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Afghanistan: bombe Usa sui civili

Un bombardamento americano provoca oltre 100 vittime. Imbarazzo dalla Casa Bianca

di Franco Bomprezzi

Un raid dell’esercito americano fa strage di civili in Afghanistan: oltre cento i morti. Grande imbarazzo della Casa Bianca. Per molti quotidiani è l’apertura di oggi. L’altro tema portante della giornata è la presentazione del Libro Bianco sul welfare.




“Strage di civili in Afghanistan”, titola in apertura il CORRIERE DELLA SERA di oggi. Raid Usa fa più di cento morti. Choc per Obama, scuse dalla Casa Bianca. Il tutto è avvenuto – nota il quotidiano – proprio nel giorno del vertice fra Obama e i presidenti pachistano Zardari e afghano Karzai. In realtà il bilancio delle vittime non è ancora stato appurato definitivamente: i morti potrebbero essere anche 150. Tutti appartenenti a due villaggi del distretto di Bala Boluk, provincia di Farah, Afghanistan occidentale. «Quasi tutti civili, moltissimi donne e bambini uccisi nella notte di lunedì dalla bombe americane». Dall’inizio del conflitto è la più grave strage di non combattenti. «Lunedì si era combattuto tutto il giorno. Arrivata la notte la gente era rientrata nelle case pensando che tutto fosse finito. Invece sono iniziati i bombardamenti Usa. Con un dubbio, avanzato da fonti militari Usa nella notte. Che in realtà la strage sia stata causata da granate usate per la prima volta dai talebani per simulare bombe americane». La Clinton comunque commenta: «siamo dispiaciuti».
“Obama. Lo scopo comune è sconfiggere Obama”, questo il titolo del pezzo di Paolo Valentino che fa il punto sul summit di ieri fra Usa, Pakistane  Afghanistan, in cui Obama ha promesso di «fare di tutto per evitare vittime civili». Ancora il presidente degli Stati uniti: «La sicurezza dei nostri tre paesi è legata e sono contento che questi due leader riconoscano la gravità dle pericolo che abbiamo di fronte: l’obiettivo comune rimane distruggere, smantellare e sconfiggere la struttura di Al Qaeda».

Due pagine di cronaca asciutta, su LA REPUBBLICA, sul raid americano di ieri in Afghanistan: “Raid Usa in Afghanistan, strage di donne e bambini: 100 morti”. Giampaolo Cadalanu ricostruisce la vicenda attraverso le testimonianze locali raccolte dal Guardian e dall’Associated press. Zona di Bala Baluk, zona rossa, una delle due dove è maggiormente impegnato il contingente italiano e dove, si sottolinea, «la responsabilità prevalente è del nostro paese»; per sfuggire ai combattimenti fra Taliban ed esercito nazionale afghano bambini, donne ed anziani si rifugiano nel “villaggio di gerani”, ma i cacciabombardieri Usa spazzano via le case in cui si sono rifugiate. La conferma della strage di civili arriva subito dalla Croce rossa. I verici Usa ci mettono un po’ ad ammertterlo e ad esprimere, per bocca di Hillary Clinton, «profondo rimorso». Questa la conclusione del pezzo di Cadalanu: «l’atteggiamento delle truppe Usa non è cambiato, è rimasto quello del pugno di ferro dell’era Bush e la rabbia causata dal massacro americano potrebbe aumentare i pericoli anche per i nostri soldati».
Mentre in Afghanistan partiva il raid, il presidente afghano, Karzai, era a Whasington insieme a quello pachistano, Zardari, per incontrare Obama.  Paolo Flores D’Arcais dà conto del meeting sull'”Afpak”, che pare («almeno a parole», precisa però) aver soddisfatto tutti. Obama ha richiamato i due a un maggior impegno fattivo contro i gruppi legati ad Al Queda (in ballo per esempio ci sono 7,5 miliardi di dollari di aiuti in Pakistan su cui il Congresso deve votare a giorni), i presidenti, che sanno di essere considerati deboli, hanno accolto con gioia il segnale di una riconfermata fiducia.

