Non profit

Afghanistan, italiani in prima linea

Sì all'invio di altri mille militari a Kabul entro il 2010

di Franco Bomprezzi

L’Italia si allinea a Gran Bretagna e Spagna nell’invio di nuove truppe in Afghanistan, mille militari entro la fine del 2010. Una decisione forte che viene analizzata e commentata dai giornali di oggi.

“Sì ai rinforzi italiani in Afghanistan” dice il CORRIERE DELLA SERA nel titolo sopra l’editoriale di Franco Venturini (“Una prova di maturità”). La notizia: «Altri mille soldati saranno inviati a Kabul entro la fine del 2010. Il via libera arriva dal governo dopo la richiesta americana. Da gennaio l’invio dei militari. Decisa anche la data di ritiro delle truppe: 2013. La Casa Bianca: grazie per il contributo». La valutazione del quotidiano milanese è molto positiva. Scrive Venturini: «Se Obama si aspettava una corale adesione dei principali alleati atlanti­ci alla sua richiesta di in­viare rinforzi in Afghanistan, deve essere rimasto deluso. La Germania non prenderà deci­sioni prima della conferenza di Londra di fine gennaio. La Francia potrebbe aumentare, e non è sicuro, soltanto il nume­ro degli addestratori. I soldati turchi continueranno a non partecipare a operazioni di combattimento. Tanto più degno di nota di­venta allora il ruolo di avan­guardia che l’Italia (assieme al­la Gran Bretagna e alla Spagna) ha deciso di assumere. Nelle at­tuali condizioni strategiche e fi­nanziarie mille uomini in più entro la fine del 2010 non sono poca cosa, anche se lo sforzo sa­rà compensato da rientri di mi­litari dal Libano e dai Balcani». E ancora: «Karzai farà la sua parte in maniera finalmen­te dignitosa (ieri ha detto di essere disposto a parlare anche con il mullah Omar), Olanda e Canada rivedranno le loro decisioni di ritiro rispettivamente nel 2010 e nel 2011, non risulterà destabilizzato il Pakistan con le sue atomiche, non ci metterà lo zampino il confinante Iran che continua a non stringere la mano tesa americana? È una scommessa, appunto, ma al punto in cui era Obama non poteva fare altro. E anche l’Italia, nella misura del suo contributo, non ha voluto fare altro, aspettare, pensarci su, ti­rarsi indietro. Il messaggio è chiaro, ed è positivo: tra alleati, in avanti o indietro, ci si muove uniti».

LA REPUBBLICA apre sulle decisioni del Consiglio dei ministri: “In Afghanistan fino al 2013”. Altri mille italiani (il nostro contingente sale così a 3500 unità) mentre l’Europa resta divisa: Francia e Germania non invieranno altri militari. La cronaca alle pagine 2 e 3: il rafforzamento dei soldati servirà per la nuova strategia americana per la stabilizzazione del paese. Non è stato semplice convincere la Lega, ma alla fine ha ceduto alle pressioni del premier e così Frattini e La Russa hanno potuto dare l’annuncio. Dice il primo: «siamo convinti che si debba parlare di strategia di transizione, che ha come prospettiva temporale massima quella del 2013, quando finirà il mandato del presidente Karzai». La Russa invece sottolinea che «l’obiettivo è di arrivare a delineare la nostra presenza in una gestione interamente italiana nella zona ovest del paese. Ma non cambieranno le regole d’ingaggio dei nostri soldati». Per finanziare questo potenziamento, sarà però necessario ritirare forze da altre missioni, Libano e Kosovo. Per Fassino, «l’annuncio a mezzo stampa dell’aumento dei militari è l’ennesima prova che il governo non rispetta il Parlamento». Da New York, Angelo Aquaro descrive le reazioni americane. Ovviamente di apprezzamento: grazie, Italia, dice il portavoce del Dipartimento di Stato. «L’iniziativa italiana permette di segnare un bel punto in più nella partita doppia in cui altri alleati più blasonati per ora latitano». Il riferimento ovviamente è a Germania e Francia. Il commento, affidato a Guido Rampoldi, non lascia dubbi su quel che pensa LA REPUBBLICA; “La lealtà senza strategie”. Scrive Rampoldi: «la politica estera di Berlusconi sembra una sommatoria di scelte episodiche dettate dalla convenienza, speriamo nazionale e non privata, piuttosto che l’attuazione di una strategia coerente».

