Famiglia
Adozioni internazionali aperte ai single, cosa cambia e cosa no
La sentenza numero 33 della Corte costituzionale dichiara illegittimo l'articolo della legge 184/1983 che esclude i single dalla possibilità di fare richiesta di idoneità per l'adozione internazionale. I single in realtà fin dal 2005 potevano accedere all'adozione internazionale in casi particolari, esattamente come per la nazionale. Ovviamente l'abbinamento resta nelle mani dei Paesi esteri, alcuni dei quali escludono l'adozione ai single

Anche le persone singole possono adottare minori stranieri in situazione di abbandono. O meglio, «possono presentare dichiarazione di disponibilità ad adottare un minore straniero residente all’estero e chiedere al Tribunale per i minorenni di dichiarare la loro idoneità all’adozione». Che poi la volontà di assicurare all’adottato «la presenza, sotto il profilo affettivo ed educativo, di entrambe le figure dei genitori» sia una istanza che «può giustificare» il fatto che chi fa l’abbinamento tra bambino e famiglia continui ad avere una «preferenza per l’adozione da parte di una coppia di coniugi»… è qualcosa che nessuno può escludere, anche perché il tema dell’abbinamento è «di unica competenza dello Stato di origine del minore stesso»: all’Italia in quanto Stato di accoglienza spetta solo il compito di riconoscere l’idoneità o meno ad adottare.
La novità è contenuta nella sentenza numero 33 della la Corte costituzionale, depositata il 21 marzo 2025. La Corte dichiara costituzionalmente illegittimo l’articolo 29-bis, comma 1, della legge 184 del 1983, nella parte in cui non include le persone singole fra coloro che possono adottare un minore straniero residente all’estero. La sentenza ha come redattrice la giudice Emanuela Navarretta, la stessa che nel 2023 ha firmato la sentenza 183 della Corte costituzionale, ammettendo l’adozione aperta. In quel caso l’articolo 27 della legge 184 non venne dichiarato incostituzionale, ma la Corte precisò che l’adozione piena deve interrompere sempre i legami giuridici con la famiglia d’origine, ma non necessariamente quelli affettivi e che il giudice potrà prevedere di volta in volta, nell’interesse del minore, il mantenimento di alcuni rapporti.
Il «foyer stable et harmonieux»
Oggi la decisione della Corte riguarda i single. Non apre alle adozioni tout court, ma solo a quelle internazionali, dal momento che la vicenda parte dal caso della signora R.B., non coniugata, che ha presentato ricorso davanti al Tribunale per i minorenni di Firenze dopo aver dato allo stesso disponibilità all’adozione internazionale senza poter avere – stante l’attuale legge – l’idoneità all’adozione benché ad una apposita indagine psico-sociale-familiare «la ricorrente risulta essere idonea ad adottare».
La tesi del ricorrente è che sia stata superata «l’idea che l’adozione debba palsmarsi su una una prospettiva di “imitatio naturae”, sicché la preferenza per la bigenitorialità non risponderebbe a un “vincolo giuridico a tutela diretta del minore”, ma sarebbe “il retaggio di una supposta logica naturalistica secondo una visione dogmatica della nozione di famiglia”». Anche la famiglia monoparentale, considerando anche la rete familiare aperta di riferimento, nel contesto sociale odierno così profondamente mutato rispetto agli anni ’80 del secolo scorso, sarebbe cioè in grado di garantire quel «foyer stable et harmonieux» di cui parla la Convenzione europea sull’adozione di minori. In sintesi, poiché è venuta meno l’idea che solo la bigenitorialità possa garantire la crescita armoniosa del minore, escludere i single dall’adozione non è più necessario a realizzare il fine del migliore interesse del minore. E se l’esclusione della persona non coniugata dall’accesso all’adozione internazionale non è di per sé funzionale a realizzare il miglior interesse del minore, ecco che segna invece una lesione del diritto alla vita privata e al diritto alla vita familiare di cui all’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La valutazione della Corte
Escludere i single dalla possibilità di adottare «si pone in contrasto con gli articoli 2 e 117, primo comma, della Costituzione e con l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo», si legge nel comunicato. La valutazione della Corte è che «viene compresso in modo sproporzionato l’interesse dell’aspirante genitore a rendersi disponibile rispetto a un istituto, qual è l’adozione, ispirato a un principio di solidarietà sociale a tutela del minore. L’interesse a divenire genitori, pur non attribuendo una pretesa a adottare, rientra nella libertà di autodeterminazione della persona e va tenuto in considerazione, insieme ai molteplici e primari interessi del minore, nel giudizio sulla non irragionevolezza e non sproporzione delle scelte operate dal legislatore». I diritti che giustificano la sentenza sono quelli individuali dell’adulto, per quanto anche nella sentenza odierna la Corte scriva chiaramente che «non si può, evidentemente, parlare di una pretesa o di un “diritto alla genitorialità”, che sono stati espressamente negati sia da questa Corte sia dalla Corte di Strasburgo».
