Famiglia

Afrim sul gommone dei profughi bambini

Se l’obiettivo dei clandestini adulti è chiedere asilo politico e raggiungere il Nord Europa, ai piccoli basterebbe avere un letto dove dormire, e magari poter imparare un lavoro.

di Luisa Young

A Otranto i gommoni carichi di persone continuano a scivolare sul mare. Ogni notte in media arrivano ottanta clandestini, soprattutto minorenni. Afrim, per esempio, viene dal Kosovo. Lo incontriamo domenica 27 settembre. Riccioli d?oro raccolti in un codino, ha solo diciassette anni. Per lui la crescita è solo un altro lusso da rincorrere. Ci aveva già provato, a venire in Italia, dopo che la polizia serba aveva bruciato la sua casa. Ma appena tornato in Kosovo è stato rimesso su un gommone ed è tornato qui, nello stesso porto, con la speranza di rimanerci, in Italia, questa volta. Afrim sbuca da una piccola finestra di uno dei quattro container del porto. È qui che i clandestini sbarcano dai gommoni. Qui, dove le autorità effettuano i controlli e l?identificazione dei disperati che vengono dal mare. La logica dell?individuazione e dello smistamento dei clandestini è come quella della raccolta differenziata dei rifiuti. In un container si raccolgono le informazioni necessarie all?identificazione, in un altro ci vanno donne e bambini, negli altri due gli uomini. Ma la ripartizione può cambiare, soprattutto quando sono in tanti ad arrivare e ci si arrangia come si può.
Chi viene dall?Albania viene respinto, immediatamente, gli altri sono smistati secondo le nazionalità. Accanto ai prefabbricati c?è anche un piccolo pronto soccorso per le necessità. Afrim racconta di essere scappato, che la sua casa è andata in fiamme. Per lui il Bel Paese è la sola possibilità di avere un futuro. In italiano stentato dice che vorrebbe stare qui, apprendere un mestiere, qualunque cosa, ma non tornare indietro perché al suo paese non ha più niente. E così da quattro giorni aspetta di sapere quale sarà la sua destinazione.
Dentro il suo container ci sono solo posti a sedere, qualche panchina e un bagno. Forse non si possono definire dei lager, ma non si devono neanche scordare i disagi e le sofferenze subite dai clandestini l?estate scorsa. Le condizioni igieniche non sono delle migliori, la puzza di abiti bagnati e asciugati sul corpo è sempre nell?aria, una traccia inconfondibile della loro provenienza.
Questi container sono l?unica presenza dello Stato, perché la gestione dell?accoglienza dei clandestini è stata affidata al volontariato laico e cattolico della Puglia. A novembre i container del porto verranno smantellati e trasferiti nell?ex mattatoio di Otranto, già in parte ristrutturato. Con molta gioia dei volontari che si danno da fare ogni giorno (e ogni notte) per rendere accettabile la loro attesa nei centri di permanenza istituiti dalla nuova legge e che da mesi chiedono lo smantellamento dei container. Nel nuovo centro, infatti, gli albanesi potranno essere ospitati temporaneamente in condizioni migliori. Per ora in Puglia i centri di permanenza sono quattro: Francavilla Fontana, l?ex carcere in provincia di Brindisi e poi Bari, nell?aeroporto militare di Palese, dove le immagini delle roulotte strapiene di persone sotto un sole cocente l?estate scorsa hanno fatto il giro del mondo.
A Lecce, invece, i centri sono due: ?Regina Pacis?, che è stato aperto nel marzo del ?97, è gestito dalla Caritas e diretto da don Cesare Lo Deserto, segretario del vescovo della città e ?Lorizzonte? gestito dall?associazione Movimondo. Al Regina Pacis ci sono i profughi curdi che vengono dall?Iraq e dalla Turchia. Ne sono passati a migliaia e in media ci sono sempre 350 immigrati. Ora l?affluenza è tale da temere che da un momento all?altro possa scoppiare il caos. «La legge del marzo ?98 non ha cambiato le cose», afferma con amarezza don Cesare, «perché questa è una legge senza ancora un regolamento (le norme attuative – ndr), quindi è una legge a metà. Le popolazioni si spostano perché sanno che c?è qualcuno pronto ad accoglierli.
La mafia organizza i viaggi e propone ?pacchetti? interessanti, una specie di formula da ipermercato: prendi due e paghi uno. Per arrivare dall?Iraq in Italia ci vogliono seimila dollari, cinquemila per arrivare in Albania, altri 1000 per arrivare nel Salento. Chi sborsa questa cifra ha diritto a provarci due volte nel caso venga respinto. Quelli che arrivano qui hanno due obbiettivi: chiedere asilo politico e raggiungere il Nord Europa».
La maggior parte degli ospiti del Regina Pacis ricevono un permesso di soggiorno provvisorio e aspettano di essere ascoltati dalla Commissione ministeriale che deve rilasciare l?idoneità per lo status di rifugiato politico. Poi ,come sempre, la maggior parte di loro si disperderà in Europa e solo una minoranza rimarrà in Italia.
Al centro lavorano i volontari e gli obbiettori di coscienza dell?associazione Regina Pacis. Qui assistono gli immigrati, si prendono cura di loro, distribuiscono vestiti, cibo e affetto.
Per ogni ospite il ministero degli Interni ha disposto una retta giornaliera di 30 mila lire, ma i costi sono molto più alti e per soddisfare le esigenze primarie degli abitanti del centro bisogna ricorrere alle donazioni, alla generosità dei volontari, della Caritas. Ma spesso chi lavora qui gratuitamente fa anche da cuscinetto fra le deficienze delle istituzioni e le aspettative dei clandestini che non possono uscire dal centro e devono essere sempre sottoposti a un controllo. Mediando sempre fra i sentimenti di speranza e la dura realtà.
A Lecce, oltre a molti zingari, sbarcano immigrati da Iran, Afghanistan, Egitto, Marocco, Pakistan, Kosovo, Congo, Bangladesh, Romania, Sri-Lanka, Palestina, e da un mese anche dalla Cina. Seguendo le rotte districate dall?organizzaione che gestisce il traffico di clandestini, il mese scorso è sbarcato un gruppo di cinesi che è stato affidato al centro Lorizzonte. Qui, grazie a un felicissimo matrimonio fra l?inventiva dei volontari e la sensibilità degli enti locali, è nato un centro che ogni giorno progetta nuove forme per migliorare l?assistenza e l?eventualità di inserimento lavorativo. Lorizzonte è nato il 29 luglio in concomitanza con l?ondata di arrivi di agosto grazie a un moderato contributo della Provincia, di venti milioni. Può ospitare 250 persone e infatti oggi ce ne sono 240.
Gli ultimi arrivati vengono dal Kosovo e sono appena sbarcati. C?è anche un campo da gioco dove squadre interrazziali giocano a calcio. Spesso, però, scoppiano liti a causa delle differenze religiose. Ma volontari e obbiettori riescono a mantenere il fragile equilibrio di questa piccola Babele.
A Lorizzonte ci sono anche sei minori non accompagnati; per loro è stato pensato un laboratorio dove si fanno lavori di falegnameria, produzione di giocattoli in legno, dipinti di vetro, restauro, carta pesta. Ora Afrim vorrebbe poter stare nel laboratorio, partecipare ai corsi di formazione, invece rimane qui al porto, custodito da qualche finanziere.
I suoi compagni lo guardano e tacciono. Nessuno ha molto da dire. Al massimo, esprime il terrore di essere rimandati a casa, la paura di dover tornare da capo, la speranza di fuggire da qui, da questi abitacoli tristi e angusti. Mentre ci saluta, lo sguardo di Afrim si spegne ancora nel mare, quel mare che forse fra qualche giorno lo riporterà a casa, dove nessuno lo aspetta.

