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Adozioni: sì alla legge, no all’avvocato
Al via la riforma, tranne la parte sul gratuito patrocinio. Che entrerà in vigore solo nel luglio del prossimo anno
La riforma delle adozioni è finalmente diventata legge, dopo qualche settimana di ritardo nella pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il Governo ha dovuto correggere con un decreto legge un grave impasse procedurale, causato da una delle disposizioni che stavano per essere introdotte. Per adesso, nell’ambito dei procedimenti che potrebbero concludersi con la dichiarazione di adottabilità del minore, varrà la disciplina previgente e le famiglie in stato di difficoltà economica non saranno costrette a pagarsi un avvocato. Vita ne ha parlato con Paola Perrino, consulente legale dell’Associazione Amici dei Bambini-Ai.Bi., che spiega come mai una misura pensata per tutelare i soggetti più deboli ha finito per costringere il governo a fare una temporanea retromarcia. E perché il processo minorile sarebbe tutto da rifare.
Sono state pubblicate nello stesso giorno, la legge e la sua “correzione”. Sulla Gazzetta Ufficiale del 26 aprile scorso, infatti, si trovano la legge 149/2001, recante modifiche alla disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori, e il decreto legge n. 150, che congela temporaneamente una delle innovazioni più importanti della riforma, quella relativa all’assistenza legale nei procedimenti per la dichiarazione di adottabilità (e in quelli sulla potestà genitoriale previsti dall’art. 336 del codice civile). Cosa è accaduto? La nuova legge aveva inserito l’obbligo di un avvocato anche per quelle famiglie che, trovandosi in stato di grave indigenza morale e materiale, rischiavano di perdere la potestà genitoriale sui figli. «Un’innovazione straordinariamente importante, dal momento che a tutt’oggi il Tribunale per i minorenni può prendere provvedimenti sul minore senza nemmeno ascoltarlo», spiega Paola Perrino. «Questa novità, d’altra parte, impone il pagamento di una parcella milionaria a persone che certamente non possono permetterselo». Il presidente del Tribunale, infatti, all’apertura della procedura avrebbe dovuto invitare gli interessati a prendere un avvocato difensore e, in caso di inadempimento, a nominarne uno d’ufficio (il cui onorario deve comunque essere pagato dalla famiglia).
L’unica via d’uscita avrebbe potuto essere la previsione di una copertura finanziaria ad hoc, o la coordinazione di questa disposizione con la legge sul patrocinio per i non abbienti (L. 60/2001). Quest’ultima, però, entrerà in vigore nel procedimento civile soltanto nel luglio del 2002.
«Alla fine il governo ha approvato questo decreto legge, che fa salva la vecchia disciplina lasciando facoltativa la nomina di un avvocato», continua Perrino. «Ed è stato meglio ritardare l’entrata in vigore della norma, in attesa che l’impianto normativo sul procedimento minorile venga riformato e diventi veramente di favore per il minore e la sua famiglia». L’esperta Aibi ricorda che il processo minorile, attualmente, si svolge in assoluta assenza di contraddittorio: «L’intero procedimento si svolge in Camera di consiglio, sulla base delle relazioni tecniche degli assistenti sociali. Spetta esclusivamente alla sensibilità del giudice decidere di sentire anche il bambino e la famiglia. Si tratta di un sistema pericoloso e ormai inadeguato al giusto processo, recentemente introdotto dalla riforma dell’articolo 111 della Costituzione. La nuova disciplina delle adozioni ha permesso di sollevare il problema: ci auguriamo che sia l’inizio di una più generale ristrutturazione del processo minorile, che metta davvero al centro la difesa e l’ascolto del minore. Non è più pensabile che oggi si possa essere ascoltati per qualsiasi cosa, anche per contestare una multa, e non si abbia il diritto di parlare in un processo in cui si decide del destino del proprio figlio».
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