Famiglia

Affido, le nuove banche dati all’esame del Parlamento

Con l'assegnazione alla Commissione Giustizia della Camera parte l'iter parlamentare della proposta di legge Roccella-Nordio per il monitoraggio dei dati sull'affido, con l'istituzione di nuove banche dati. «Le istituzioni credono profondamente nell’affido, per questo il sistema va sostenuto e migliorato», dice Assuntina Morresi, vice capo di gabinetto della ministra Roccella

di Sara De Carli

Assuntina Morresi parla al microfono. Ha gli occhiali e indossa una blusa stampata

Sembrano esserci due vocabolari sull’affido. Quello di chi lo vive e ne sperimenta la ricchezza, l’importanza e l’efficacia per restituire a tutti i bambini e ragazzi la possibilità di essere pienamente figli, dentro una famiglia e quello di chi invece vede solo l’essere posto fuori dalla famiglia di origine. Ancora pochi giorni fa la stampa ha paventato un caso “Bibbiano bis” in Piemonte e si ha parlato di affidi facili, senza peraltro ricordare che il processo su Bibbiano sta smontando pressoché tutte le accuse. “Fuori” c’è un clima di sospetto verso l’affido e anche FdI e Lega, i due partiti al governo, ne hanno data chiara espressione in più occasioni. Anche nel recente convegno “Rilanciare l’affido familiare: l’interesse del minore nei percorsi di accoglienza” svoltosi in Università Cattolica a Milano, da parte delle associazioni è emersa la richiesta di una grande campagna culturale, che dovrebbe partire dalle istituzioni. A quel convegno ha preso parte Assuntina Morresi, vice capo di gabinetto della ministra Roccella.

Famiglie e associazioni hanno espresso la necessità di “toccare con mano” la fiducia reale delle istituzioni nell’affido. Le istituzioni ci credono nell’affido?

Vanno distinti nettamente, a mio avviso, due livelli di discussione, che devono restare separati. Il primo è quello dei singoli casi e delle relative responsabilità personali, anche penali: non voglio entrare nel merito di questi casi che lei cita, anche perché non ne so abbastanza. Il secondo piano è quello del funzionamento del “sistema affido”, che come ogni sistema organizzato può avere delle disfunzionalità che, se emergono, non si traducono necessariamente in reati, ma possono indicare la necessità di dover rivedere dinamiche e processi del sistema stesso. Revisioni che, se fatte, lo sono proprio perché le istituzioni credono profondamente nell’affido: una delle più significative espressioni di solidarietà e gratuità nel paese, e per questo va sostenuto. La tematica dei minori fuori famiglia è grandemente sensibile e va preservata da eventuali disfunzionalità, qualora emergessero. Ne va del destino di bambini in estrema difficoltà, che necessitano del sostegno accogliente della comunità e delle istituzioni tutte.

Le istituzioni credono profondamente nell’affido: una delle più significative espressioni di solidarietà e gratuità nel paese, e per questo va sostenuto.

Assuntina Morresi

Un esempio concreto di questa fiducia e sostegno sarebbe l’approvazione da parte delle regioni delle linee di indirizzo sull’affido, appena riviste e approvate dalla Conferenza Stato Regioni. L’edizione precedente venne fatta propria solo da tre regioni, se non erro. È vero che l’approvazione sta alle singole regioni, ma in molti hanno chiesto una “moral suasion” da parte dello Stato su questo: ci sarà? Cosa è possibile fare, nel perimetro delle competenze di ciascuno?

Il dialogo delle istituzioni centrali con le regioni, riguardo l’affido, c’è sempre stato e sta continuando, ed è l’unico strumento possibile per dare corpo al percorso sussidiario innescato dall’approvazione delle linee guida sull’affido da parte della Conferenza Stato regioni, ovviamente nel rispetto delle rispettive competenze.

ll Governo ha presentato un disegno di legge dal titolo “Disposizioni in materia di tutela dei minori in affidamento”, che ha inizialmente sollevato molti timori e contrarietà da parte delle organizzazioni, che pure da anni chiedevano dati più attuali per poter impostare al meglio le politiche si sostegno dell’affido. Che novità ci sono? Quando questo decreto inizierà il suo iter in Parlamento e quali margini di dialogo e modifica ci sono? Come si coordinano le misure del decreto con quanto previsto dal decreto per il Terzo settore, che introduce il tavolo per l’integrazione e l’inclusione sociale dei minori fuori famiglia e come con il fatto che nel monitoraggio della Child Guarente si parla di una implementazione del Sinba – l’attuale sistema di raccolta dati – già in corso?