IL SOLE 24 ORE  racconta i Raid Usa nella provincia di Farah. Bombardamenti aerei mirati a colpire i taleban ma che, come testimonia la Croce Rossa, sembrano aver più che altro falcidiato la popolazione civile. Nel suo articolo Marco Valsania spiega come la notizia dei fatti per altro investe Obama proprio durante un summit con i leader di Pakistan e Afghanistan volto alla creazione di un «asse» trasversale contro terrorismo ed estremismo. L’esito del summit è stato una dichiarazione di intenti triplice da parte dei tre leader che insieme si sono impegnati alla cooperazione e sostegno nel segnò dell’unità contro Al Qaida  e il terrorismo in generale. Naturalmente però la tragedia afghana ha lasciato non pochi dubbi sulla reale possibilità dell’accordo e ha evidenziato la difficoltà di Obama nel gestire la situazione. Dopo le denunce della Croce Rossa, come sempre, si sono rincorse le dichiarazione di tutti gli attori coinvolti. L’esercito americano fa sapere che il raid è stato chiesto dalle autorità locali perchè sotto attacco taleban, e per voce del comandante in capo, David McKiernan, di non poter confermare che le morti siano vittime del raid e non dei taleban. Da parte sua Croce Rossa risponde che la strage è reale, che è dovuta quasi certamente alle bombe e che nel raid ha perso la vita anche un loro volontario. A questo punto Hillary Cinton fa sapere del rammarico del governo americano mentre Karzai e Zardari fanno sapere che Pakistan e Afghanistan apriranno una inchiesta congiunta sui fatti.
L’unica sicurezza è che la regione di guerra è in una situazione di crisi profonda e che gli americani non sembrano in grado di gestirla.

“Raid Usa in Afghanistan” è l’occhiello in prima pagina de IL MANIFESTO che presenta la foto a colori di un bambino ricoverato “100 morti, il più grave eccidio di civili dall’inizio della guerra” è il titolo del richiamo nella parte bassa della prima pagina. «L’ultima strage di civili “liberati”» è il titolo dell’articolo a pagina 9 di Emanuele Giordana di Lettera22 che ricorda come «Se non fosse stato per il funzionario della Croce rossa (Icrc) Jessica Barry, forse la notizia dell’ennesima strage di vittime civili afgane sarebbe rimasta ancora un po’ nel limbo. In un paese dove muoiono una decina di persone al giorno, che vi siano state una trentina di vittime, come sembrava lunedì pomeriggio, non fa notizia (…)». Viene ricordato che la realtà della strage, tra i 100 e i 150 morti quasi tutti civili emerge proprio mentre Karzai è in visita a Washington e che oltre all’inchiesta afgana ve ne sarà una delle Nazioni unite che «già l’anno scorso fecero, per la prima volta inviando una propria equipe, fecero luce su un altro terribile episodio di macelleria: quello che in una notte di fine agosto era avvenuto ad Azizabad (…) ». La conclusione dell’articolo ricorda le regole perverse della guerra con un apparato che si muove come per forza d’inerzia «E solo una macchina così ha potuto cinicamente pensare di rovinare con una strage l’incontro promosso da Obama con Karzai e Zardai, a Washington nelle stesse ore della carneficina». Nella stessa pagina un box ricorda i precedenti ossia gli 828 innocenti che «il “fuoco amico” ha massacrato».

«L’Afghanistan si conferma il nodo più infuocato e difficile per l’amministrazione Obama». Apre così l’articolo in prima de LA STAMPA sulla strage di civili in Afghanstan. In primo piano le critiche della Croce Rossa dopo il sopralluogo a Gerani, il paese attaccato nella provincia di Farah. I morti sono stati seppelliti in fretta, riferisce LA STAMPA nella pagina di Esteri, ma la portata del disastro e il fatto che tra le vittime ci fosse anche un volontario della Mezzaluna Rossa, ucciso insieme a 13 famigliari, ha apliato l’eco della carneficina fino a Kabul, e al resto del mondo. Un approfondimento del corrisponente negli Usa Molinari racconta il primo giorno del summit trilaterale con i presidenti dell’Afghanistan e del Pakistan, quest’ultimo Paese si è detto pronto a «lavorare insieme come mai avvenuto finora». Neanche tanto velatamente il Pakistan è stato accusato di debolezza dall’amministrazione Usa, ponendo la necessità di «azioni energiche» contro i taleban arrivati a 90 km da Islamabad e talmente aggressivi da far temere per le sorti delle armi nucleari. L’obiettivo del vertice è arrivare a un patto per la ricostruzione degli jihadisti, con la sigla di un trattato per promuovere gli scambi fra Pakistan e Afghanistan , e la ricostruzione civile dell’Afpak la regione che include Afghanistan e Pakistan.