IL GIORNALE dedica alla guerra in Afghanistan un piccolo box a pagina 14- Il titolo “Altri mille soldati a Kabul”. Mille soldati saranno inviati entro la fine del 2010. «Lo ha detto ieri sera il ministro della Difesa Ignazio La Russa in una conferenza stampa a palazzo Chigi, illustrando le decisioni assunte dalla riunione del Consiglio dei ministri del pomeriggio». Sono anche riportati i numeri che fotografano la situazione. «L’Italia ha attualmente in Afghanistan circa 2400 militari. dovranno partire, come già previsto, altri 200 carabinieri addestratori. Obama ha parlato di inizio ritiro nel 2011». Con questo invio ulteriore di forze l’Italia assume un ruolo di primo piano nello schieramento Nato nel Paese asiatico.

“Mille soldati in più in Afghanistan” è il titolo del SOLE24ORE, che nota anche che l’Italia sta discutendo di una diminuzione dell’impegno in Libano. Sull’Afghanistan «noi abbiamo detto pregiudizialmente sì», ha detto il Cavaliere, alla nuova strategia di Obama. La presenza è concentrata  nella zona Ovest dell’Afghanistan «e l’intenzione», ha detto il ministro La Russa, «è quella di orientare il comando della missione ad avere sempre più autonomamente il controllo e il comando di quella zona». Quanto al Libano, Frattini ha spiegato che «stiamo ragionando con gli alleati sulla possibilità di ridurre il nostro contingente». Al momento ci sono 2.400 militari. «Grande apprezzamento» e «grande soddisfazione» per il contributo aggiuntivo dell’Italia in Afghanistan sono stati espressi dagli Stati Uniti e da Bruxelles (Nato).

“Altri mille in Afghanistan” titola a pagina 8 IL MANIFESTO. E nell’occhiello aggiunge: «Non exit strategy. Il governo italiano primo della classe riceve i complimenti da Obama, “Ma nel 2013 basta”». «La coppia di ministri Frattini-La Russa, esteri e difesa, si è impegnata ieri sera a spiegare alla stampa le modalità di questa che non potendosi evidentemente più chiamare “exit strategy” è stata ribattezzata “transition strategy”» scrive Domenico Cirillo che nel suo pezzo sottolinea la “rapidità” della decisione presa dal governo, anche se «naturalmente, Frattini dice che il governo è disponibile a riferire al Parlamento sulla missione in Afghansitan “appena possibile e quando ci chiamerà”, a cose fatte».

Il titolo in prima di AVVENIRE gioca con la storia: “Kabul 2010, la spedizione dei mille”, ma poi mette solo un breve pezzo di cronaca a pagina 14, senza particolari sottolineature. «Il governo si allinea a Obama» e invierà mille soldati nei prossimi 14 mesi. Frattini spiega che «si tratta di uno sforzo in più, collegato però a una precisa prospettiva temporale», indicata al massimo per il 2013.

