Mondo
Afghanistan, il grido d’aiuto di 80 interpreti della Nato: “Non abbandonateci”
Ottanta interpreti afghani dipendenti della Nato e assegnati all’esercito turco e le loro famiglie sono stati abbandonati sia dalla Nato sia dall’Ambasciata turca in Afghanistan e ora temono le vendette dei Talebani. La testimonianza di Ahmdi, il loro portavoce, raccolta da vita.it
Mentre i leader delle più grandi economie mondiali si riuniscono per il G20 a Roma, dall’Afghanistan arriva un grido d’aiuto, per ora inascoltato. Ottanta interpreti afghani dipendenti della Nato e assegnati all’esercito turco e le loro famiglie sono stati abbandonati sia dalla Nato sia dall’Ambasciata turca in Afghanistan e ora temono le vendette dei Talebani. “Forse siete a conoscenza dell'uccisione di diversi interpreti e dipendenti stranieri da parte dei talebani, nessuno di noi è al sicuro, anche i nostri familiari sono in pericolo”. Così nelle ultime ore ho iniziato a ricevere dei messaggi insistenti e allo stesso tempo veloci da un numero sconosciuto su whatsapp, il prefisso è afghano. Si tratta di Ahmdi, un ex interprete della Nato afghano rimato bloccato nel Paese insieme a un gruppo di interpreti, che in inglese mi chiede se posso scrivere e far girare il prima possibile la loro storia. L’interprete sta infatti cercando disperatamente di attirare l’attenzione dei media internazionali. “Ottanta dipendenti, tra interpreti, cuochi e addetti alle pulizie, della Nato sono rimasti bloccati in Afghanistan”, scrive. Secondo Ahmdi da tempo il gruppo non ha più indicazioni su un possibile piano per la loro evacuazione e sono costretti a nascondersi, senza poter tornare nelle proprie case e anche le loro famiglie sono in pericolo. “Siamo tutti dipendenti Nato – ribadisce Ahmdi – e siamo stati assegnati come interpreti all'esercito turco, lavoriamo per loro dal 2001”.
A tutti loro era stato promesso un piano di salvataggio, ma da tempo non hanno risposte né dalla Nato né dalla Turchia. Ahmdi inizia a raccontarmi la vicenda e a ogni messaggio mi chiede se riesco a raggiungere dei funzionari Nato e possibilmente far girare il loro messaggio affinché lo legga qualcuno che possa aiutarli. “All'inizio di luglio, prima che fosse avviato il programma di evacuazione, ho condiviso la nostra preoccupazione con l'Ambasciata turca e i rappresentanti della Turchia alla Nato. Ci hanno promesso che non ci avrebbero mai lasciati soli” racconta Ahmdi. Quando poi è iniziato il programma di evacuazione, “abbiamo nuovamente espresso la nostra preoccupazione per la nostra sicurezza all'Ambasciata e ai funzionari della Nato”, scrive Ahmdi.
Questa volta, però, “la loro risposta è cambiata, non è la stessa di luglio, ci hanno detto che non hanno un piano di evacuazione dei nostri interpreti”continua Ahmdi. Al momento gli ottanta interpreti e le loro famiglie sono tutti nascosti in luoghi segreti diversi. Per questo Ahmdi è attento a non dare troppi dettagli per non mettere ulteriormente in gioco la sicurezza del gruppo. Pochi giorni fa, Ahmdi ha, però, chiesto ai colleghi di riunirsi in un luogo nascosto, per fare delle foto con degli appelli e registrare dei video messaggi per la Nato, la Turchia e gli Usa da diffondere attraverso i media internazionali. E’ una delle ultime speranze a cui il gruppo è appeso per riuscire a mettesi in salvo e avere finalmente delle risposte dalla Nato e gli alleati.
“Non c’è tempo da perdere, è troppo difficile aspettare, abbiamo paura dei Talebani, potete trasmettere questo messaggio a dei rappresentanti Nato? E’ urgente”, mi chiede ancora Ahmdi alla fine della conversazione.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.