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Africa made in China: attenta ai più poveri, non ai dittatori

Tutto quello che abbiamo sempre saputo sulla politica degli aiuti della Cina in Africa è falso: lo dice un nuovo report di AidData, che rivela aspetti poco conosciuti dei progetti di cooperazione finanziati da Pechino

di Donata Columbro

Gli aiuti allo sviluppo della Cina all’Africa non favoriscono i regimi autoritari o corrotti, come i governi d’Occidente hanno sempre sostenuto. Lo rivela uno studio pubblicato da AidData dal titolo Apples and Dragon Fruits: The Determinants of Aid and Other Forms of State Financing from China to Africa, insieme a un database che traccia più di 94 miliardi di dollari di fondi cinesi a cinquanta paesi africani tra il 2000 e il 2013. Secondo i ricercatori del College of William & Mary, della Heidelberg University e di Harvard, quindi, tutto quello che abbiamo sempre saputo sulla politica degli aiuti della Cina in Africa è falso.

Anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, durante il suo ultimo viaggio in Africa, ha parlato della Cina contestandone la pratica di versare flussi di denaro verso quei paesi da cui può ottenere risorse minerarie. “Le relazioni economiche tra due paesi non riguardano solo la costruzione di infrastrutture o l’accaparramento di materie prime”, aveva dichiarato Obama.

Ma i dati raccolti dai ricercatori di AidData raccontano un scenario differente.

Per esempio, in Liberia la Cina ha finanziato l’installazione di semafori a energia solare nella capitale Monrovia e anche la costruzione di un centro per la prevenzione della malaria. In Mozambico, tra i progetti cinesi c’è una scuola per le arti visuali a Maputo. In Algeria ha finanziato la realizzazione di un teatro dell’opera da 1400 posti. Durante la crisi del virus ebola la Cina ha anche mandato centinaia di operatori sanitari nei paesi più colpiti dell’Africa occidentale e organizzato corsi di formazione per 1600 infermieri e medici locali.

Su 2647 progetti registrati sul sito dal 2000 al 2012, solo 74 riguardano l’estrazione mineraria, e 140 sono progetti legati all’energia. La maggioranza dei finanziamenti è andata a progetti per migliorare la vita della popolazione in termini di assistenza sanitaria:


La prima causa di confusione nell’identificare obiettivi e scopi dei finanziamenti sta nella difficoltà nel differenziare tra aiuti nel senso stretto del termine (quelli identificati dall’Ocse come Oda, Official development assistance) e altre forme di assistenza finanziaria. Pechino peggiora la situazione rilasciando dati scarsi e poco afffidabili: questo ad alimentare le speculazioni sulle sue intenzioni in Africa rendendo difficile la verifica delle informazioni.

La Cina infatti non pubblica i dati secondo le classiche categorie dell’Ocse, nè rilascia sistematicamente informazioni sui progetti o sui suoi finanziamenti bilaterali. Per il rapporto quindi i ricercatori si sono affidati al database di Aid Data, che include 2647 progetti in 50 stati diversi nel periodo dal 2000 al 2012.

Nel report si sfatano altri miti. Per esempio, che diversamente a quanto si è sempre creduto, la Cina non privilegia regimi autoritari o “stati canaglia” nella sua allocazione degli aiuti. Un’analisi degli Oda (aiuti allo sviluppo ufficiali) rivela che la Cina non ha interessi commerciali diretti nei paesi in cui realizza più progetti di cooperazione, anzi i flussi di aiuti sono orientati verso i paesi più poveri, e le decisioni di Pechino si rifanno a reali bisogni umanitari (nella mappa, navigabile qui, il colore rosso indica la percentuale di popolazione che vive con meno di 2$ al giorno, i pallini indicano i progetti):

Rispetto alla percezione che gli aiuti cinesi siano incanalati verso paesi corrotti e ricchi di risorse, i dati indicano il contrario. Piuttosto, nei confronti di questi governi, sono più orientati a creare partnership commerciali e concessioni di prestiti.

In sostanza, il modo in cui la Cina fornisce aiuti ai paesi in via di sviluppo, assomiglia a quello dei donatori dell’Occidente.

Un aspetto “divergente” segnalato dai ricercatori riguarda la politica di allineamento nel voto all’assemblea generale dell’Onu: quando i paesi africani votano allo stesso modo della Cina, o si allineano alle posizioni della Cina nel lungo periodo, tendono a ricevere più aiuti allo sviluppo da Pechino.

Il discorso del presidente cinese Xi Jinping all’Onu

Durante l’assemblea generale dell’Onu di settembre Xi ha annunciato un nuovo impegno di due miliardi di dollari per la creazione di un fondo per l’aiuto allo sviluppo dei paesi più poveri, insieme alla promessa di cancellare debiti in scadenza nel 2015.

Nel suo discorso Xiha sottolineato come la comunità internazionale debba considerare l'agenda di sviluppo post 2015 come un nuovo punto di partenza per "cercare uno sviluppo congiunto e creare partenariati di mutuo vantaggio". La Cina continuerà ad aumentare gli investimenti nei Paesi più arretrati per raggiungere una cifra di 12 miliardi di dollari nel 2030.

Anche in questo ambito, le motivazioni dell’aiuto allo sviluppo cinese assomigliano molto a quelle dell’occidente.

In totale, la Cina ha impegnato 31,5 miliardi di aiuti pubblici all’Africa tra il 2000 e il 2013, circa 2,25 miliardi all’anno. Gli Stati Uniti però hanno inviato tre volte di più: 92,7 miliardi dal 2000 al 2013, quasi 6,62 miliardi per anno.

E secondo un sondaggio di Gallup sull’opinione degli africani nei confronti delle leadership statunitensi e cinese, l’impegno americano è particolarmente apprezzato:

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