Non profit
Adro, c’è il benefattore ma il caso non è chiuso
Le Acli: le morosità sono ormai diffuse in tutta la zona
I bambini della scuola elementare avranno la mensa assicurata sino a fine anno. Ma sul territorio la tensione sociale è fortissima. Non solo in classe Evidentemente anche ad Adro i bambini hanno l’angelo custode. Un angelo che ha staccato un assegno da 10mila euro per saldare i debiti della mensa scolastica. E, diciamolo, si è anche un po’ incazzato: «Sono figlio di un mezzadro che non aveva soldi ma un infinito patrimonio di dignità. Spero di svegliare la coscienza dei miei compaesani». Loro, i compaesani, erano tutti davanti alla scuola di via Padania, a issare striscioni del tipo: «Basta mangiare alle spalle dei somari lombardi», e via così, con i migliori toni della commedia dialettale.
La vicenda della mensa scolastica della scuola elementare di Adro – un paese-gioiello della Franciacorta, affacciato sul lago d’Iseo, a 28 chilometri da Brescia – dove il sindaco Oscar Lancini, leghista con il 62% dei consensi, aveva stabilito di sospendere il servizio pasti per i bambini delle famiglie che non avevano pagato le rette, si è conclusa così, con una pezza di dignità. Messa da un privato cittadino, che permetterà a tutti i piccoli di mangiare tranquilli sino a fine anno scolastico. «Siamo molto preoccupati», racconta a Vita il presidente delle Acli di Brescia, Roberto Rossini, che era intervenuto nella vicenda offrendo di coprire fino a giugno le rette delle famiglie ritardatarie. «Per noi si trattava di un gesto politico, di una mediazione sociale necessaria, soprattutto in un caso in cui i bambini non dovevano assolutamente essere coinvolti», spiega.
Il sindaco aveva accettato di buon grado l’offerta delle Acli. Però poi aveva anche rilanciato, tirando fuori un debito pregresso di 9.900 euro. «A quel punto abbiamo fatto presente che non era nostro compito ripianare il bilancio del Comune?», ricostruisce Rossini. E sottolinea che «il problema della morosità nei pagamenti della refezione scolastica è molto diffuso sul territorio, ma nessun’altra amministrazione l’aveva mai risolto in questo modo». Eppure, molti genitori “in regola” di Adro non hanno trovato orribile l’idea di allontanare i bambini dalla mensa. «C’è una generale consonanza di idee con il sindaco», conferma Rossini. «Si ritiene che la mensa non sia un servizio obbligatorio e dunque sia normale che chi non paga non ne usufruisca. Però è ovvio che se i genitori lavorano, non possono accudire il bambino nell’intervallo del pranzo». Ciò che emerge dalla vicenda di Adro – come da quella veneta di Montecchio Maggiore, dove i bambini delle famiglie insolventi erano stati messi a pane e acqua – è la fortissima tensione sociale.
«Proprio perché nel territorio c’è un malessere strisciante, che accomuna italiani e stranieri e che è alimentato dalla crisi, dalla disoccupazione, dalla cassa integrazione che ha toccato il picco del 300%», prosegue il dirigente aclista, «allora abbiamo suggerito all’amministrazione di rivedere le priorità. Si faccia qualche opera urbanistica in meno, si eviti la costruzione di una rotonda stradale, ma si renda gratuita la mensa nella scuola. Ci pare che rappresenti un servizio primario, un modo per chiudere una ferita di discriminazione che colpisce i più deboli, i bambini».
Sempre per loro, i bambini, che l’anno scorso proprio a Brescia erano stati divisi tra italiani doc e stranieri nella distribuzione del bonus bebè, le Acli si erano inventate il “Donum Bebè”, una sottoscrizione per dare il bonus a tutti i bambini nati nel territorio, senza distinzione di colore, passaporto, permesso di soggiorno. «Abbiamo raccolto 70mila euro, distribuiti alle 70 famiglie più fragili della città», dice Rossini. Proprio ora, appena prima del “caso mensa” di Adro, le Acli erano al lavoro per realizzare un nuovo progetto di alfabetizzazione giuridica a favore degli immigrati. Adesso stanno raccogliendo le segnalazioni da tutte le sezioni del territorio per valutare le nuove emergenze.
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