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Agenzia, che peccato! Ma di chi è la colpa?
Un'esperienza iniziata con tante speranze
di Redazione
Era nell’aria. Il professore, ossia Stefano Zamagni, me lo aveva anticipato quando gli chiesi di entrare nella giuria dell’Italian Fundraising Award 2012, i nuovi premi istituiti dal Festival del Fundraising per celebrare il Fundraiser, il Volontario, il Donatore dell’anno. Mi disse: «Ben volentieri ci sarei, ma probabilmente a maggio non ci sarà più l’Agenzia!». Beh, caro professore, aveva ragione. Nessuno come lei ha fatto tanto per il terzo settore, e ha fatto funzionare (con grandissime difficoltà, dovute alla mancanza di budget e alla mancanza di potere) anche l’Agenzia. Sotto la sua guida è nata una rivista, una serie di documenti importanti, tante relazioni e rapporti e soprattutto un’infaticabile “voce”, che ha fatto migliaia di chilometri per promuovere la cultura del non profit. Un bello scatto, non c’è che dire. Ma il problema è che quando un ente non ha un budget di spesa, e soprattutto ha il potere di dare solo pareri «facoltativi e comunque non vincolanti» sulle problematiche onlus… c’è ben poco da fare. Non conti nulla. E allora, tranne il motivo “educativo” (e in questo Zamagni è un campione), ti rimangono ben poche frecce al tuo arco.
Il ministro Fornero, nell’annunciare la chiusura, dice: «O qua la si trasforma in Authority ? e oggi non è possibile ? o tenerla così in vita, senza potere e senza budget, non serve a nulla. Meglio chiudere».
Francamente, come si fa a darle torto? Peccato. Un’esperienza iniziata con tante speranze e ahimè conclusa in modo inglorioso. Il terzo settore italiano ha un bisogno grande di watch dog, cioè di quegli enti “cani da guardia”, come dicono gli americani, che in modo indipendente ed efficace producano il necessario sistema di certificazione dei risultati delle non profit che così tanto manca in Italia. Oggi, nel nostro Paese, non c’è nessun ente in grado di farlo con la necessaria autorevolezza.
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