No all’aprioristica esclusione
Il primo step del ragionamento della Corte costituzionale è che già con la sentenza n. 184 del 1983 della Corte stessa è stata riconosciuto l’astratta idoneità della persona singola a offrire un ambiente stabile e armonioso, fermo restando che spetta poi al giudice accertare in concreto l’idoneità affettiva dello specifico aspirante genitore e la sua effettiva capacità di educare, istruire e mantenere un minore. Tale accertamento può tenere conto anche della rete familiare di riferimento dell’aspirante genitore. Insomma, essere single non impedisce di offrire al minore un ambiente sereno, stabile e armonioso. E l’aprioristica esclusione delle persone singole dalla genitorialità adottiva non è un mezzo idoneo a garantire al minore un ambiente di questo tipo.
Secondo step. La Corte ribadisce che lo stesso legislatore ha riconosciuto che la persona singola è, in astratto, idonea ad assicurare un ambiente stabile e armonioso al minore, anche in contesti non privi di criticità o rispetto a minori che richiedono un particolare impegno: il riferimento è all’articolo 44 della legge 183/1984, quello che disciplina l’adozione in casi speciali e che prevede l’adozione da parte di single, nell’adozione nazionale, per minori con disabilità che siano anche orfani di padre e madre e per minori per cui sia risultato impossibile l’affidamento preadottivo.
L’apertura che esisteva già
In realtà pure l’adozione internazionale era già stata aperta ai single in casi particolari. Nelle pieghe del sito della Commissione Adozioni Internazionali, infatti, si legge di come nel 2005 la Corte costituzionale, investita del caso di una donna italiana non coniugata che aveva richiesto l’adozione di una bambina bielorussa in stato di abbandono nel suo paese di origine, bisognosa di cure mediche tempestive, con la quale aveva instaurato nel tempo un rapporto consolidato di convivenza e affetto nell’ambito dei cosiddetti soggiorni di risanamento, si pronunciò nel senso dell’ammissibilità dei single all’adozione internazionale negli stessi casi particolari in cui è possibile per la nazionale e cioè quando tra la persona non coniugata e il minore straniero orfano di padre e di madre esiste un rapporto stabile e duraturo, preesistente alla morte dei genitori; nel caso di adozione di un minore orfano di padre e di madre, in condizione di disabilità; nel caso di adozione di un minore per la cui particolare situazione è stata constatata l’impossibilità di affidamento preadottivo. «Il single può pertanto essere dichiarato dal Tribunale per i minorenni idoneo all’adozione internazionale di un minore che si trovi nelle predette condizioni. Tuttavia, l’adozione internazionale del single sarà in concreto possibile solo se nel Paese d’origine del minore è ammessa l’adozione da parte di persone non coniugate e se l’autorità del Paese d’origine medesimo deciderà che l’adozione da parte del single effettivamente corrisponde all’interesse del minore».

Per tante estemporanee e strombazzate lamentale di vip, c’è la celeberrima storia dell’attrice Sara Maestri, che da single ha adottato una bambina bielorussa conosciuta appunto attraverso i soggiorni estivi, raccontata nel romanzo Stringimi a te. Maestri da sempre, diversamente dalle sue colleghe, afferma che «neanche è vero che non si possa adottare da single in Italia. Io e Alesia infatti abbiamo chiesto a gran voce di poter vivere insieme in ragione dell’articolo 44 della legge 184 del 1983 ossia ‘Adozione in casi particolari’. Oggi uomo o una donna single se idonei e ‘in casi particolari’ possono sia prendere in affido un bambino o sempre ‘in casi particolari’ fare richiesta di adozione da single in base alla legge citata. Il mio obiettivo non era rispondere appunto ad un mio desiderio di maternità ma dare ad Alesia il diritto ad avere una famiglia. Quello che voglio dire è che in Italia c’è anche tanta disinformazione su questo tema ed è per questo che ho reso da sempre pubblica la mia storia».
Cambiare la legge per sentenze o con un dibattito che coinvolga il Paese?
Quello di oggi chiaramente è un passo in più, perché si va al di là dei casi particolari. La sentenza ovviamente piacerà ad alcuni e farà storcere il naso ad altri. Gli “addetti ai lavori” la sentenza di oggi, prima di commentarla, vogliono studiarla per bene: hanno ragione. Frida Tonizzo – presidente di Anfaa, la storica realtà di famiglie adottive e affidatarie che con il suo fondatore Francesco Santanera fu tra i protagonisti della stagione culturale che ha portato alla legge 184/1983 – commenta che «a caldo posso solo riportare le parole di diversi figli adottivi adulti, che dicono che “potendo scegliere preferirei avere due genitori invece di uno solo, insieme magari anche a fratelli e sorelle”». Ma soprattutto ricorda che «esiste il diritto dei bambini senza famiglia a essere adottati, non esiste il diritto alla adozione degli adulti». Lo scivolamento verso la prospettiva adultocentrica invece è un punto su cui sempre più spesso gli addetti ai lavori si trovano ad interrogarsi.
