Welfare di comunità

Affido, il progetto che non cercava famiglie e ne ha trovate 31

Con il progetto Affi-DARSI il Comune di Busto Arsizio e la cooperativa Proges hanno lavorato per un anno a sensibilizzare la comunità sui bisogni dei bambini e dei ragazzi che vivono con genitori fragili, alla ricerca di nuove strade per avvicinare le famiglie all'affido

di Sara De Carli

Tutti i convegni per il “rilancio” dell’affido hanno, da qualche tempo, il medesimo refrain: trovare nuove strategie per avvicinare le famiglie, visto che le classiche serate informative sull’affido non funziono più. Si parla della necessità di avvicinare le famiglie in momenti informali e di far conoscere di più “altre” tipologie di affido, più leggere, che non richiedono necessariamente una disponibilità totale, H24: affidi parte time, affidi ponte, affido di una famiglia… C’è bisogno innanzitutto di fare superare alle persone il timore di “non essere all’altezza” e di favorire l’incontro con i minori, perché i “sì” di fatto nascono non da una disponibilità astratta, ma dall’incontro con un bambino in carne ed ossa e il suo bisogno.

Il progetto Affi-DARSI, realizzato in quest’ultimo anno a Busto Arsizio (VA) dal Comune e dalla cooperativa Proges, ha dato forma a tutto questo. Un Comune con oltre 700 bambini e ragazzi in carico al Servizio di Tutela minori – «figli del sindaco» li ha chiamati Paola Reguzzoni, assessore all’inclusione sociale e alla salute – di cui solo due in affido familiare, ha voluto creare un percorso finalizzato alla promozione dell’affido e dell’affiancamento familiare con un punto di partenza diverso dal solito: la comunità e la vicinanza solidale.

L’incontro “L’affido familiare: accogliere, sostenere, crescere insieme”, svoltosi venerdì 7 febbraio a Busto, ha voluto accompagnare il percorso fatto con alcune riflessioni e siglare in modo ufficiale l’impegno a continuare questo “viaggio”: il Comune e le associazioni del territorio, che in questo anno hanno dato vita ad gruppo operativo coordinato da Proges, hanno infatti sottoscritto il “Manifesto del progetto Affi-DARSI”, un patto di comunità per far crescere le risorse della comunità stessa in supporto alle famiglie più fragili e in difficoltà.

Il quadro nazionale

Secondo il Quaderno della ricerca sociale n. 61 pubblicato dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al 31 dicembre 2023 in Italia risultano collocati in famiglie affidatarie 15.992 minori, su 42.002 che vivono fuori dalla propria famiglia. Quasi un affido su cinque è in Piemonte, il 16,6% in Lombardia. Nel 2023 il 75% degli affidamenti risulta di tipo giudiziale, con un aumento di quasi 10 punti percentuali rispetto all’anno precedente: segno inequivocabile di quanto l’affido con logica preventiva sia ormai rarissimo. Solo il 15,8% degli affidi, infatti, sono per meno di 5 notti la settimana.

Partire dalla comunità

«Abbiamo scelto di non concentrarci direttamente sull’obiettivo di “trovare” nuove famiglie disponibili all’affido, ma di partire dal lavoro con la comunità. Così abbiamo coinvolto le associazioni del territorio, non necessariamente impegnate con i minori: l’Unitalsi, Legambiente, associazioni come Industria scenica, Il Centro Musicale Concertare e la compagnia Viandanti teatranti, le scuole», racconta Marica Mainolfi, coordinatore territoriale Area Sociale Lombardia della cooperativa Proges. L’idea è che conoscendo tutti meglio i bisogni delle famiglie del territorio, si potessero individuare insieme modalità, anche informali, per darvi risposta. Semi su cui scommettere. I ragazzi di due istituti superiori della città, per esempio, in collaborazione con le comunità per minori gestite da Piccolo Principe onlus e Progetto Pollicino onlus hanno realizzato un cantiere creativo sulla “Busto che vorrei”, mentre le associazioni hanno realizzato uno spettacolo teatrale sull’affido familiare, che hanno intitolato “Anche le spine hanno le rose”. «Trentuno famiglie in questi mesi hanno comunque dato disponibilità ad approfondire meglio la strada dell’affido, qualcuno ne ha già esperienza ma altre sono completamente nuove», dice Mainolfi.


L’evento

La mattinata ha visto gli interventi di Giordano Baroni, formatore ed esperto di affiancamento familiare, pedagogista, giudice onorario presso il Tribunale dei Minori di Bologna; Davide Boniforti, psicologo di comunità, consulente e facilitatore, docente presso l’Università Cattolica di Brescia e presso l’Università di Padova; Maria Grazia Noemi Galli, esperta di affido e adozione, assistente sociale e supervisore; Patrizia Corbo, presidente Piccolo Principe Onlus e Alessandra Milani,  Giorgia Vignati e Luigi Baggio di Progetto Pollicino onlus.

Baroni ha richiamato alla necessità di passare «dallo sguardo incurante allo sguardo che cura», lasciandosi coinvolgere dalla relazione poiché «se non c’è cambiamento, non c’è relazione educativa»: anche l’errore deve essere visto con uno sguardo capace di «aprire le finestre spazio-temporali», capace di non fermarsi al presente ma di abbracciare il futuro possibile. Il suo invito? «Dedichiamo meno tempo a parlare dei problemi. Alla domanda “come stai?”, rispondo sempre “Io sto bene per scelta di campo”. Ormai invece siamo poveri di parola per la bellezza, che è la bellezza delle cose imperfette. Serve il coraggio di azioni delicatamente imperfette, riprendiamoci il diritto alla imperfezione gioiosa e questo ci aiuterà ad essere più vicini a noi stessi e agli altri».


Boniforti ha ricordato come in una narrazione del “noi” ormai dominata dalla solitudine, per avvicinare le persone occorra riscoprire «l’aspetto tribale, la spiritualità della comunità, che è la consapevolezza che la comunità nasce dal bisogno di sicurezza e ci rende più forti». Occorre puntare sul «potere di luoghi terzi» che esistono già vanno solo individuati e valorizzati, sul «fattore CO» di collaborare, condividere, coprogettare… che è innanzitutto un «partire dalle piccole cose semplici che le persone sanno fare», ampliare i protagonisti dell’accoglienza, fare un «ascolto ospitale», «sconfinare».

Galli è entrata negli aspetti più tecnici dell’affido, insistendo sul fatto che «l’affido è uno strumento creativo, non ci sono solo l’affido a tempo pieno o l’affido part time. Quando incontro le persone e le coppie che si avvicinano all’affido a me non piace parlare di idoneità, ma di “percentuale di idoneità”: quella quasi tutti l’hanno. E quel pezzetto, anche se non è tutto, magari può essere abbastanza per quel bambino o per quella famiglia». Un bel seme da cui ripartire.

Durante la mattinata, l’artista Cuboliquido ha lavorato ad un live paintig (in foto) che riprende il tema dei gomitoli colorati che si intrecciano per tessere il filo della comunità a sostegno dei bambini e delle bambine.

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