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Adozioni, Avsi incorpora Amici di Don Bosco

L'accordo con Amici di Don Bosco porterà Avsi ad adottare in 12 paesi. «Perché investire sulle adozioni in tempi di crisi? Perché solo i soggetti che puntano sulla qualità ci saranno ancora tra dieci anni», afferma Marco Rossin, responsabile adozioni di Avsi. «Una scelta lucida e di responsabilità verso le coppie. Non significa perdere identità, ma trovare chi la valorizzi», dice Daniela Bertolusso, coordinatrice di Amici di Don Bosco

di Sara De Carli

Dodici paesi e cinque sedi sul territorio nazionale: sono questi i numeri dell’accordo con cui Avsi incorpora le attività di adozione internazionale di Amici di Don Bosco. Si è concluso lunedì 3 aprile il lungo percorso di reciproca conoscenza e allineamento tra i due enti, che ha portato alla creazione di una nuova alleanza dedicata ai servizi per le adozioni internazionali. Lo scopo principale è offrire a bambini e famiglie un servizio più capillare, articolato, efficace e puntuale, durante ogni fase del percorso adottivo.

Avsi ha vent’anni di attività nelle adozioni internazionali e un’enorme esperienza nella cooperazione internazionale, mentre Amici di Don Bosco opera nelle adozioni internazionali da quasi quarant’anni: con il nuovo assetto Avsi potrà operare complessivamente in 12 Paesi (Colombia, Messico, Bolivia, Lituania, Romania, Sierra Leone, Benin, Costa D’Avorio, India, Mongolia, Filippine e Sri Lanka) e contare su 5 sedi sul territorio italiano (Milano, Torino, Cesena, Firenze e Lecce.)

Ma perché investire in un settore in contrazione, qual è quello delle adozioni internazionali? «Il panorama delle adozioni internazionali è profondamente cambiato negli ultimi anni e continuerà a cambiare nel prossimo futuro. In quanto ente autorizzato, se vogliamo essere una reale risorsa per bambini e famiglie ed essere un soggetto attivo del cambiamento è necessario investire», sottolinea Marco Rossin, responsabile adozioni internazionali Avsi. «Questa situazione porterà ad una serrata selezione tra gli enti, per cui è fondamentale in questo momento investire in qualità, prospettiva, solidità. Solo così fra 5-10 anni potremo essere uno tra i principali interlocutori del sistema adozioni. È uno sguardo a lungo termine, in cui per Avsi le adozioni non possono più essere un sistema separato dalla tutela dell’infanzia e dalle azioni di cooperazione: non è più possibile, per motivi etici, pratici e di sostenibilità economica. Noi puntiamo a realizzare un modello virtuoso che riesca a coniugare un servizio di qualità e un intervento nei Paesi di provenienza dei bambini». Il vero valore aggiunto di questo accordo con Amici di Don Bosco, evidenzia Rossin, sta «nelle persone, che hanno un capitale di esperienza enorme, soprattutto nel post adozione». Un altro valore è «la territorialità italiana, in particolare con la sede pugliese, in questi primi giorni di collaborazione è già evidente l’enorme bisogno di enti autorizzati che c’è in quella zona».

Daniela Bertolusso è la coordinatrice di Amici di Don Bosco e porta 38 anni di lavoro nelle adozioni. «La nostra è stata una scelta dettata dal senso di responsabilità nei confronti delle coppie e delle famiglie, in continuità con il modo in cui in questi 38 anni abbiamo scelto di fare servizio alle coppie e ai bambini», dice. Ovviamente il tema della sostenibilità economica pesa: «Nell’attuale quadro dell’adozione internazionale, per noi si è trattato di avere una visione lucida della situazione. Quello di oggi è l’esito di un percorso che meditavamo da fine 2021, perché per noi era importante non arrivare a prendere decisioni diciamo così, sulla spinta della disperazione. La ricerca di sinergie profonde ci sembrava l’unica strategia possibile per non disperdere un patrimonio fatto di relazioni istituzionali e personali, di attività di accompagnamento e sostegno, di progetti di formazione e di trasformazione della cultura dell’adozione. Penso che fare economie di scala sia inevitabile, che non vuol dire perdere la propria individualità ma trovare il soggetto giusto che raccolga un’eredità e la porti a frutto, valorizzandola», spiega Bertolusso.

Amici di Don Bosco per questo motivo già nel 2022 ha fatto la scelta di limitare gli incarichi: «l’operazione era in itinere e volevamo avere la certezza di portare tutte le famiglie verso il nuovo “accompagnatore”, senza metterne a rischio neanche uno». Quanto alle competenze accumulate nel post adozione, vero fiore all’occhiello di Amici di Don Bosco, «negli ultimi sette anni in particolare abbiamo fatto un lavoro di enorme valore proprio per ricercare il modo migliore per stare vicino alle coppie e a questi ragazzi che non sono sempre bambini ma che diventano giovani adulti. Per noi sono stati importanti agenti di formazione, ci hanno dato un grosso supporto nel progettare un modo di fare formazione e accompagnamento diverso. Il nostro post adozione è sempre andata al di là dell’obbligo e delle relazioni, abbiamo sempre accompagnato le famiglie nel tempo. Questo ci ha molto rafforzato nella relazione con le famiglie, penso davvero di poter dire che le nostre famiglie non sono mai state sole, tant’è che anche a 10/20 anni dall’adozione, quando ci sono state delle difficoltà, il primo posto dove sono tornate è stato è stato qui».

Foto Unsplash

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