Economia

Africa: scontro Usa e Europa sulle nuove politiche di aiuti allo sviluppo

I ministri delle finanze più potenti del mondo incapaci di accordarsi sugli aiuti da destinare all'Africa

di Joshua Massarenti

Nonostante l’appello del leader africano Nelson Mandela, i Paese più ricchi del mondo sembrano nuovamente incapaci di mettersi d’accordo su come aiutare il continente africano a estirparsi dalla povertà.

I ministri delle finanze dei Paesi più industrializzati riuniti sotto il cappello del “G7” avevano dedicato alla vigiglia dello scorso week end buona parte della loro incontro allo sviluppo e all’Africa, ma senza raggiungere un’intesa che potesse soddisfare le parti. Poco prima della cena, Mandela aveva esortato i ministri a non darsi ulteriori scadenze “perché i poveri continuano a soffrire”. Appoggiando al 100% il Piano Marshall proposto dal Ministro inglese Gordon Brown, Mandela ha invocato “un’azione su tutti i fronti”.

Il Piano Marshall per l’Africa propone un annullamento del debito estero dei Paesi poveri e un raddoppiamento degli aiuti allo sviluppo (da 50 a 100 miliardi all’anno da qui al 2015). Questi aiuti si farebbero tramite un nuovo strumento, detto Facilità finanziaria internazionale attraverso il quale i Paesi ricchi garantiscono i prestiti dei Paesi in via di sviluppo.

Il meccanismo è stato sostenuto dai Paesi europei, ma rifiutato dagli Usa che giudicano l’Iff pone problemi di ordine giuridico. La proposta statunitense consiste piuttosto in sgravi del 100% del debito dei Paesi poveri più indebitati, la maggior parte dei quali africani.

L’annullamento del debito dovrebbe secondo Washington essere accompagnato dalla concessione di doni su un periodo tra i 5 e i 10 anni e di meccanismi destinati a misurare la loro efficacia sul terreno. “Gli Stati Uniti hanno aumentato in modo spettacolare i loro aiuti allo sviluppo” assicura il sotto segretario alle finanze John Taylor, passando da 10 a 19 miliardi di dollari dal 2000 e da 1,1 a 4,6 miliardi di dollari per quanto riguarda l’Africa.

Di fronte alle reticenze americane, Francia e Gran Bretagna non nascondo l’ipotesi di andare avanti con da soli unendo le proprie iniziative, quella di Brown e l’idea di tassa internazionale più volte evocata dal presidente francese Chirac.

Di fronte a questa nuova impasse politica, le Ong hanno lanciato un nuovo ultimatum. Questa volta è toccata all’Ong statunitense Jubilee USA: “Il tempo del discorso, della retorica e dei ritardi è giunto al suo termine. Giudicheremo il nostro governo e il G7 alla luce del loro impegno a sostenere un annullamento del 100% del debito multilaterale di tutte le nazioni poveri, senza condizioni devastanti”.

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