Non profit

Adro, la via padana al totalitarismo

Nel comune del Bresciano dove è stata inaugurata la scuola delle polemiche

di Redazione

Pd e Pdl sono stati costretti a un’impossibile alleanza pur di tenere insieme un’opposizione in consiglio comunale. I parroci ormai sono fedeli sostenitori del Carroccio. Le associazioni o si unisco al coro o chiudono bottega. Fenomenologia
di un paese sempre più impaurito Ad Adro neppure i nomi sono quelli di una volta. E non tanto per la neonata scuola Gianfranco Miglio (solo un paio di lustri fa nessuno si sarebbe azzardato a tanto, in quello che fu un saldissimo feudo democristiano), quanto per la stessa denominazione del piccolo comune della Franciacorta. “Adro” – secondo l’incontestabile (almeno fino ad ora) Enciclopedia bresciana – viene dal latino atriun, ovvero atrio, la grande sala della parte anteriore delle case romane. Per definizione il luogo di accoglienza degli ospiti. Non è più così. Provate a chiedere a qualcuno dei 7.100 abitanti del paese. La risposta, praticamente all’unisono è questa: «Adro richiama gli Atrebates, un’antica popolazione celtica, da cui noi proveniamo». E guai a chi contesta. «Quelle sono le nostre radici e ne andiamo fieri, che piaccia o non piaccia», è il diktat del sindaco Oscar Lancini. E se lo dice lui, non resta che ubbidire.
Altrimenti il primo cittadino si arrabbia. Chiedete a Silvano Lancini, salito alla ribalta delle cronache per una lettera non firmata pubblicata sul Corriere della sera lo scorso aprile in cui annunciava di farsi carico del debito – poco meno di 10mila euro- contratto da alcune famiglie, molte immigrate, non più in grado di pagare il refettorio, che invece l’amministrazione avrebbe voluto escludere dal servizio. L’oltraggio fu sanzionato con una pubblicazione al vetriolo di 11 pagine sul bollettino municipale (Adro news). Tanto che il “benefattore” sulla vicenda della scuola Miglio preferisce oggi non parlare: «Per capire cosa sta succedendo andatevi a rileggere la mia lettera, in particolare il passaggio dove annunciavo che la vicenda della mensa era solo il primo passo». Di più non dice. Certo è che chi lo conosce bene descrive un uomo scosso. Che spesso rimugina sulla sorte capo del Pd locale, Silvio Ferretti il cui giardino della bella casa con vista sulla collina è stato oggetto di un esproprio da parte del Comune leghista per costruirci sopra un parcheggio.

La politica
Ad Adro funziona così. C’è un comandante e c’è il suo popolo. Il resto è nulla. I numeri – non c’è dubbio – sono dalla parte del condottiero. Nell’ultima tornata elettorale i 5.450 aventi diritto di Adro hanno infatti riconfermato Lancini con una maggioranza bulgara: il 62% delle preferenze. Risultato: la giunta è un monocolore leghista e le opposizioni si sono rintanante in una strana lista civica dal beffardo nome di Linfa (Lista indipendente nuovo futuro Adro Torbiato) che tiene assieme democratici e berlusconiani. Normalmente agli appuntamenti di Linfa si presentano più di una ventina di attivisti. Sempre gli stessi. E alla pagina di Facebook, gli iscritti sono 73 contro i quasi 1.200 i sostenitori del sindaco.
In questi tribolati mesi, l’ingegner Gianmario Casali, il capogruppo di Linfa, non ha mai avuto il piacere di comparire su un qualsivoglia organo di informazione nazionale. Come se non esistesse. E il bello (o il brutto) è che nemmeno sa a che santi votarsi neppure in questa occasione. «Non possiamo incatenarci davanti ai cancelli della scuola: non fanno per noi queste pagliacciate».

La Chiesa
In questa piccola landa la folgorazione leghista ha colpito perfino parroco e viceparroco. Il più pronto ad esporsi è stato don Ciro Panigara, numero due della parrocchia, ma responsabile locale della pastorale giovanile. Che fin dai tempi dalla mensa era sceso in campo per difendere l’operato del lider maximo in camicia verde e il giorno successivo al varo dell’istituto tatuato col sole delle Alpi, che ogni giorno ospita 650 bambini e ragazzi (il 7% dei quali di origine straniera), dal palco del redivivo Palio delle contrade

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