Formazione
African Far west
Il burkina faso come la guinea fanno da piattaforme di transito. Costa dAvorio, Liberia, e sino a ieri anche Sierra leone, sono Paesi destinatari.
«è successo attorno alle 7.15-7.30. Ero sul punto di uscire per lavarmi i denti quando all?interno del cortile una granata è esplosa fra la gente. Ho visto cadaveri ovunque, immersi in un bagno di sangue. Una donna urlava chiedendo aiuto, con lo stomaco squarciato e gli intestini penzolanti. è stata la peggiore esperienza della mia vita».
Così, uno sfollato liberiano di 37 anni ha descritto ai membri di Human rights watch (Hrw) quella terribile mattina del 21 luglio 2003 quando, nel corso della loro terza offensiva su Monrovia per cacciare il presidente Charles Taylor, i ribelli del Lurd (Liberian united for riconciliation and democracy) devastarono a colpi di mortaio una scuola di Newport Street, nel centro della capitale liberiana, uccidendo almeno 12 persone.
Dall?Ucraina a Conakry
Poche settimane prima del tragico fatto, il 30 giugno 2003, un aereo della compagnia ucraina Lviv Airlines era atterrato all?aeroporto di Conakry, la capitale della Guinea, un Paese frontaliero della Liberia. Il carico dell?aereo, giunto dall?Ucraina via Teheran (Iran) e Bengasi (Libia), era ufficialmente composto da 5mila vestiti e 1.700 pezzi di apparecchiatura tecnica destinati al ministero della difesa Guineano.
Nulla di strano all?apparenza, se non che testimoni oculari contattati da Hrw, hanno dichiarato che il carico della Lviv Airlines conteneva «munizioni per armi di piccolo calibro, (7,62 mm) e granate di mortaio da 60 mm di fabbricazione iraniana». Il carico sarebbe poi giunto nel mese di luglio «in Liberia per approvvigionare il Lurd», ormai a corto di munizioni.
Non si sa se la scuola di Newport Street è stata colpita dalle granate di mortaio giunte in Guinea il 30 giugno. Ma se si pensa che gli stessi ribelli del Lurd hanno giudicato «l?assistenza del ministero della Difesa della Guinea essenziale per la terza offensiva su Monrovia», l?ipotesi non è da scartare.
Di sicuro, con questo rifornimento la Guinea si è resa protagonista di una doppia violazione: la prima nei confronti dell?embargo sulle armi imposto nel marzo del 2001 dal Consiglio di Sicurezza dell?Onu alla Liberia, «compreso gli attori non statali come il Lurd»; la seconda contro la moratoria siglata ad Abuja (Nigeria) nel 1998 dai 15 Paesi della Cedeao (Comunità economica degli Stati dell?Africa occidentale) per ridurre la proliferazione e la circolazione delle armi leggere nella sotto-regione.
Ma proprio per un intervento della Cedeao si è consumata l?uscita di scena dell?ex presidente Charles Taylor. Bisogna tornare all?estate 2003, in una Monrovia allo stremo. Era l?8 agosto: le forze di pace della Cedeao sequestrarono all?aeroporto di Robertsfield 22 tonnellate di armi, tra cui mortai, lanciarazzi e 11 tonnellate di munizioni per armi di piccolo calibro. Un rifornimento militare illegale giunto in Liberia per via aerea dalla Serbia e destinato agli accoliti di Taylor per respingere i ribelli del Lurd.
«Se questo carico non fosse stato intercettato», afferma un esponente di Human rights watch, «il riapprovvigionamento delle forze governative di Taylor avrebbe potuto sprofondare Monrovia in una guerra totale». Ma privo di risorse militari, l?ex presidente liberiano fu costretto ad esiliarsi in Nigeria l?11 agosto 2003.
Servono gli embarghi?
«L?esempio della Liberia», ha sottolineato Lisa Misol di Human rights watch, «dimostra che, se realmente applicati, gli embarghi sulle armi sono efficaci». Sarà. Ma intanto non tutti i Paesi colpiti da guerre civili e coinvolti in traffici di armi leggere (vedi la Costa d?Avorio) sono sottoposti ad embargo.
«In realtà», spiega Claudio Gramizzi, un esperto del traffico di armi leggere del Grip (Gruppo di ricerca e d?informazione sulla pace e la sicurezza), «il caso liberiano è stato risolto militarmente con le offensive del Lurd e del Model, poi per volontà della comunità internazionale, pronta a sbarazzarsi di un personaggio troppo scomodo per un Paese sull?orlo di una gravissima crisi umanitaria».
Paradossalmente, sarebbero le armi consegnate dalla Guinea al Lurd – dixit la circolazione di armi leggere – ad aver messo fine nell?agosto del 2003 al regno di terrore di Taylor e a una guerra civile liberiana che tra il 1989 e il 2003 ha fatto oltre 200mila vittime, decine di migliaia di rifugiati e un milione di sfollati.