“In Afghanistan fino al 2013” è il titolo di apertura della STAMPA.  Il retroscena di Francesco Semprini, a pag. 3, punta l’attenzione sui costi della guerra per gli Usa: «Dati alla mano, i rinforzi costano 2,5 miliardi di dollari al mese, ovvero almeno 195 dollari a contribuente, abbastanza da far raddoppiare la spesa bellica per l’anno fiscale 2010 rispetto al 2009. Secondo il Center for Arms control e Proliferation di Washington così solo nel 2010 l’investimento per la missione sarà pari alla metà di quanto gli Usa hanno speso dal 2001 ad oggi. Cifre enormi che portano a sfondare il tetto dei mille miliardi da quando sono iniziate le guerre in Afghanistan e Iraq gravando sul già pesante debito pubblico, salito quest’anno all’85% del Prodotto interno lordo. Il rincaro arriva inoltre in una fase delicata per l’economia Usa, con una ripresa post-crisi lenta e macchinosa e la disoccupazione oltre il 10%. (…) A farsi strada nei giorni scorsi è stata l’idea di una War Tax – un modo per far pagare ai ricchi e alle grandi corporation il peso dei rinforzi – avallata da influenti democratici, ma osteggiata dal presidente della Camera, Nancy Pelosi che teme le ricadute in termini di consensi per l’impopolarità della misura. (…) a Wall Street si scandisce lo slogan “Finché c’è guerra c’è speranza”. I titoli del settore Difesa e Aerospaziale contenuti nello S&P 500 hanno infatti segnato rialzi sin dalla vigilia dell’annuncio di Obama e il trend pare destinato a proseguire visto che il sottoindice di settore è cresciuto del 75% (contro il +1% di quello generale) da otto anni a questa parte, ovvero da quando Washington ha inaugurato la nuova fase bellica».

E inoltre sui giornali di oggi:

VOLONTARIATO
CORRIERE DELLA SERA – “La lezione dei volontari” parte in prima pagina il corsivo a doppia firma (Giangiacomo Schiavi e Marco Vitale) in occasione della giornata di mobilitazione del volontariato. Il pezzo riecheggia il larga misura l’articolo firmata da Vitale pubblicato sul numero 43 del 6 novembre di Vita magazine. Ecco alcuni dei passaggi più significativi: «Onorare puntualmente il 5 per mille non è dare un’elemosina, ma fare un’operazione vantaggiosa», «anche il volontariato ha difetti da correggere: scarsa managerialità, inquinamento ideologico, frammentazione».

5 PER MILLE/FINANZIARIA
SOLE24ORE – Alla Camera, in Commissione Bilancio, l’esecutivo ha riscritto l’emendamento sullo scudo fiscale, per rispondere alla richiesta della presidenza della commissione di dettagliare le cifre di ciascun capitolo al quale sarà destinato il gettito. Il finanziamento per il 5 per mille è di 400 milioni. Il testo bocciato dalla commissione Bilancio, invece, prevedeva solo le voci (tra cui la  proroga del 5 per mille), senza dettagliare le cifre. Stasera il verdetto.

SOMALIA
AVVENIRE – Giulio Albanese in prima pagina commenta il massacro avvenuto ieri in Somalia, dove un kamikaze si è lanciato su un hotel dove si festeggiava una laurea e ha ucciso 19 persone, tra cui tre ministri, due giornalisti e molti studenti. I ragazzi erano la meglio gioventù somala e frequentavano l’università di Benadir, l’unico ateneo laico della Somalia in cui è possibile studiare medicina. Per Albanese la «mattanza» di ieri dimostra che «la Somalia ha raggiunto il punto di non ritorno e rappresenta il fallimento dell’intero consesso delle nazioni, che attraverso la diplomazia internazionale ha collezionato una interminabile sfilza di inenarrabili fiaschi». Monsignor Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio, ha detto che «la comunità internazionale deve passare dalle dichiarazioni di principio ai fatti» ma a proposito dell’avanzata degli shabaab dice «non hanno conquistato il cuore e le menti dei somali, la popolazione ha accettato la loro presenza perché assicurano un minimo di ordine, ma non è sostenitrice del loro progetto politico».

IMMIGRATI
LA REPUBBLICA – “Milano boom di annunci razzisti «Affittasi, ma non agli stranieri»”. Doppia pagina per raccontare come i proprietari di case nel capoluogo lombardo siano stati contagiati dalla discriminazione (irrazionale perché in genere gli stranieri pagano con maggiore puntualità il canone). Lo stesso accade per i datori di lavoro che pubblicano annunci solo per italiani. In realtà il messaggio qui è strumentale: significa se ti assumo, o straniero, devi essere disposto a prendere meno. La legge non sanziona gli inserzionisti ma solo chi pubblica le inserzioni razziste. Sotto processo il direttore di Portaportese, settimanale romano di annunci. La sentenza che lo riguarda farà scuola.

