Famiglia

Adozioni.Il grande dilemma Cinese

Oltre 20 milioni di orfani e 58 milioni di bambini che crescono da soli, con i genitori lontani per lavoro. Le condizioni dell’infanzia in Cina .

di Sara De Carli

I numeri, messi in fila, sono impressionanti. In Cina nascono 17 milioni di bambini l?anno e 100mila di essi, ogni anno, vengono abbandonati, soprattutto se femmine: in una cultura che assegna ai maschi il compito di prendersi cura dei genitori anziani, crescere una bambina solo per darla in sposa è una perdita netta. Non per nulla in Cina nascono 117 maschi ogni 100 femmine, ben al di sopra la media mondiale: «Effetto di aborti selettivi che stanno crescendo in maniera preoccupante», spiega Paolo Pobbiati, presidente della sezione italiana di Amnesty International. Questa logica contabile che orienta le scelte di chi mette su famiglia è legata al fatto che lo Stato concede a ogni coppia un solo figlio, per arginare la crescita demografica: la legge che impone un figlio per chi vive in in città e due per chi sta in campagna ha portato il tasso di fertilità dal 5,6 del 1970 all?1,7 del 2006. Questo, almeno, stando alle nascite registrate: moltissimi genitori infatti sperano di tenersi i figli provando a nasconderli allo Stato, ovvero non registrandoli. Una scelta che però crea le condizioni per un pericolossissimo traffico di minori.

un esercito di orfani
Secondo l?Unicef in Cina ci sono 20 milioni e 600mila orfani, soprattutto nelle aree rurali, anche se il governo, nel 2005, ne ammetteva ?solo? 530mila. Il sito Chinagate dal 2000 in poi conta 50mila adozioni l?anno di bambini cinesi: circa 2mila l?anno entrano sotto la tutela degli istituti statali, fra i 35 e i 40mila vengono adottati da coppie cinesi e quasi 10mila vanno in adozione internazionale. Ma per Save the Children International solo 50mila bambini abbandonati trovano accoglienza in istituti pubblici o in famiglie pagate dallo Stato. «Gli americani, da tempo impegnati nelle adozioni internazionali in Cina, dicono che negli istituti i bambini stanno bene», dice Gianfranco Arnoletti, presidente del Cifa. «Si legge però che gli istituti ricevono 12 dollari l?anno per ogni bambino, difficile pensare a una realtà totalmente positiva». Qualcosa però sta cambiando. Una volontaria espatriata di un?altra ong italiana, che chiede l?anonimato, ci dice che nel novembre 2007 Zhang Mingliang, direttore del dipartimento per i Servizi sociali del governo cinese, ha promesso 83 nuovi orfanotrofi entro fine 2008 e migliorie generali per quelli esistenti. Intanto nell?ottobre 2006 Save the Children ha avviato un corso all?università di Pechino, per formare i 200mila professionisti del sociale che secondo il ministero degli Affari civili servono per affrontare il capitolo ?minori abbandonati?: il primo corso è stato frequentato da 40 persone, ma è un inizio. «Solo il 5% degli interventi realizzati in Cina da ong straniere si occupa di infanzia», precisa la volontaria anonima. «Prevalgono progetti su temi ambientali, sviluppo rurale, protezione delle minoranze, promozione dei diritti».

L?altra faccia dello sviluppoTutti temi importanti, e comunque direttamente collegati alle condizioni dell?infanzia in Cina. Basti pensare che, in valori assoluti, il numero più pesante è quello dei ?left over children?: una ricerca della All China Women?s Federation a febbraio 2008 ne ha contati 58 milioni, un quarto di tutti i bambini che vivono nelle aree rurali. Il 27% ha meno di 5 anni. Sono i figli dei milioni di cinesi che si spostano, in cerca di lavoro, dalla campagna alla città, dalle zone occidentali alla costa, dove si concentra il 90% degli investimenti stranieri. I migrant workers stanno via tutto l?anno, tornano solo per le vacanze, e lasciano i figli soli o in compagnia dei nonni. Action Aid è attiva nella zona Sud della Cina, nel Guangxi, al confine col Vietnam: «Il villaggio di Longqiu, per esempio, conta 70 famiglie: in 40 entrambi i genitori sono lavoratori migranti», dice Arianna Banfi, communication officer, appena rientrata da un viaggio nella provincia.

L?altra faccia della medaglia sono, in città, i bambini di strada: un milione e mezzo, secondo quanto ammesso a fine 2007 dal governo cinese, che ha recentemente messo a punto, per la prima volta, un piano ad hoc che va dalla prevenzione alla protezione dei ragazzi, incluso un progetto contro il traffico di minori.

Segni di cambiamentoLa tentazione dello sconforto, di fronte a questi numeri, c?è. «È vero, la situazione dell?infanzia in Cina è preoccupante», spiega Donata Lodi, responsabile Programmi sul campo di Unicef Italia. «C?è una disparità enorme tra le aree più ricche e quelle più povere, e una tendenza ancora molto marcata a discriminare alcune condizioni: i bambini sieropositivi sono emarginati dalla scuola. Ma c?è anche un dato positivo, è il dibattito interno che si è aperto su questi temi: persino il governo ora parla apertamente di traffico di minori, orfani di Aids, lavoro minorile, anche se i dati ufficiali non sono ancora arrivati». Nei giorni delle Olimpiadi, Action Aid racconterà questa Cina sconosciuta dei piccoli con un cartoon realizzato dai ragazzi di Jinlong. Anche per quello c?è voluto un grande allenamento: di fantasia, immaginazione e creatività. Che pare sia piaciuto molto anche al governo cinese.


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