Economia

Agricoltura sociale, la legge che esclude le coop sociali

Ripresa la discussione in seconda lettura al Senato. Giuseppe Guerini, portavoce dell'Alleanza delle cooperative sociali: «Il testo va emendato, così com'è taglia fuori proprio chi si occupa del reinserimento dei soggetti fragile attraverso l'agricoltura»

di Redazione

È ripreso oggi pomeriggio dopo uno stallo che durava dallo scorso gennaio in commissione Agricoltura al Senato il dibattito sulla legge sull’agricoltura sociale (in allegato il testo della norma approvata in prima lettura alla Camera). Un disegno di legge molto atteso dalla cooperazione sociale, ma che se il testo non verrà emendato, «rischia di essere largamente deludente», attacca il portavoce dell’Alleanza delle cooperative sociali, Giuseppe Guerini.

 

 Cosa non le piace?
Il  comma 4 dell’art. 2 prevede per le cooperative sociali la possibilità di essere riconosciute come agricoltura sociale solo se il fatturato derivante dall’esercizio delle attività agricole sia prevalente o comunque sia superiore al 30%. In questo modo sarebbero escluse tutte quelle attività svolte dalle comunità di accoglienza di tossicodipendenti, dai centri per l’inclusione sociale dei disabili e per le persone con problemi di salute mentale. Infatti in questi casi, la parte di fatturato derivante dalle attività di agricoltura sociale è limitata rispetto al complesso delle attive sociali, sanitarie e riabilitative svolte per conto delle amministrazioni pubbliche.

Voi cosa proponete?
Di eleminare il vincolo del 30%. L’attività agricola sociale è tale anche se rappresenta una quota inferiore del fatturato di una coop. Mi sembra evidente questo. A meno che non si voglia fare dell’agricoltura sociale una riserva esclusiva per quegli agricoltori che si trovano in condizioni di difficoltà economica. Che vanno aiutati, ci mancherebbe. Ma con altri e più adeguati strumenti. E invece da questo punto di vista noto che anche al ministero dell’Agricoltura ci sono ancora troppi malintesi o non detti.

Che vantaggi darebbe il riconoscimento di attività agricola sociale, in altre parola perché vi interessa essere della partita?  
Pensi a una comunità che gestisce un centro per chi esce dagli ex opg in val Brembana e fa lavorare i malati psichiatrici in attività di manutenzione di territorio montano che altrimenti sarebbe abbandonato a se stesso.  Mi chiedo: perché una realtà di questo tipo non deve poter accedere ai finanziamenti previste dal piano di sviluppo rurale.

Perché l’occupazione principale non concerne l’agricoltura, ma il reinserimento sociale, potrebbe ribattere qualcuno…
E io sono d’accordo. Infatti la nostra proposta è quella di riconoscere le agevolazioni in modo proporzionale rispetto al peso che l’attività agricola sociale ha per l’impresa che stiamo considerando. Del resto sarebbe paradossale che mentre con la legge di riforma del Terzo settore, cerchiamo di rendere più sociale un pezzo di economia for profit, in questo settore cacciamo fuori dalla porta chi ha gli strumenti per rendere più sociali le aziende agricole. 

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