IL GIORNALE titola a pag. 14 “Afghanistan, gli aerei sbagliano: 100 morti”  la sintesi della giornata di ieri nell’occhiello “I talebani attaccano l’esercito afghano e i marines chiedono l’intervento dell’aviazione Usa. Raso al suolo un villaggio: i civili scambiati per terroristi. Kabul: « Massacro inaccettabile»”.  IL GIORNALE  ricorda che  proprio ieri  a Washington  erano presenti  il presidente afghano e quello pakistano  per un vertice con Obama. «Il clima non poteva non essere condizionato dalla strage afghana. Dopo che il sottosegretario Clinton ha espresso profondo dispiacere per la morte  di innocenti, Barack Obama  ha rilanciato  il patto atre con i rappresentanti dei due Paesi». A pag. 15, con richiamo in copertina,  la storia del primo cantante country  e del rap che incita alla guerra santa.

AVVENIRE apre su “Afghanistan, raid Usa. «una strage di civili»”. Due pagine sono dedicate al tema sotto l’occhiello “lotta al terrore”.
Il bombardamento aereo americano in Afghanistan (il peggiore per numero di vittime) ha pesato come un macinio sugli incontri trilaterali di Washington fra Hamid Karzai, Asif Ali Zardari e Barack Obama, uniti nella lotta contro la «minaccia comune» dell’estremismo islamico. È stato il comitato internazionale della Croce Rossa a rendere noto che le vittime del bombardamento sono «diverse decine» (un centinaio secondo il governatore della provincia di Farh, Rohul Amin, fra cui «donne e bambini». Fra le vittime anche un volontario della Croce Rossa afghano, rimasto ucciso assieme a 13 familiari. Secondo molti osservatori, la presenza militare internazionale in Afghanista sarà uno dei temi più controversi della campagna elettorale per le presidenziali del 20 agosto. E quello delle morti civili segue a ruota. L’anno scorso i deceduti «non combattenti» sono stati 2.100, di cui almeno 550 provocati dalle forze americane e internazionali. La rabbia per le morti causate dall’errore americano («la perdita di altri civili è inaccettabile», ha detto Karzai) non ha però impedito al presidente afghano di ribadire la necessità dei 21mila soldati di rinforzo già destinati dal Pentagono al suo paese. Né di promettere la massima collaborazione col Pakistan, «gemello siamese dell’Afghanistan». Hillary Clinton si è detta «profondamente dispiaciuta» per la strage e ha preannunciato l’apertura di un’inchiesta, ma la Casa Bianca, in linea con il dispiacere espresso dal segretario di Stato, non ha però ammesso responsabilità.
Nel frattempo cresce il numero degli sfollati dalle città della valle dello Swat, Pakistan, seguita dalla fuga delle comunità cristiane, qui più che altrove minacciate dai taleban. Il rapporto 2009 della Commissione statunitense sulla libertà religiosa, ha sottolineato «una crescita incontrollata delle violenze confessionali», favorita da «mancanza effetiva di controllo da parte delle autorità nei confronti dei movimenti estremisti islamici». Si assottigliano sempre più gli spazi pubblici per le diverse professioni di fede, ma anche gli stessi musulmani sono sempre più oppressi.



E inoltre sui gionali di oggi:

WELFARE
CORRIERE DELLA SERA – Maurizio Ferrera firma l’editoriale di oggi dedicato al Libro Bianco sul Welfare “Ricominciare dai figli”: «L’approdo dovrebbe essere un nuovo modello sociale basato sul binomio opportunità- responsabilità. La rotta da seguire non è tuttavia chiara: il documento si mantiene a un livello generale, senza delineare un preciso quadro di interventi. Da dove cominciare?» – si domanda Ferrera. «Fra i tanti difetti del nostro Welfare ce ne è uno che pesa più di tutti: l’assenza di una rete di sicurezza per i più bisognosi» che sono «soprattutto i disoccupati e le famiglie con figli», non più gli anziani. Su questo fronte – dice Ferrera – sono le tre misure in voga negli altri paesi: «le prestazioni familiari, gli amortizzatori sociali e gli schemi di reddito minimo garantito».

