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Adozioni in Bielorussia, il balletto del ministro

Minori: le 150 pratiche in sospeso con Minsk erano a un passo dallo sblocco. Ma ora un braccio di ferro politico tra il ministro Prestigiacomo e la Bicamerale infanzia rischia di vanificare tutto

di Benedetta Verrini

Le famiglie non ci stanno. Non ci stanno al braccio di ferro politico. Non ci stanno a una polemica che può danneggiare solo la parte più debole, i loro figli, ancora chiusi negli internat della Bielorussia. Sono in 150, ma si fanno sentire, eccome. E sono pronte a una manifestazione nazionale che, c?è da crederci, coinvolgerà molte, molte più persone, a cominciare da quanti temono di non poter più vedere i ?quasi figli? che ogni anno arrivano in Italia per soggiorni climatici.

Al centro del contendere c?è una vicenda, che si è consumata a fine ottobre, che ha dell?incredibile. «Non si è mai stati così vicini alla soluzione del problema delle adozioni in Bielorussia», si legge in un appello che il Coordinamento delle famiglie in attesa di adottare sta inviando ai ministeri. Mai stati così vicini anche dal perdere tutto, purtroppo, a causa della mancata firma di un protocollo.

Balletto diplomatico
Cos?è accaduto? Il 13 ottobre la presidente della Commissione adozioni internazionali, Roberta Capponi, vola a Minsk per una missione istituzionale volta allo sblocco delle adozioni, ferme dall?ottobre del 2004 e con 150 pratiche sospese. Risultato dell?incontro: una non precisata ?disponibilità? delle autorità bielorusse a esaminare le proposte italiane.

Un paio di settimane dopo, il 25 ottobre, una delegazione della Bicamerale Infanzia ritorna a Minsk con l?intento di riprendere il discorso. L?arrivo di un gruppo politico (e non di tecnici), per i bielorussi è un vero evento. Era dal 1997 che una commissione italiana non si recava nella capitale: anche per questo, forse, i deputati diessini Marida Bolognesi e Piero Ruzzante, la forzista Maria Burani Procaccini incontrano ben cinque ministri del governo Lukashenko. E, soprattutto, concludono un protocollo in cui si dice che il ministero dell?Istruzione della Bielorussia e la Cai italiana si impegnano «a esaminare tutte le pratiche arrivate al Centro nazionale di adozione prima dell?ottobre 2004», «nell?auspicio di una positiva conclusione». Un?intesa definita da tutti i delegati di «portata storica», recante di fatto la disponibilità a risolvere tutte le pratiche sospese. Le stesse tv bielorusse danno notizia dell?evento, spiegando che lo speciale dialogo con l?Italia ha permesso di riaprire le adozioni. Manca solo la ?firma tecnica? della Cai, con il placet del ministero Pari opportunità. E qui, qualcosa s?inceppa.

Prestigiacomo furiosa
A poche ore dall?annuncio dei parlamentari, il ministro Stefania Prestigiacomo lancia un comunicato durissimo: è «grave e irresponsabile» che sia dato per concluso l?accordo, «non c?è alcuna garanzia, alcun impegno per i 150 bambini bloccati». Di più: la Prestigiacomo dice che «l?annuncio è una mossa propagandistica priva di alcun effetto positivo e illusoria per le famiglie».

Di fatto, però, il giorno dopo la presidente Cai viene nuovamente inviata a Minsk con il mandato di sottoscrivere il protocollo solo «a condizione», dice il ministro, «che contenga esplicite garanzie sulle 150 adozioni pendenti». La Capponi arriva a Minsk e riapre il negoziato, senza firmare alcunché. Secondo il ministero, infatti, l?accordo è «insoddisfacente». Di ritorno in Italia, la commissione accusa il ministro di peccare di ?personalismo? e chiede al governo il perché della mancata firma.

Famiglie in attesa
«Faccio parte dello stesso partito del ministro, ma ho il dovere di segnalare una discrasia che rischia di vanificare non solo le aspettative dei bambini da adottare, ma anche di compromettere il lavoro iniziato con i parlamentari della Bielorussia», dice senza mezzi termini la Burani Procaccini. Sarà accusata (non dal ministero Pari opportunità ma dalla Farnesina), di «incomprensibile ostinazione».

In mezzo a questa bagarre, la firma non è ancora arrivata. E la pazienza dei bielorussi potrebbe avere anche un limite. «La polemica politica non ci riguarda, anzi ci danneggia», dicono dal Coordinamento famiglie. «Se si è aperta la possibilità di una soluzione positiva, crediamo che vada sfruttata. Oppure bisogna comunicare alle famiglie i motivi per cui non si giunge a un accordo». Andranno in piazza per avere risposte, pensando ai loro figli che aspettano.

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