I timori e le contrarietà espressi inizialmente sono stati superati appena si è visto il testo, ed è apparso chiaro che non c’è alcun tipo di schedatura o atteggiamento ostile nei confronti di famiglie e associazioni, al contrario: la logica è proprio quella di poter disporre, in tempo utile, di un flusso continuo di dati – pochi ma essenziali – dai territori che consentano di avere un quadro sempre aggiornato del fenomeno dei minori fuori famiglia, per poter programmare al meglio la politica a sostegno dell’affido, individuando gli interventi più adeguati e opportuni. Anche la parte che riguarda i dati raccolti in ambito del Ministero della Giustizia è finalizzata ad una razionalizzazione di tutta la documentazione del percorso di un bambino allontanato dalla propria famiglia. I relativi registri sono istituiti e restano all’interno dei Tribunali competenti. Le banche dati già presenti non contengono i dati nella forma indicata da questa proposta di legge, e comunque costruiremo tecnicamente il sistema in modo da evitare eventuali, inutili duplicazioni con l’esistente, che appesantirebbero gli operatori. La pdl è la n. 1866, presentata il 13 maggio 2024, a firma Roccella e Nordio, assegnata il 23 maggio alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati. È una pdl ordinaria, quindi il seguirà l’iter consueto: con le audizioni e il dibattito parlamentare si potranno introdurre le modifiche che saranno ritenute necessarie per migliorarla, fermo restando lo scopo della pdl stessa che, ripeto, è quello di migliorare sempre di più il sistema dell’affido, non certo quello di delegittimarlo.

Con le audizioni e il dibattito parlamentare si potranno introdurre le modifiche che saranno ritenute necessarie per migliorarla, fermo restando lo scopo della pdl stessa che è quello di migliorare il sistema dell’affido, non certo di delegittimarlo

Assuntina Morresi

Lei ha sottolineato il cambio di paradigma sull’affido, legato al passaggio delle competenze dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali alla Presidenza del consiglio dei Ministri e in particolare all’autorità che ha la delega alla famiglia. Un cambiamento che risale al 2018 ma non ancora pienamente dispiegato nella sua concretezza. Ha spiegato che questo “cambio di paradigma” significa passare da una visione dell’affido come politica pubblica di assistenza a una categoria svantaggiata, a dare risposta a un problema sociale a una politica di sostegno alla famiglia. Quella della centralità della famiglia è una scelta politica precisa di questo Governo, per esempio anche nel primo rapporto di monitoraggio della Child Guarantee si mette l’accento sul ruolo fondamentale delle famiglie nella lotta alla povertà minorile. È vero che non possiamo prescindere dalle famiglie, ma le politiche per la famiglia e quelle per l’infanzia e l’adolescenza non sono la stessa cosa. Nel caso specifico dell’affido, per esempio, il cuore è il diritto del minore ad una famiglia ed è un diritto che sta in capo al minore in quanto tale, non in quanto membro di una famiglia: tutti i dibattiti recenti mettono appunto a tema il rischio che oggi torni ad essere prevalente invece l’interesse adultocentrico a mantenere il minore dentro la famiglia e il legame di sangue. Come evitare questo rischio?

Le competenze dell’infanzia e dell’adolescenza sono in capo al Ministero della famiglia non perché siano totalmente sovrapponibili ma anche perché non possono essere scisse: i minori, nella norma, vivono nella famiglia di appartenenza, pur nelle loro specifiche esigenze e condizioni, e non è possibile sostenerli a prescindere dal nucleo familiare in cui vivono, dai genitori che hanno verso di loro precise responsabilità. Tutto questo a maggior ragione nel caso dell’affido, visto che si tratta di minori allontanati temporaneamente dalla famiglia, a causa proprio di problematiche interne alla famiglia stessa, alla quale, in prospettiva, il minore dovrebbe comunque tornare. E le modalità possibili di affido del minore sono differenti proprio a seconda delle difficoltà familiari: come è possibile intervenire adeguatamente se non si tiene conto di entrambe le prospettive? Per evitare una visione adultocentrica bisogna sempre ragionare in funzione del massimo interesse del bambino, e tenerlo al centro, ed è questo che intendiamo fare a sostegno e promozione dell’istituzione dell’affido.

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Foto di Marta Carenzi, Università Cattolica del Sacro Cuore.

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