LA STAMPA – “La paura moltiplica gli extracomunitari”, è il titolo: «Sono il 6,5% ma gli italiani pensano siano il quadruplo». «Ma quanti sono gli immigrati nei Paesi occidentali? Una quantità enorme: almeno il 24 per cento della popolazione nei Paesi europei, il 35 per cento negli Usa e addirittura il 37 per cento in Canada. Eccolo il fondamento su cui poggiano tutte le paure per gli stranieri: sono troppi. Questi dati, beninteso, sono falsi, ma sono quelli che le rispettive popolazioni di qua e di là dell’Atlantico pensano che siano, secondo il rapporto «Trasatlantic Trends: immigration 2009» realizzato dal German Marshall Fund e dalla Compagnia di San Paolo, e presentato ieri a Roma nella sede dell’Istituto Affari Internazionali. Nella realtà, tanto per dire, negli Usa gli immigrati sono il 13% della popolazione, nell’affollato Canada il 20% e in Europa superano il 13% solo in Germania (13,4%). In Italia sono «appena» il 6,5%, ma la cosiddetta gente, cioè l’opinione pubblica, ha una percezione talmente enfatizzata dal fenomeno che crede che siano il quadruplo. Da questo errore fondamentale derivano tutte le perplessità e le paure, di frequente alimentate anche dalla politica che punta a tradurre le fobie in consenso elettorale. E’ talmente vero tutto questo, che l’approccio nei confronti dell’immigrazione è diametralmente opposto tra destra e sinistra. L’immigrazione più che una risorsa è un problema, in Europa, per il 35% di chi è di sinistra ma per il 65% di chi è di destra. Negli Usa il rapporto è analogo: il 48% per i democratici e il 73% per i repubblicani».

AMBROGINO D’ORO
AVVENIRE – Ritratto e storia di Peter Bayuko Konteh, scappato dalla Sierra Leone nel 1993, che riceverà l’Ambrogino d’oro. A Milano aveva fondato l’associazione Microcammino e dal 2008 è governatore del distretto di Koinadugu.

CARCERE
LA REPUBBLICA – Mentre emerge la verità sul caso Cucchi, un’altra morte dietro le sbarre. Un uomo di 39, tossicodipendente e sieropositivo, è morto d’infarto all’Ucciardone di Palermo. Aveva rubato due teli da mare ed era dentro da 5 mesi. La richiesta di scarcerazione intoppa nel passaggio dal magistrato di sorveglianza: la condanna diventata definitiva aveva spostato il fascicolo su un altro tavolo. La Procura ha aperto un’inchiesta.

RU486
AVVENIRE – Il governo si rivolge alla Ue, trasmettendo all’Emea il parere di Sacconi circa la compatibilità tra Ru486 e legge nazionale. Un passaggio che l’Aifa ha trascurato e che invece, spiega la Roccella, «è richiesto dalla normativa comunitaria». La Roccella annuncia anche che il ministero è impegnato a «assicurare l’omogeneità del rispetto della 194 su tutto il territorio nazionale», in quanto «il ricovero non riguarda una modalità di erogazione del servizio ma il rispetto di una norma nazionale e non rientra quindi nella competenza delle regioni decidere in altro modo».

HOTEL ISLAMICO
ITALIA OGGI – La crisi finanziaria e i debiti non fermano Dubai. L’emirato e il suo fondo governativo Dubai World si sono buttati su un progetto immobiliare da 5,6 miliardi di euro a Las Vegas che comprende tre Hotel, un grande parco negozi, 27 ristoranti e una collezione d’arte dal valore di 44 milioni. Ma la punta di diamante di questo investimento, scrive il pezzo “Dubai investe  Las Vegas“ è l’Hotel Vdara; una struttura alberghiera futuristica nel design ma sobria nello stile di vita: i clienti infatti, non potranno né fumare né bere. E neppure giocare. Insomma, niente alcol, fumo e roulette nel regno del gioco d’azzardo e dell’eccesso.  Una puntata azzardata dell’Emirato in un albergo dove secondo le loro regole interne non si potrebbe scommettere. 

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