Mondo

Adozioni: stop del Ciai

Il sistema rischia il collasso, il Ciai, una delle più grandi associazioni italiane, si ferma sino a settembre: troppi Paesi impongono meccanismi di corruzione, meglio fermarsi

di Gabriella Meroni

«L? adozione internazionale sta attraversando in Italia una fase di gravissima crisi, che tocca tutti gli ambiti». Così comincia un documento del coordinamento Oltre l?adozione, che riunisce nove enti autorizzati, diffuso lo scorso 25 gennaio in occasione dell?ultima riunione della Cai, la Commissione adozioni del ministero della Famiglia. Un atto d?accusa vero e proprio, che mette in fila una serie di problemi strutturali che bloccherebbero, di fatto, lo svolgimento delle adozioni internazionali in Italia. Le cifre confermano: a fronte di circa 3mila nuovi ingressi di bambini l?anno scorso, restano quasi 10mila coppie di aspiranti genitori in attesa di un figlio. Il che, tradotto in tempi d?attesa, significa aspettare l?abbinamento coppia-bambino tre, quattro o cinque anni, con punte di dieci.

Fermi sino a settembre
Ed ecco dunque l?iniziativa clamorosa: lo stop, da parte di alcuni enti, all?accettazione di nuove pratiche di adozione. Come il Ciai, uno degli enti di Oltre l?adozione, che dal 1° gennaio ha chiuso agli aspiranti genitori. Motivo: la lunghezza eccessiva delle liste d?attesa. Graziella Teti, del settore internazionale, conferma: «Sì, siamo fermi, riprenderemo forse a settembre. L?anno scorso abbiamo realizzato 50 adozioni, ma abbiamo 200 coppie che aspettano». Crisi nera, dunque, ma quali sono i motivi? «La realtà», riprende la Teti, «è che se un ente lavora onestamente, come noi, in alcuni Paesi riesce a fare poche adozioni. Sia perché i bambini adottabili sono pochi, sia perché rifiuta di sottostare a pratiche di corruzione». Qualche esempio? «Cambogia e Vietnam. Qui le irregolarità sono molte». Ma se lo sapete, perché non le denunciate? «Lo abbiamo fatto, anche davanti alla Commissione. Spero che indaghino. Noi abbiamo ribadito la necessità di una maggiore trasparenza».

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