta in passato, e quando cresceva, negli anni 60, lo faceva molto più velocemente degli Stati Uniti. Ad un certo punto, l?Europa, o il Giappone, potrebbero diventare piazze molto attraenti per gli investimenti. In tal caso, gli investitori si comporteranno secondo il modello di libera circolazione dei capitali che noi predichiamo e pratichiamo: all?improvviso il capitale estero comincerà ad abbandonare gli Stati Uniti e assisteremo ad una grande fuga dalla nostra valuta. Evidentemente, gli ordini di grandezza sarebbero del tutto diversi dall?Indonesia, ma non vedo perché non potrebbe verificarsi anche qui qualcosa di paragonabile, particolarmente se l?economia fosse in fase di ristagno. Ora come ora, non sono sicuro che si possa fare qualcosa; un atteggiamento possibile è di lasciare che il mercato si occupi del problema quando e se si dovesse verificare. Devo confessare che non conosco politica migliore di questa, ma devo riaffermare che il nostro deficit non è interamente privo di rischio. di Kennet J.Arrow, professore emerito alla Stanford University, California


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