A Lecce un centro pilota per i baby profughi

I minori non accompagnati che sbarcano dai gommoni via Albania sono sempre più numerosi, ma non esiste nessuna legge specifica che li tuteli. Fino a oggi infatti le autorità hanno fatto riferimento alle norme esistenti per i minorenni italiani. Quindi i più fortunati vengono affidati ai responsabili dei centri di accoglienza, mentre gli altri finiscono negli istituti a fare compagnia ai minori abbandonati italiani. Così all?associazione Movimondo di Lecce è venuta un?idea: fondare un centro pilota per minori stranieri e varare una legge specifica sugli immigrati stranieri che permetta di non metterli in istituto.
Per questo, grazie all?appoggio del ministero degli Affari sociali e degli enti locali della Regione Puglia, a Lecce sta per nascere il primo centro pilota per minori stranieri. Qui i minorenni stranieri potranno imparare un mestiere, studiare l?italiano, partecipare a corsi di formazione e prepararsi ad avere un futuro. L?associazione Movimondo potrà contare infatti sulla rete regionale di tutti i comuni della Provincia e offrire ai minorenni stranieri servizi socio-sanitari, l? assistenza psicologica e l?esperienza degli assistenti sociali degli uffici minori già esistenti. Così, i minorenni sbarcati e in attesa di rimpatrio, ricongiungimento familiare o affidamento a una famiglia italiana, non finiranno con l?ingrossare le file degli istituti, ma potranno essere seguiti adeguatamente da educatori e operatori del settore. A Lecce i volontari di Movimondo aspettano solo l?ok del ministero Affari sociali. Hanno già individuato gli spazi, i progetti, e il locale da affittare. Anche perché bisogna prepararsi ad affrontare la realtà. Gli scafisti interrompono i loro viaggi solo quando il mare è troppo grosso, e appena ci sono le condizioni riempono i gommoni di persone, donne, uomini e molti minorenni. Questi, quando arrivano in Italia, negano di avere una famiglia per non essere rimandati indietro e vengono affdati ai volontari, ma non potendo ottenere un permesso di soggiorno, rimangono parcheggiati nei centri.

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