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Adozioni: Legge da cambiare?

Si prepara la riforma dell’attuale legge. Ma è davvero da cambiare? Avere meno regole aiuta i minori? Proviamo a rispondere. Anteprima dell'inserto speciale di VITA non profit in edicola da oggi

di Benedetta Verrini

Quel che è certo, è che per le adozioni internazionali una ribalta politica e mediatica di questo tipo non si era mai vista. Nel giro di un paio di settimane, quotidiani e settimanali si sono occupati del «caso», sulla scia di una puntata di Porta a Porta, di due interrogazioni parlamentari, di un?indagine conoscitiva (tutt?ora in corso) della Bicamerale per l?infanzia, persino di una fiction tv.
Cosa sta succedendo? La contabilità non torna, dicono i parlamentari: troppe coppie in attesa di adottare e troppi pochi bambini disponibili. Tempi lunghissimi e spese esorbitanti «senza garanzia di successo», cioè l?arrivo del desiderato bambino.
Sono due le iniziative avviate su questa linea, entrambe promosse da esponenti della maggioranza. Marco Zacchera, deputato responsabile della Politica estera di An, ha presentato un?interrogazione parlamentare, «per sottolineare le difficoltà nell?applicazione della legge sulle adozioni», spiega. «La legge 476 del 98 è una buona legge, tuttavia ci sono alcuni aspetti che debbono essere rivisti». «I numeri sono contraddittori», incalza il parlamentare di An, «troppo alti quelli delle famiglie abilitate all?adozione e troppo bassi quelli delle famiglie che realmente riescono ad adottare un bambino: nel mezzo ci sono interminabili trafile lungo le quali si nascondono insidie, qualche volta soprusi, ricatti e in alcuni casi vere e proprie estorsioni da parte di associazioni estere dietro le quali si celano a volte organizzazioni malavitose. Obiettivo dell?interrogazione parlamentare, sottoscritta anche dal centrosinistra, è quello di far chiarezza».
Nei giorni scorsi, ha aggiunto il parlamentare, due enti autorizzati, di cui non è stato rivelato il nome, sono stati sospesi e ?visitati? dalla Guardia di finanza. All?interrogazione ha fatto seguito l?interpellanza urgente dell?onorevole Dorina Bianchi dell?Udc, sottoscritta, anche in questo caso, da parlamentari di entrambi gli schieramenti, con cui si chiede al governo di intervenire con provvedimenti che diano garanzie sui tempi e rendano l?iter seguito dalle famiglie più «chiaro, affidabile, sicuro e trasparente». «Stiamo lavorando», ha annunciato l?onorevole Bianchi, «a una proposta di modifica della legge del 1998. In particolare, proponiamo di costituire due graduatorie: nella prima dovrebbero essere iscritte le famiglie idonee e prossime all?adozione, le quali sosterranno il 50% dei costi subito e l?altro 50% ad adozione avvenuta; nella seconda, invece, ci saranno quelle famiglie per le quali si prevedono tempi più lunghi e che potranno iscriversi alle associazioni gratuitamente, facendo fronte alle spese solo quando è realmente possibile adottare un bambino».
E tra le altre soluzioni prospettate, si è profilata anche quella dell?informatizzazione dell?intero sistema. Alla conferenza stampa dei due parlamentari ha partecipato, Alessandro Maria Fucili, direttore del Centro italiano di solidarietà di Ancona, che propone la realizzazione di un sistema di gestione basato su un database che dovrebbe raccogliere le schede delle famiglie autorizzate e quelle dei bambini da adottare.
«L?impianto delle leggi sulle adozioni è giusto, ha messo al centro il diritto del bambino a una famiglia e non può essere alterato», ribatte Anna Serafini, responsabile infanzia Ds e ?madrina? di una delle due leggi sulle adozioni, la 149 del 2001. «è vero che nell?applicazione si sono scontate lentezze, ma non dipendono dalla Commissione adozioni e nemmeno dagli enti».

Tra i problemi, anche la Bossi-Fini
Da chi, allora? «Ad esempio, non c?è ancora stata una vera riflessione sull?applicazione della legge istitutiva degli enti autorizzati», prosegue la Serafini, «perché nonostante la Cai abbia depositato un anno e mezzo fa la relazione, il ministro Prestigiacomo non l?ha mai messa in discussione in Parlamento. Non è mai stata realizzata la Banca dati sui minori presenti nelle varie comunità d?accoglienza italiane. E molte altre problematiche sono legate all?applicazione di altre leggi: come la Bossi-Fini, che complica la procedura d?ingresso di un bambino straniero che entra in Italia a motivo di adozione, oppure la normativa sui congedi parentali, che non tiene conto delle esigenze di permanenza all?estero delle coppie adottive. Sulla questione dei costi, è chiaro poi che il sistema va sostenuto: bisogna investire per ammortizzare quei costi di formazione e di esperti che sono comunque necessari».
Quella dei corsi di formazione è un?area critica. E delicata. «Il corso ha una finalità specifica», dice Marco Scarpati, avvocato esperto di adozioni. «Quella di dare all?ente autorizzato un quadro preciso della coppia. Alla fine, è anche possibile che la tipologia della coppia risulti incompatibile con il tipo di bambino adottabile». In altre parole, il corso è funzionale a creare l?abbinamento ottimale. E se questo non si perfeziona, non si può rivendicare un diritto all?adozione: «Esiste solo un?idoneità all?adozione», precisa l?avvocato Scarpati, «e questa non rappresenta una garanzia a ottenere un bambino».

Ma la Farnesina dov?è?
Sicuramente, la proliferazione degli enti in Italia ha creato una gran confusione e disservizi. «C?è di tutto, è una giungla», dice Marco Griffini, presidente di AiBi, uno dei maggiori enti nazionali. «Ovvio che se uno solo si comporta male, ne pagano le spese tutti». Per la scelta, dunque, «le coppie dovrebbero orientarsi sugli enti che offrono maggiori garanzie», aggiunge Scarpati. «I più rodati e professionali, presenti in più Stati esteri, che realizzano un certo numero di adozioni ogni anno. è inutile appoggiarsi a un ente che fa 3 adozioni all?anno e ha già 150 coppie in lista d?attesa».
Come uscirne, allora? Con i database? «Ma per favore! Evitiamo le improvvisazioni di chi non si è mai occupato di adozioni internazionali», dice Griffini. «Queste interrogazioni hanno davvero messo il dito in una piaga, ma con un?ingenuità di fondo: non basta mettere a posto il sistema in Italia e pensare che per magia comincino a esserci più bambini disponibili. Il vero problema è la latitanza del ministero degli Esteri. Quanti accordi bilaterali vengono conclusi ogni giorno per facilitare accordi commerciali e quanti, invece, sono stati conclusi per le adozioni?» domanda. «Perché Cina e Marocco ci domandano da tempo di firmare accordi e il ministero non si muove? Forse perché un qualsiasi prodotto ha più importanza di un bimbo abbandonato».

(al servizio ha collaborato Francesco Agresti)

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