LA REPUBBLICA – Il Libro bianco sul welfare è condensato in una sola frase: «Questo non è il tempo delle riforme». Dalle poche righe del pezzo, poco si capisce dei contenuti del Libro bianco: Roberto Mania parla genericamente di «al centro la persona e la famiglia», scrive esplicitamente «niente ritocchi all’articolo 18, niente innalzamento dell’età pensionabile», ma poi prevede nell’agenda di Sacconi un «intervento sull’articolo 18». Due le cose concrete citate: immaginare livelli retributivi differenti da un territorio all’alttro, purchè frutto della contrattazione e più forza alla sussidiarietà. Le uniche reazioni citate sono proprio su questo punto: secondo la Cgil potrebbe portare a un «modello neo-corporativo», mentre per il Pd questo potrebbe «sminuire il ruolo delle istituzioni pubbliche».

IL SOLE 24 ORE –  analizza il Libro Bianco di Sacconi con un articolo di Carlo Dell’Aringa titolato «Così si organizza il “quasi mercato” della sussidiarietà». Un articolo obbiettivo che cerca di chiarire aspetti positivi e negativi del lavoro del Ministro. Si parte parlando di sussidiarietà nelle sue due accezioni: verticale (realizzata dagli enti locali e dalle Regioni) e orizzontale (realizzata dai corpi sociali intermedi). Questi due strumenti rappresentano per Sacconi la strada per passare dal Welfare state, che ha sinora fallito, alla Welfare society che darebbe vita ad un sistema che aumenti le opportunità e rafforzi le responsabilità. Questo nuovo welfare, concepito per essere aperto a tutti, non può però essere gestito dallo Stato, che si è sempre dimostrato incapace. È qui che entra in gioco il federalismo. Il welfare sarà demandato alla responsabilità degli enti locali, per quanto riguarda la sussidiarietà verticale e alle associazioni, ong e onlus in generale per quel che riguarda invece la sussidiarità orizzontale. Il risultato dovrebbe essere, spiega Dell’Aringa, un sistema efficente ed equo in cui i soldi vanno effettivamente a chi ne ha bisogno. In questa situazione lo Stato si configura come supervisore che dà le linee guida, controlla e accredita. Sempre secondo il giornalista ci saranno reazioni positive e negative ma l’unica cosa da tenere presente è che «esiste uno zoccolo duro di welfare in tutti i Paesi affidato alla gestione diretta del soggetto pubblico. Nel nostro Paese succede con la Sanità e con la Scuola. E’ opportuno che succeda anche domani». In chiusura è salutato con apprezzamento il capitolo del Libro Bianco riservato alle forme di «quasi mercato» che mettano in competizione virtuosa pubblico e privato, anche se come si è già visto non risolvono, dove già applicate, tutti i problemi del welfare. Infine un apprezzamento va anche ai «lodevoli sforzi del Governo per realizzare una riforma del nostro pubblico impiego per portarlo ai livelli di efficienza degli altri Paesi».

IL MANIFESTO – “Io speriamo che me la cavo” è l’ironico titolo che IL MANIFESTO dedica a pagina 7 al via libera al Libro bianco di Sacconi. Il catenaccio è dedicato al commento della Cgil: «Così si va verso un modello neocorporativo». «(…) Quarantacinque pagine che perimetrano la cornice entro cui saranno varati i piani di azione, in materia di sanità, previdenza, lavoro e ammortizzatori sociali. Parola chiave “territorio”. Sacconi non ama parlare di gabbie salariali, ma è lì che il nuovo welfare andrà a parare, “perché il costo della vita è differente tra il nord e il sud del paese, e di questo bisogna tenere conto”. Più in generale il Libro bianco disegna un modello sociale che prevede la progressiva compressione della spesa pubblica (…)».

