Politica

Affidi, quattro piste di lavoro per la “fase due” della squadra speciale

In diciotto mesi, sono stati 12.338 i minori collocati fuori famiglia: significa 1,37 minori ogni mille ed è un dato che non desta allarme. A preoccupare invece è il fatto che solo il 12,5% rientri in famiglia: ma esistono davvero progetti che fin da subito cerchino di ricostruire le condizioni per farlo? È questo il punto. Buone invece le quattro piste di lavoro per la modifica della normativa

di Sara De Carli

«In Italia fino ad ora il Ministero e quindi lo Stato non ha avuto la possibilità di monitorare, eravamo come bendati di fronte a tutto ciò che poteva accadere nei percorsi così delicati di affido e collocamento»: il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha presentato lunedì 19 novembre, alla vigilia della Giornata Internazionale per l'Infanzia e l’Adolescenza, i primi dati del monitoraggio sui percorsi dei minori fuori famiglia realizzato dalla Squadra Speciale da lui istituita a metà luglio, sull’onda della vicenda della Val d’Enza.

Primo dato da rilevare, i toni mutati. Se la scorsa estate il ministro soffiava sul fuoco, scrivendo che «tutti gli operatori dovranno sentire il fiato sul collo da parte della magistratura», oggi afferma che «questo non è un dato allarmante: vogliamo semmai tranquillizzare i cittadini dicendo che c’è un ministero – in realtà più ministeri – concentrati per la prima volta sulla protezione dei bambini che sono in un percorso così delicato. Lo Stato si prende la responsabilità di osservare tutto il percorso e fare confluire tutti i dati e tutte le competenze al fine di individuare anche un solo caso su 10mila. Dobbiamo garantire un sistema che protegga tutti i bambini italiane e tutte le famiglie italiane». Prima domanda, vista la consistenza numerica delle famiglie straniere tra quelle più fragili: tutti i bambini italiani, e gli altri no?

Secondo, i dati. «Sono dati grezzi, che vanno elaborati, ma è importantissimo che per la prima volta questi numeri li abbiamo e ringrazio tantissimo gli uffici giudiziari per la collaborazione», ha detto il Ministro. Quindi, stando – finalmente – ai dati forniti da 213 uffici su 224 (il 95% del totale), sono 12.338 i minori collocati in ambiente terzo dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019, pari a 23 minori al giorno. Confrontandoli con una popolazione di 9 milioni di minori in Italia, citato dallo stesso Ministro, significa che sono stati allontanati 1,37 minori ogni mille. I due non sono direttamente confrontabili, ma ricordiamo che i report un po’ vecchiotti che avevamo a disposizione fino ad ora parlavano di 2,7 minori fuori famiglia in Italia ogni mille minori contro i 6 per mille dell’Inghilterra e i 9 per mille di Francia e Germania.

Un altro dato fornito dal ministro è che i collocamenti disposti dai Tribunali per i Minorenni sono 8.722, il 70% del totale: una conferma di quanto poco o nulla ormai si riesca a intervenire tempestivamente, precocemente, preventivamente. Tutti sappiamo al contrario quanto bisogno ci sarebbe di affidi diurni e sostegno leggero, che eviterebbe in molti casi verosimilmente di arrivare all’allontanamento.

E ancora, le ispezioni ordinarie o straordinarie effettuate dalle Procure della Repubblica nelle strutture di accoglienza sono state 5.173 (per avere un’idea, fa 9,4 al giorno).

E infine, il dato veramente preoccupante: nello stesso periodo, i provvedimenti di rientro del minore nella famiglia di origine sono stati 1.540, il 12,5%. Troppo basso. Il punto cruciale è davvero questo: quanto si lavora fin dall’inizio insieme alla famiglia di origine, per preparare e consentire un rientro? Questa cosa i ragazzi l’hanno benissimo presente: «durante la nostra permanenza in comunità o nella famiglia affidataria, è importante che qualcuno si prenda cura della nostra famiglia, per non ritrovarci nella stessa situazione che abbiamo lasciato entrando nel percorso», hanno detto pià volte.

Secondo il ministro Bonafede, le criticità rilevate in questa “prima fase” di lavoro della Squadra Speciale, sono quelle che «si potevano immaginare»:

  • eterogeneità delle esperienze, con un’applicazione della normativa che varia da territorio a territorio. «Cercheremo e adesso in una seconda fase di monitorare anche queste prassi, per dare omogeneità non solo a livello di legge ma anche di prassi applicativa, replicando le best practice che si sono create
  • insufficiente filiera dei controlli, occore fare in modo che essi abbiano automatismi
  • l’ indefinita indicazione delle tempistiche relative all’andamento dell’affidamento.

Bonafede ha firmato un decreto per avviare la “fase due” della Squadra Speciale, che si allargherà a coinvolgere altri soggetti – Ministero della Famiglia, del Lavoro, della Salute, ANCI e Conferenza Stato Regioni – per continuare a lavorare sulla banca dati e per individuare alcune modifiche legislative.

Bonafede le ha anticipate, pur non dettagliandole: necessità di preveder un termine di scadenza dei collocamenti, salvo possibili proroghe motivate; obbligo di monitoraggio semestrale del percorso da parte del collegio che ha deliberato il collocamento, con assegnazione del caso a un giudice onorario facente parte del collegio deliberante, per garantire un monitoraggio costante da parte della giustizia sul percorso del minore; revisione dei collocamenti ex art 403 del CC con previsione tempestiva di una valutazione del collocamento da parte del Tribunale per i Minorenni, con previsione di un PM di turno; entro circa 6 mesi i Tribunali per i Minorenni entreranno nel processo civile telematico, cosa che consentirà il dialogo tra i diversi uffici giudiziari, dal momento che ci sono diversi uffici giudiziari coinvolti nella storia di un minore, finalmente in questo modo potranno avere visibile l’intera storia del minore.

Quattro buone idee, concrete, utili. Attendiamo gli sviluppi, perché su questi temi a muovere la politica non possono essere le strumentalizzazioni. Anche se poi ha ragione Gianmario Gazzi, il presidente del CNOAS, membro della stessa Squadra speciale: nemmeno questo basta, ha detto lunedì mattina intervenedo all'evento per i 30 anni della CRC organizzato dalla Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza, perché la verità è che nel nostro Paese «insieme al Family act, dobbiamo pensare a un Children act».

Foto di Kat Jayne da Pexels

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