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Adozioni: un articolo del “Messaggero” fa discutere

Boom di richieste di neonati legato alla legge 40, scrive il quotidiano romano. La risposta, punto su punto, del presidente del Cifa Onlus

di Benedetta Verrini

Ha suscitato dibattito l’articolo apparso il 20 giugno scorso, sul Messaggero, dedicato alle adozioni. In esso si parla di un “aumento record” di richieste, legato all’approvazione della legge 40 sulla procreazione assistita.

“L’adozione non deve e non può essere un’alternativa alla fecondazione assistita”, sottolinea oggi in un comunicati Gianfranco Arnoletti, presidente del Cifa di Torino (ong ed ente autorizzato alle adozioni internazionali. “Va ribadito”, prosegue Arnoletti, “che la fecondazione è uno strumento a disposizione delle coppie mentre l’adozione è uno strumento a disposizione del bambino e come tale va orientato a risolvere le esigenze del minore, non altro”.

Ma c’è di più. Sul Messaggero vengono sovrapposte molte questioni: dal caso Ucraina (“L?unico Paese europeo che non ha ratificato la convenzione per i diritti del bambino. Cataloghi, come per le auto. Mercato parallelo”.), allo scollamento tra l’emergenza infanzia abbandonata e i desideri delle coppie, fino alle lamentele per le lungaggini dell’iter (“più dei tempi lunghi, (due anni e mezzo almeno), più della spesa notevole, (da 3000 euro a 14.000), più dell?infernale via crucis burocratica, ciò che allarga l?abisso tra gli aspiranti genitori e gli aspiranti figli sono le fantasie”, scrive il quotidiano romano, che riporta i commenti di Stefano Vicini, coordinatore del Centro affidi “Pollicino”, di Roma: «Chi ripiega sull?adozione perchè è sterile, magari deluso dalla fecondazione -spiega Vicini- non sembra sempre consapevole di questa necessità. Quando, ad esempio, li informiamo che dovranno restare fuori Italia per un mese, un mese e mezzo, cominciano a nicchiare: e il lavoro, come faccio?»”. )

“La sensazione è che il problema di denatalità del nostro paese cerchi ormai sempre più affannosamente soluzione nell’importazione di bambini dall’estero”, risponde Gianfranco Arnoletti. “Fatto, questo, che potrebbe condurre in tempi brevi al blocco delle adozioni verso l’Italia da parte dei paesi stranieri: paesi che, non dobbiamo dimenticare, sono sostenuti da un forte spirito nazionalistico e che considerano l’uscita di bambini un depauperamento di risorse. Su questo argomento tutti questi Parlamenti sono concordi”.

“E’ del resto ovvio che si potrebbero togliere i bambini dai ?puzzolenti istituti? – magari cominciando anche da quelli italiani”, prosegue Arnoletti, “ma è anche vero che all’estero, se da un lato vi è una notevole disponibilità di bambini da adottare è anche vero che la maggior parte di essi ha un’età compresa tra i 7 e gli 8 anni, spesso è soggetta a rischio sanitario o affetta da patologie. Ma stranamente questi ?piccoli?, perché di piccoli si tratta, non piacciono e non sono così ambiti dalle coppie italiane. In special modo da quella moltitudine di coppie che vuole diventare genitore adottivo come seconda scelta e non come scelta”.

“Mi preme ricordare”, conclude il presidente del Cifa, “che i tempi lungi di adozione all’estero non sono condizionati né dal passaggio dall’Ente né dalla Commissione Adozioni Internazionale poiché l’Ente deve solo depositare l’istanza di adozione presso le autorità straniere, esattamente nei modi e nei tempi richiesti se fosse concesso alla coppia, privatamente, condurre l’iter dell’adozione.
I tempi e l’abbinamento sono lasciati ad insindacabile giudizio dell’autorità straniera, trattandosi di cittadini stranieri. Di fatto la coppia può, e questo sta avvenendo sempre più di frequente, rifiutare l’abbinamento quando le caratteristiche desiderate non coincidano con le caratteristiche proposte.
Termino questa serie di riflessioni a caldo manifestando piena soddisfazione per la pausa di riflessione che Kiev sta compiendo in questo periodo: anche persone poco sensibili resterebbero infatti colpite dal senso di ?commercializzazione? che si respira in questi tempi, in questo paese ed anche con le coppie italiane”.

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