IL GIORNALE –  torna sul Libro Bianco e sceglie di approfondire il tema del federalismo salariale e della contrattazione decentrata. «Nel  decidere servizi sociali  e ridistribuzione di ricchezza non si potrà non tener conto  del fatto che l’Italia  non è omogenea. che esistono regioni dove il costo della vita  è minore e che  il welfare è di scarsa  qualità.  A dimostrazione che il criterio serve a pag. 9 IL GIORNALE  pubblica  i dati di alcune statistiche Istat che indicano che a Aosta , Genova, Milano, Trieste, Bolzano e Bologna sono le città più care  e che in Campania si risparmia fino al 25%. Stefano Filippi nel pezzo  commenta: «Toccare i contratti nazionali è ancora tabù». IL GIORNALE rilancia il caso della tassa Carovita pubblicato sulla PADANIA, l’organo di stampa della Lega, dove Rosi Mauro vie presidente del Senato ha sostenuto la necessità di  “buste paga più pesanti dove  la vita è più cara. la contrattazione regionale deve essere il punto di arrivo per riequilibrare la busta paga legata al costo delle vita nelle diverse realtà territoriali».

ITALIA OGGI- È un Italia spaccata soprattutto dal punto di vista sanitario quella che emerge dal “Libro bianco sul futuro del modello sociale” del Ministro Sacconi. Territorio e federalismo fiscale, sono le parole chiavi per ricomporre la frattura. «Lo strumento che viene enfatizzato per superare il divario territoriale è infatti la responsabilità locale» ha precisato il ministro,«che non significa abbandonare a se stesse intere aree geografiche ma che la spesa aggiuntiva, dovuta ad inefficienze e sprechi, sarà a carico delle Regioni che dovranno provvedere alla copertura».
13 regioni, riporta Italia Oggi, registrano un disavanzo di gestione, mentre l’85% del disavanzo si concentra in Lazio, Campania e Sicilia.
Secondo l’articolo di Itala Oggi, «il libro bianco non è un piano d’azioni ma un documento di valori e visioni, la cornice entro la quale si produrranno i piani d’azione del governo nelle materie trattate». Il libro tocca anche temi legati al lavoro, alla previdenza, all’assistenza sociale. Secondo le parole dello stesso ministro riportate nell’articolo, «il libro è una consultazione pubblica di mille soggetti tra cui le organizzazioni sindacali, ciascuno dei quali ha dato contributi costruttivi guardano ai valori del popolo, non a quelli di “certe borghesie autoreferenziali” spesso portatori del luogo comune».


SICUREZZA
LA STAMPA – L’edizione di oggi apre tutta sulla decisione del governo del doppio voto di fiducia sulla legge che regolamenta le intercettazioni e sul ddl Sicurezza. Una blindatura che ha scatenato le proteste dell’opposizione, ma anche di molte associazioni della società civile. «Quando un disegno di legge catalizza opposizioni che vannno dal Pontificio consiglio dei migranti fino all’Associazione dei partigiani» si legge nell’editoriale di Federico Geremicca «coinvolgendo trasversalmente organizzazioni di ogni genere – da quelle dei medici fino ai funzionari di polizia – dei due l’una: o il provvedimento legislativo è sbagliato o il governo che lo propone è sommerso da un tale livello di impopolarità che farebbe bene a lasciare il campo». Visti i sondaggi pro-Berlusconi, l’editorialista propende per la prima ipotesi. “Il voto slitta di sette giorni. Bossi: c’è lo zampino di Fini” titola un “retroscena” nelle pagine di politica. Ieri Bossi aveva annunciato con sicurezza il voto di fiducia per oggi, ma è stato stoppato dal Pdl a cominciare dal copogruppo Cicchito e dal ministro Elio Vito, che hanno consigliato di rinviare tutto alla prossima settimana. Secondo il leader della Lega dietro questa mossa ci sarebbe Gianfranco Fini, e intanto si ventila che ci sia stato uno scambio tra i due voti di fiducia: per ottenere il via libera sul ddl sicureza, la Lega ha accettato di porre al fiducia sul ddl intercettazioni.

IL MANIFESTO – “Razza idea” è il titolo di apertura de IL MANIFESTO che sceglie questo argomento come il principale “Voto di fiducia per trasformare l’immigrazione in reato, varare le ronde, allungare i tempi di detenzione nei Cie. È la sicurezza blindata della Lega. Insorge il Pd: «Rischio leggi razziali». Mentre continua lo scontro diplomatico tra Roma e La Valletta sui migranti che nessuno vuole. Ieri due barche alla deriva. Reportage da Malta, l’isola carcere”. Tre le pagine dedicate al tema. Ampio il reportage da Malta e in particolare dal centro di detenzione di Safi, una delle struttura chiuse dove gli immigrati, anche i richiedenti asilo, sono richiusi fino a 18 mesi. «Bloccati su un’isola che è diventata un enorme carcere, incapaci di andare né avanti né indietro, gli immigrati sono visti con sempre maggior fastidio da una popolazione che percepisce il loro arrivo come una vera e propria invasione. Negli anni è cresciuto un sentimento xenofobo, è nato un partito che si ispira al fascismo (Azzjoni Nazzjonali) e anche i laburisti hanno ormai sull’accoglienza una posizione dura (…)».

