Famiglia

Adozioni, «torno in Brasile, dove sono nata, non per me, ma per i miei figli»

Si avvicina il giorno in cui la Corte Costituzionale deciderà sulla costituzionalità della legge sulle adozioni, che prevede l'interruzione in automatico dei rapporti con la famiglia d'origine. Sara Anceschi, abbandonata davanti a un orfanotrofio in Brasile appena nata, riflette sul significato di questa decisione che giunge proprio nel momento in cui lei ha deciso di tornare per una seconda volta nel paese. Non da sola: ma con i suoi figli

di Sabina Pignataro

Sara è nata a Salvador De Bahia, in Brasile, intorno al 25 aprile del 1984. La sua è una data di nascita ipotetica, perché nessuno sa realmente che giorno fosse. «Sono stata abbandonata su una panchina, avvolta in un asciugamano, davanti ad un orfanotrofio», racconta. Poi a due mesi di vita è stata adottata da mamma Anna e papà Giancarlo Anceschi. Oggi, 39 anni dopo, Sara è mamma di due bambini dalla carnagione chiara. Con loro sta per tornare in Brasile.

«La discussione della Corte Costituzionale sull’ordinanza 230/2023, coincide con un momento della mia vita molto particolare», racconta. «Dopo aver girato l’Italia per quattro anni, raccontando la mia storia di figlia e di mamma, oltre che di insegnante, con un background adottivo, sento che è arrivato il momento di tornare per la seconda volta in Brasile, nel mio Paese di nascita, insieme a mio marito e ai miei figli». Gli accompagnatori sarà l’elemento centrale del viaggio. «Sono proprio loro, i miei figli, grazie alla spontaneità delle loro riflessioni e osservazioni, ad aver stimolato i miei pensieri e ad avermi spinta verso questa decisione», racconta Sara.


«L’interesse e la curiosità di Mattia, il mio primo genito, per il mio Paese di nascita, mi colpiscono profondamente, perché paradossalmente, paiono essere più intensi e profondi, di quanto lo fossero i miei, alla sua età».
In questo anno scolastico, da mamma, sono due gli episodi che hanno colpito Sara e che sono accaduti entrambi, nelle scuole dei suoi figli. «Sofia, che ha appena compiuto 4 anni, ha detto ad un suo compagno di classe, di essere brasiliana. Questo bimbo, entusiasta, lo ha riportato alla sua mamma, anch’essa di origini brasiliane, che ad un compleanno, mi si è avvicinata timidamente, per chiedermi in che paese del Brasile fosse nata Sofia», spiega Sara. «Sono rimasta meravigliata da tutto questo: la mia quattrenne, che conosce da sempre, la mia storia di famiglia, che ovviamente è anche un po’ sua, in quanto figlia mia, la sente talmente sua, probabilmente, da definirsi brasiliana».

Mattia, il fratello più grande, invece, durante una lezione di inglese in cui gli è stato chiesto di che nazionalità fossero i suoi genitori, ha risposto italiana per parte di papà, e brasiliana per parte di mamma. Mentre, lui si è definito, “Italo- brasiliano”.

«Questi episodi mi hanno confermato che la mia storia appartiene anche ai miei figli, che orgogliosamente la menzionano quando si presenta l’occasione», osserva Sara.

Il primo viaggio a 23 anni

Questa sarà la seconda volta che Sara tornerà in Brasile. La prima fu quando aveva 23 anni, dopo aver scritto una tesi di laurea sull’adozione internazionale e aver incontrato una quarantina di famiglie adottive. «All'epoca ero interessata a vedere il Brasile per completare i racconti e le immagini che le avevano descritto i miei genitori, per vent’anni. Non ero interessata a cercare qualcuno o qualcosa in particolare». Tra l’altro il primo viaggio non fu semplice: «a Salvador De Bahia mi sentivo una straniera, guardata, osservata come mai in Italia mi era successo», ricorda. Ma fu comunque un’esperienza positiva perché consentì a Sara di «riappacificarsi» con la figura della donna che l’aveva messo al mondo. «Quelle favelas informi mi fecero pensare alla grande opportunità che la vita mi aveva offerto attraverso l’adozione. Mi costruii, così, una specie di giustificazione e iniziai a credere che quella donna mi aveva abbandonato con la prospettiva di offrirmi possibilità migliori».

Oggi il viaggio è per i figli

Questa volta, pensa Sara, il viaggio avrà un significato totalmente differente, ma sarà comunque molto importante. «Tornare in Brasile, in quattro, con i miei bambini e mio marito, avrà un valore aggiunto: dare a loro la possibilità di vedere il Brasile, di cui tanto parlano e al quale sentono di appartenere e costruire insieme, nuovi intrecci familiari colmi di significato».

In quest’ottica, l’idea di prevedere, forse, in futuro, grazie alla discussione della Corte Costituzionale 230/2023, un cambio di prospettiva nel mondo delle adozioni, potrebbe aprire a nuovi scenari. «Tutto questo, avrebbe un senso, secondo me, se, in primis, venisse tutelato il supremo interesse del minore e che ogni situazione, venisse valutata in base al contesto in cui si svolge. Sicuramente, un ruolo fondamentale, per aiutare le famiglie a orientarsi in questi nuovi orizzonti familiari, lo dovrebbero svolgere i Servizi Sociali».


Tempo fa, suo figlio le ha domandato: «Mamma, tu in che pancia sei nata?». E questo interrogativo è diventato il titolo dell’omonimo libro (Casa Editrice Ets) che racconta l’adozione attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta in prima persona: una figlia.


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