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Adozioni, debutta un ente regionale
Nasce in Piemonte la prima Agenzia pubblica per le Adozioni Internazionali. È uno sportello che si affianca agli enti autorizzati privati.
Non sarà un vero e proprio terremoto, ma sicuramente il sistema dell’adozione internazionale in Italia in questi giorni ha ricevuto una bella scossa. Il Consiglio Regionale del Piemonte, infatti, il 2 agosto scorso ha dato il via libera alla nascita della prima Agenzia regionale per le adozioni internazionali: un organismo pubblico, che si affianca ai 56 enti autorizzati attualmente esistenti, a cui i futuri genitori potranno direttamente rivolgersi per adottare un bambino straniero. In pratica, dopo aver ottenuto il decreto d’idoneità dal Tribunale, le coppie piemontesi potranno scegliere se rivolgersi a un ente autorizzato privato (sul territorio ce ne sono già 17) o se andare allo sportello pubblico dell’Agenzia e affidare ai suoi funzionari l’espletamento delle pratiche per l’abbinamento con un bambino straniero.
L’adozione internazionale gestita dall’Agenzia regionale avrà costi competitivi: si prevede che la coppia partecipi alle spese vive (avvocati, trascrizioni, traduzioni) secondo determinate fasce di reddito. I futuri genitori non dovranno pagare i funzionari, che sono dipendenti pubblici, e per i progetti di cooperazione all’estero potranno contribuire liberamente. È possibile immaginare, dunque, che molte coppie residenti in altre regioni potrebbero chiedere alla Commissione Adozioni di rivolgersi all’Agenzia piemontese per poter beneficiare degli stessi vantaggi economici (e fino ad ora l’autorità centrale presieduta da Melita Cavallo ha sempre concesso l’autorizzazione a rivolgersi ad un ente fuori regione, quando la richiesta dei coniugi era seriamente motivata).
Per l’istituzione dell’Agenzia piemontese il governo Amato aveva già disposto un finanziamento di 3 miliardi. «Soldi che ci sono stati assegnati in più e non tolgono nulla agli investimenti per i servizi sociali» spiega Anna Maria Colella, dirigente dell’assessorato, l’esperta che ha promosso e sostenuto la legge fin dall’inizio. «Lo scopo principale di questa Agenzia è promuovere una cultura della solidarietà per le zone del mondo davvero svantaggiate: abbiamo già avviato progetti in Burkina Faso, in Cina e in America Latina».
È comunque difficile immaginare la portata di questa novità fino a quando l’Agenzia non sarà davvero operativa (deve prima dotarsi di uno statuto e ottenere l’autorizzazione dalla Commissione Adozioni) ma certamente la sua nascita, che rappresenta il debutto del pubblico nel settore adozioni – previsto dalla legge 476 del 1998 all’art. 39 bis – ha già suscitato enormi polemiche.
«In Piemonte ci sono già molti enti autorizzati e delegati a svolgere un servizio pubblico. Mi domando a cosa serva un nuovo soggetto che si va ad aggiungere a questi, proprio in una regione in cui il numero delle adozioni non va oltre il centinaio all’anno» dice Marco Griffini, presidente di AiBi, che nei giorni scorsi aveva chiesto il ritiro del disegno di legge istitutivo dell’Agenzia, «Questa iniziativa comporta spreco di denaro pubblico e di sicuro non sostiene né promuove il privato sociale».
Dello stesso avviso anche Donata Micucci, presidente dell’associazione Famiglie Adottive e Affidatarie, secondo cui «l’eccessivo coinvolgimento del servizio pubblico nell’adozione internazionale potrebbe tradursi in uno svantaggio per l’adozione nazionale. Non dimentichiamo» continua Micucci, «che in Italia ci sono tanti bambini grandi o portatori di handicap, che rischiano di venire trascurati. Questa è la vera emergenza a cui dovrebbe dedicarsi la Regione, invece di impegnare denaro e personale nell’adozione internazionale».
Tutte critiche respinte al mittente da Mariangela Cotto, assessore regionale alle Politiche Sociali, secondo cui l’introduzione del pubblico accanto al privato non potrà che favorire il pluralismo: «Non abbiamo fatto altro che cogliere una possibilità prevista nella legge nazionale e non mi sembra che ci sia motivo di stupirsi. Se nella scuola, ad esempio, dove c’è un predominio del pubblico, è giusto sostenere gli istituti privati, non vedo perché in questo settore, dove finora ha operato solo il privato, non possa intervenire un ente regionale. La presenza del pubblico non potrà che avere effetti positivi, primo fra tutti quello di calmierare i prezzi delle adozioni».
E le équipes di operatori dei servizi sociali che dovranno seguire le coppie durante l’adozione e collaborare con gli enti autorizzati, non si troveranno in posizione d’ambiguità, quando i coniugi dovranno decidere l’ente cui affidare le pratiche per l’adozione? «Assolutamente no» sottolinea Colella, «gli operatori sociali non c’entrano nulla con i funzionari che si occuperanno dell’Agenzia, e continueranno a svolgere il loro lavoro in modo indipendente dalla presenza di questo nuovo soggetto».
Intanto, tra i privati c’è anche chi accoglie questa novità con uno spirito possibilista: «Non possiamo vivere la nascita di ogni nuovo ente come una minaccia e un biasimo per il nostro lavoro» afferma Daniela Bertolusso, segretario generale degli Amici di Don Bosco. «Certo, rispetto a noi questa Agenzia avrà un esordio privilegiato dal punto di vista delle risorse, perché è sostenuta da un apposito capitolo di bilancio della regione», osserva, «e per quanto riguarda la conquista di rapporti con i Paesi stranieri, invece, probabilmente avrà un cammino in salita, perché non è facile farsi accreditare. È comunque molto positivo che possa avere l’effetto di calmierare i costi, anche se in Piemonte gli enti autorizzati cercano già di ridurre al massimo le tariffe. Insomma, non ci sentiamo in concorrenza: alla fine, è sempre la coppia a documentarsi e a scegliere l’ente che preferisce».
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