TERREMOTO
IL MANIFESTO – “Dove mettere le new town? Bertolaso ha mappe vecchie” è il titolo dell’articolo che parla dei ritardi e del fatto che sia stata ignorata un’area da bonificare ex Impregilo. «Accade anche che le mappe siano talmente vecchie che non riportano le case costruite negli ultimi quindici anni (…) L’Aquila, a un mese dal terremoto, sta scoprendo poco a poco quanto sia lontano quel governo che ha promesso soluzioni magnifiche, bacchette magiche e case che nascono con uno schiocco di dita. Non possono divorziare, gli aquilani, dal premier, se lo devono tenere, ed hanno così deciso di alzare la voce, per chiedere almeno rispetto (…)»

CRISI
CORRIERE DELLA SERA – “Accordo fra Cei e Abi: 180 milioni alle famiglie”, titola il giornale a pag 27. Ieri le banche italiane e la Cei hanno presentato il «Prestito speranza», un’operazione da 180 milioni di euro, «a tanto infatti ammonteranno i prestiti del Fondo nazionale straordinario di garanzia costituito dalla Cei che servirà per aiutare le famiglie in difficoltà a rimettersi in carreggiata». La somma iniziale, 30 milioni, del fondo sarà reperita con una grande colletta nazionale che si terrà il 31 maggio in tutte le chiese italiane e servirà come garanzia dei prestiti che attiveranno le banche aderenti all’accordo. I prestiti saranno di 500 euro al mese per un anno e potranno venir richiesti da famiglie numerose con almeno tre figli che studiano oppure con malati gravi o disabili che non abbiano più reddito per la perdita del lavoro del capofamiglia. Il tasso di restituzione del prestito sarà del 4,5%. Tesoriere dell’operazione sarà Banca Prossima (intesa San Paolo).  

AVVENIRE – “A 30mila famiglie il «prestito della speranza»”. Il presidente della Cei Angelo Bagnasco ha presentato il Fondo di garanzia per i nuclei famigliari in difficoltà. La Colletta per raggiungere la somma di 30 milioni di euro, questo l’obiettivo dichiarato, si farà il 31 maggio. La firma della convenzione Cei-Abi sancisce l’avvio del cosiddetto «fondo della speranza». Saranno le parrocchie insieme alle Caritas ad individuare e selezionare rigorosamente le famiglie in difficoltà per poi indirizzare alla banca che potrà in tempi brevi concedere il prestito a ritmo mensile (500 euro per un anno, rinnovabili per altri 12 mesi). La restituzione avverrà quando ce ne saranno le condizioni e comunque non prima di uno o due anni e  avrà la durata massima di 5.  

IL SOLE 24 ORE – Due i capitoli aperti su  «Banche vincoli più rigidi» è il titolo di apertura che introduce lo Stress test effettuato dagli americani alle loro banche mentre l’editoriale «Idee e regole per il mondo dopo la tempesta» a firma di Guido Tabellini rettore della Bocconi analizza la situazione e ne ricava alcune linee guida per non ricadere in una simile situazione.
Lo «stress test» ha portato euforia a Wall Street, Infatti i risultati sono stati molto più positivi del previsto. Analizzate le 19 banche «sistemiche» è risultato che tutte sono all’altezza della situazione e solide (Wells Fargo, Amex, Morgan Stanley, JPMorgan, Citi, Bank of NY Mellon tra le altre). L’unica banca ad essere apparsa debole è Bank of America che ha bisogno di una ricapitalizzazione di 34 miliardi ma che è stata protagonista di una peformance in borsa brillante con un +17% del titolo.     
L’analisi di Guido Tabellini invece parte dall’assunto che più che da un fallimento del mercato la crisi sia stata determinata da un fallimento della regolamentazione. La prima cosa da fare dunque è ripensare a fondo la regolamentazione finanziaria in modo che risponda a due esigenze: correggere gli incentivi distorti dei singoli intermediari o operatori finanziari e riduree le esternalità negative e il rischio sistemico. In ogni caso la crisi odierna sarà ricordtata dall’accademico come un incidente temporaneo e presto dovuto ad una crescita troppo rapida dell’innovazione finanziaria. Se si imparerà dagli errori commessi si tornera ad un’economia florida e solida.              