Paolo Limonta, presidente di Ciai, il primo ente italiano ad occuparsi di adozione internazionale, sottolinea come la sentenza «evidenzia ancora una volta la necessità di modificare al più presto la legge italiana sull’adozione, affinché tenga conto delle trasformazioni sociali e familiari che hanno interessato anche il nostro Paese». Ciai già in passato si era espresso in favore dell’apertura dell’adozione anche alle persone single e alle coppie omogenitoriali, sulla base del fatto che l’Associazione Italiana di Psicologia afferma che il benessere di bambini e bambine non dipende in modo significativo dal fatto che in famiglia i genitori siano sposati, separati, single o dello stesso sesso, ma dalla qualità della relazione familiare. «È chiaro che nell’adozione internazionale si dovrà sempre tener conto delle legislazioni dei singoli Paesi, che non sempre prevedono l’adozione da parte di single e in ogni caso va tutelato il primario interesse del minore che si traduce nell’importanza della valutazione delle capacità genitoriali e idoneità affettive degli aspiranti genitori, indipendentemente dal loro status», precisa.
Lo storytelling sulla platea
Le domande che rimbalzano oggi sono soprattutto queste: su quanto sia utile, oggi, cambiare la legge sulle adozioni attraverso ricorsi e sentenze anziché affrontare un franco, esplicito e condiviso dibattito pubblico e parlamentare. Benché tra Camera e Senato in questa legislatura siano stati presentati venti progetti di legge per la revisione a vario titolo della legge 184/1983, di cui due esplicitamente dedicati ad aprire l’adozione ai single, per nessuno l’esame è stato avviato. Se si vuole aprire le adozioni ai single, se ne parli: perché in questo modo, invece, c’è solo da chiedersi perché l’adozione internazionale sì e la nazionale no? Perché i single sì e le coppie dello stesso sesso no, se il punto di partenza è che la società attuale ha superato culturalmente «la visione dogmatica di famiglia»? La perplessità più grande non riguarda nemmeno il tema single sì o single no, ma il fatto che all’adozione si metta mano senza mai andare al punto cruciale, che è quello del supporto al post-adozione.
E poi colpisce quel ritorno, ancora una volta, di uno storytelling che non corrisponde alla realtà: quello per cui le adozioni oggi sono poche perché mancano le coppie disponibili. Ultimamente è un martellamento continuo.
È un argomento che tira in ballo anche la Corte, quando dice che nei casi di adozione particolare il legislatore aveva aperto alla possibilità di adozione per i single già anni fa con uno scopo preciso: ampliare le possibilità di accoglienza in famiglia per bambini “difficili”. Escludere i single dalla platea dei potenziali adottanti poteva infatti ostacolare lo stesso diritto del minore a essere accolto in un ambiente stabile e armonioso (il pensiero di tutti va al caso celeberrimo di Luca Trapanese con la sua Alba).
«A ben vedere», scrive la Corte, «tale esigenza è ravvisabile anche al di fuori delle limitate ipotesi prospettate dal legislatore. La possibilità di incidere sull’effettività della tutela dei bambini abbandonati è, infatti, in generale, un rischio riconducibile anche alla restrizione della platea dei potenziali adottanti. E che si tratti di un’eventualità non puramente teorica emerge, del resto, dalla progressiva riduzione delle domande di adozione che si è avuta a partire dall’inizio del nuovo millennio».
Lo stesso comunicato stampa sottolinea proprio questo aspetto: «Nell’attuale contesto giuridico-sociale caratterizzato da una significativa riduzione delle domande di adozione, il divieto assoluto imposto alle persone singole rischia di «riflettersi negativamente sulla stessa effettività del diritto del minore a essere accolto in un ambiente familiare stabile e armonioso».
Questa narrazione però è parziale: le disponibilità ad adottare calano, è vero, così come è vero che esistono le “Neglect List”, cioè bambini adottabili per cui non si riesce a trovare una famiglia. Ma se fosse solo questo non avremmo (dati CAI al 30 giugno 2024, la bellezza di 2.340 procedure pendenti. I numeri delle adozioni internazionali scendono per un intrecciarsi di cause, con Paesi di origine che chiudono, Paesi di accoglienza spaventati dagli scandali delle adozioni del passato, una visione sempre più critica delle adozioni internazionali. Vogliamo aprire ai single per ragioni di equità e di diritti? Discutiamone, ma non dipingiamo questa scelta come la salvezza delle adozioni internazionali. Sarebbe ingiusto nei confronti delle tante, tantissime coppie in attesa.
Foto di Riccardo Squillantini/Sintesi
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