Sulle origini e le conseguenze dei danni inflitti dal traffico di armi leggere a Monrovia nell?estate 2003, così come nel resto dell?Africa occidentale, gli esperti rimangono solitamente unanimi: regimi corrotti, crisi economiche strutturali, sistemi educativi allo stremo, carestie, epidemie e malattie a profusione, nonché una giustizia assente conducono ad odii e violenze identitarie che alimentano traffici d?armi di ogni tipo.
Sul numero di armi leggere presenti in Africa occidentale, i pareri sono discordanti. L?Onu ne conta tra 7 e 8 milioni, una stima giudicata eccessiva dall?organizzazione internazionale Small arms survey (Sas), il cui ultimo rapporto asserisce, in controtendenza, che accordi di pace e programmi di disarmo condotti negli ultimi anni dalla comunità internazionale «hanno consentito ai governi di recuperare molte armi leggere», riducendo così i conflitti armati.
Scandalo Burkina Faso
In Africa occidentale, tutti i Paesi sono rimasti coinvolti nel traffico di armi leggere, ma non tutti vi hanno partecipato allo stesso modo. Prendiamo il Burkina Faso, tra le poche nazioni stabili della regione e tra i pochi a produrre armi sul continente, in violazione con la moratoria della Cedeao (1998). Questo per lo meno il giudizio di un gruppo di ricerca dello Pcased (Program for coordination and assistance for security and development in Africa) in seguito a una visita compiuta nel 2000 a Ouagadougou presso la Cartoucherie voltaïque, un?officina dove vengono prodotte munizioni di calibro inferiore ai 12,7 mm . Nel suo rapporto, il Pcased non esitò a denunciare un ritmo di produzione pari a quello riscontrato durante le ispezioni degli anni precedenti.
In realtà, le attività produttive del Burkina Faso sono quasi insignificanti rispetto alle sue attività di transito. Approfittando della proliferazione dei conflitti armati in Africa subsahariana, il Burkina del presidente Blaise Campaoré è sorto negli anni 90 come una vera e propria piattaforma per la circolazione di armi leggere giunte dall?ex blocco sovietico e destinate a movimenti ribelli attivi in Paesi instabili, ma ricchi di risorse minerarie. Si inizia tra il 96 e il 98 con l?Unita di Jonas Savimbi (Angola): in cambio di armi, il regime burkinabé recuperava diamanti per finanziare campagne elettorali o coprire spese di prima necessità dello Stato.
Dal 1999, il Burkina fece affari illeciti con un altro gruppo ribelle condannato dalla comunità internazionale. Questa volta, in Sierra Leone, con il Ruf (Revolutionary united army) di Foday Sankoh, via la Liberia di Taylor.
«Il sostegno di Campaoré», sostiene un rapporto del Grip, «era indispensabile, sia per la Liberia che per i combattenti del Ruf, entrambi colpiti da un embargo internazionale sulle armi».
Così, in cambio di diamanti, il Burkina acquisiva armi dall?Est Europa attraverso certificati di utilizzo finale burkinabé per consentire spedizioni illegali in Liberia, e successivamente in Sierra Leone. Il sistema permetteva inoltre l?uscita e il ?riciclaggio? di oltre il 40% dei diamanti provenienti dalle zone controllate dal Ruf. A titolo di esempio, nel marzo del 99, un carico di 69 tonnellate di armi e munizioni giunte dall?Est Europa sbarcò agli aeroporti di Ouagadougou e Bodo-Dioulasso, per poi essere destinato a Monrovia. Da lì, una parte del carico finì tra le mani del Ruf.
E dopo la Sierra Leone…
Il bello dell?Africa è che, finita una guerra ne spunta sempre un?altra. Il conflitto della Sierra Leone, iniziato nel 1991, si concluse ufficialmente nel gennaio 2002. Non passano otto mesi, ed ecco esplosa la crisi ivoriana. Una manna per Campaoré che s?investe ufficialmente in Costa d?Avorio in difesa delle migliaia di emigrati burkinabé (che in tutto sono tre milioni) perseguitati dalle forze armate ivoriane e dalle milizie estremiste (Jeunes Patriotes di Goudé, su tutte) finanziate dalla cerchia presidenziale di Laurent Gbagbo.
Nel contempo, a conferma del fatto che «i traffici d?armi sono sempre più difficili da rintracciare perché spesso di piccole dimensioni», come affermato da Johan Peleman dell?Ipis (International Peace Information Service), alle grosse spedizioni si sovrappongono traffici transfrontalieri di qualche centinaia di armi leggere.
Info:
The Usual Suspects. How the Liberian Government supports arms trafficking and mercenary activities in West Africa, pubblicato nel 2003, analizza le implicazioni del governo liberiano nei mercati internazionali illegali di armi leggeri. Il rapporto, realizzato da Global Witness, è disponibile in inglese e in francese sul sito: Global Witness
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