SCUOLA
LA REPUBBLICA – Cambio di rotta: in tempi di crisi, i quattordicenni riscoprono gli istituti professionali. Dopo dieci anni di primato incontrastato dei licei (ben il 41,7% dei ragazzi l’anno scorso si è iscritto lì) e di disaffezione totale per gli istituti tecnici e professionali, per la prima volta le iscrizioni per l’anno scolastico 2009/10 segnbano un’inversione di tendenza. Si tratta di una crescita di solo mezzo punto percentuale (da 21 a 21,4%), ma molto significativa: «accorciare il percorso scolastico consente di trovar prima lavoro», spiegano alcuni presidi interpellati. A guidare la rimonta è il Nord, dove i professionali scavalcano i licei: 37% i primi, 36,9% i secondi.

CONI
LA REPUBBLICA-A pagina 64 si dà conto della rielezione dell’«highlander Gianni Petrucci» alla presidenza del Coni. Doveva essere una passeggiata, è stato «uno scherzo», scrive Marco Mensurati in un durissimo pezzo. Una «liturgia vuota» che si è consumata in una «manciata di minuti», utile solo a dare «un quadro preciso, ancorché desolante, dello stato di salute della gestione dello sport italiano: una natura morta». Petrucci nel suo programma non ha parlato di sport di base, di sport nelle scuole, di impianti, nulla se non l’impegno a mantenere il budget di 470 milioni di euro di budget e dopo la nomina ha ringraziato la madonna («sono stato chierichetto, è il mese mariano»). Caustico il commento di Aligi Pontani: «Se la Madonna e il governo ascolteranno le preghiere di Petrucci, lo sport italiano sarà a posto per i prossimi quattro anni. Non è una battura: è un programma. L’unico sentito in questi mesi». Pontani conta i protetti di Petruccci eletti in Giunta nonostante siano stati protagonisti di vicende torbide tra doping e calciopli e dice: «Il problema non è Petrucci, è la classe dirigente dello sport». E chiude ironicamente: «Ecco, la Madonna: speriamo provveda anche a schiodare l’Italia dagli ultimi posti in Europa per pratica di base, ore di educazione fisica a scuola, cultura sportiva. Speriamo. Anzi, preghiamo».

IMMIGRATI
AVVENIRE –  “Verso la Libia gli immigrati fermati in mare” (Pag. 10). 227 stranieri, fra cui 40 donne, ieri hanno lanciati da tre natanti gli sos al larog di Lampedusa. Recuperati da tre motovedette italiane, i clandestini sarebbero già in viaggio su una nave della Marina militare verso il Paese dal quale sono partiti. Fra Italia e Malta è di nuovo scontro, con il primo ministro maltese Lawrence Gonzi, secondo quanto riportato sul sito del Times of Malta ha dichiarato di essere «disgustato nel sentire di altri Paesi del Mediterraneo che si rifiutano di accogliere persone che sono in percolo». Sulla stessa linea il ministero degli interni maltese che ha invitato tutti i paesi a «fare il loro diverse senza scuse». Piovono da malta le accuse sull’Italia per non aver soccorso immediatamente le navi alla deriva nelle acque di Lampedusa. Accuse che il l’Italia respinge al mittente: «I dati dimostrano che noi siamo andati sempre a prendere i clandestini . Nelle acque maltesi abbiamo fatto oltre 600 interventi negli ultimi due anni», ha risposto Maroni. «Ora abbiamo decisono di non farlo più. Le regole vanno rispettate: se il barcone si ferma nelle acque di sar maltesi, al search and rescue devono provvedere loro» Acque Sar che per Malta arrivano oltre Lampedusa a Ovest. «Un assurdo», ha detto Maroni. «abbiamo chiesto di ridurle e siamo disponibili a farcene carico noi, ma Malta si è rifiutata perché perderebbe i contributi dell’Unione europea».


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