Famiglia
Adozioni ai single, le associazioni familiari sono pronte ad accoglierli?
La recente sentenza della Corte costituzionale apre ai single la possibilità di presentare ai Tribunali la richiesta di essere valutati per l'adozione internazionale. Il sostegno di una rete, che si sia single o coppia, nell'adozione è fondamentale: prima e dopo. Come questa sentenza chiama le associazioni a mettersi in gioco?

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 33 depositata il 21 marzo 2025, ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 29-bis, comma 1, della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui esclude le persone singole dalla possibilità di adottare persone di minore età straniere residenti all’estero. Più precisamente ha rilevato che tale esclusione viola gli articoli 2 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Secondo la Corte, le persone singole sono dunque astrattamente idonee ad assicurare alla persona di minore età in stato di abbandono un ambiente stabile e armonioso restando comunque compito del giudice valutare, caso per caso, l’idoneità effettiva dell’aspirante genitore, tenendo eventualmente conto anche della rete familiare di riferimento.
Per ora tutto questo riguarda solo l’adozione internazionale, ma è evidente che il passo successivo riguarderà anche la nazionale. Sebbene alle persone singole non fosse completamente preclusa la possibilità di diventare genitori attraverso l’adozione, nazionale o internazionale, questo finora era permesso solo in casi particolari, attraverso l’uso del così detto articolo 44 della legge n. 184. L’attuale sentenza della Corte Costituzionale non potrà che portare ad una revisione di tutto ciò.
Una platea più ampia
Viene dunque ad ampliarsi la platea di coloro che potranno offrire la propria disponibilità all’adozione. I Tribunali per i minorenni potranno contare, dunque, su più persone da analizzare al fine di poter individuare famiglie in cui le persone di minore età in stato di abbandono potranno crescere e questo è davvero molto importante. Come sempre sta accadendo in questi anni, tuttavia, questo cambiamento avviene grazie ad una sentenza e non ad una revisione della nostra legge e non si può non notare come questo di per sé sia un rischio poiché è solo la legge che ci può garantire l’attuazione di prassi omogenee sul territorio nazionale.
La Corte Costituzionale è intervenuta più volte sulla legge Italiana dell’adozione (vedasi la così detta adozione aperta e la possibile reversibilità del segreto per le donne che hanno partorito in anonimato), tuttavia poiché la legge in sé non è ancora stata adeguata l’attuazione di queste prassi dipende completamente dai punti di vista, dalle ideologie per così dire, dei 29 Tribunali per i minorenni in Italia.
C’è da chiedersi quanto a lungo possa andare avanti questo status quo e cosa succederà nel contesto attuale. La speranza è che non si crei una zona di “confusione” in cui alle persone singole che intendono rendersi disponibili non venga data né bastevole attenzione né bastevole supporto affinché la loro disponibilità possa tramutarsi in una risorsa effettiva.
Non saranno i single a cambiare i numeri dell’adozione internazionale
Se nel 2012 le persone di minore età cui veniva concesso l’ingresso in Italia per adozione erano 3.106, nel 2023 il numero si è ridotto a 585 a fronte di più di 2.233 coppie in attesa al 30 giugno 2024 (dati della Commissione Adozioni Internazionali). Il calo dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze in ingresso non dipende dalla riduzione delle disponibilità all’adozione internazionale (nel 2022 sono state comunque 2.114 le coppie disponibili, dati del Ministero di Giustizia) bensì dalla complessità geo-politca mondiale attuale e da un diffuso mutamento generale delle percezioni dei paesi (di origine e di arrivo) riguardo l’istituto dell’adozione internazionale in sé. Non saranno le persone singole in più a cambiare i numeri dell’adozione internazionale, quest’ultima ha bisogno certamente di altro per essere sostenuta a partire da una politica estera che, in collaborazione con gli Stati di origine, ne garantisca l’assoluta sostenibilità dal punto di vista etico, sociale ed economico.
I primi dieci Paesi da cui arrivano i bambini e le bambine in adozione internazionale nel 2023 sono stati: India (131), Ungheria (97), Colombia (83), Bulgaria (37), Vietnam (32), Perù (32), Brasile (20), Congo Repubblica Popolare (18), Filippine (14) e Burkina Faso (14). I tempi medi tra la dichiarazione di disponibilità all’adozione e l’ingresso della persona di minore età in adozione sono per l’India 54,9 mesi, per l’Ungheria 47 mesi, per la Colombia 36,7 mesi, per la Bulgaria 62,8 mesi, per il Vietnam 63,9 mesi, per il Perù 52,3 mesi, per il Brasile 55,6 mesi, per il Congo Repubblica Popolare 34,2 mesi, per le Filippine 67,2 mesi e per il Burkina Faso 55,9 mesi. Solo alcuni di questi Paesi sono aperti alle adozioni per le persone singole e sarà cura della Commissione Adozioni Internazionali e degli Enti Autorizzati evidenziare le possibilità. (Secondo AiBi, ente autorizzato alle adozioni internazionali, sono 45 i Paesi che prevedono l’adozione per single, ndr).
Quale sostegno per i single
Questi numeri di per sé chiariscono tuttavia la complessità del panorama con cui le persone singole avranno a che fare rendendosi disponibili all’adozione internazionale. Ciò che, a questo punto, è urgente da affrontare è il tema del sostegno pre e post adottivo alle persone singole stesse. Serve, ad esempio, che riescano ad intercettare la galassia dell’associazionismo familiare in cui possono incontrare prima di tutto famiglie già costituite con cui potersi confrontare ma anche, e soprattutto, una rete di volontari e volontarie, esperti per esperienza, che possono metterli in contatto con le realtà dell’adozione, condividendo informazioni e risorse. È importante che l’associazionismo familiare sia pronto ad accogliere le persone singole e che anche sulle loro necessità sia in grado di rimodulare i propri percorsi pre-adottivi e i propri gruppi di sostegno nel post-adozione.

Il Coordinamento CARE con le sue associazioni è al lavoro su questo anche grazie all’expertise delle sue tante associazioni affidatarie, che già da tempo accolgono persone singole ma soprattutto grazie al continuo lavoro di rete che permette alle associazioni di condividere il know-how accumulato su ogni tema.
La sfida per l’associazionismo familiare
La sfida per le associazioni familiari adottive è ingente e non la si può sottovalutare. Fare un passo in più e “aprire la porta per davvero” significa, ad esempio, farlo a partire dal “linguaggio” che viene usato per annunciare e descrivere le proprie attività, linguaggio che ha bisogno di allargarsi e di nominare tutti e tutte coloro cui ci si rivolge. È anche necessario, anzi forse essenziale, che ogni associazione familiare faccia i conti con le proprie cornici culturali. Finora le associazioni familiari adottive accoglievano “coppie”, avevano a che fare con “coppie”, le attività erano pensate “per coppie”, le feste e i gruppi erano per loro, i percorsi di formazione erano dedicati a loro. Ora tutto cambia. È importante che le associazioni stesse facciano conto con questo cambiamento mettendo a fuoco possibili pregiudizi e stereotipi inerenti le persone singole. Bisogna chiedersi, ad esempio, come vivranno i propri gruppi l’entrata di singoli e se sapranno accoglierli quando arriveranno. È importante condividere con i propri soci e volontari queste riflessioni, affinché si apra uno spazio di pensiero condiviso che permetta ad ogni associazione di trovare la propria maniera per stare in questa trasformazione.
Bisogna chiedersi come gestire gli spazi di formazione comuni e se non siano necessari momenti ad hoc, pensati specificatamente per le persone singole. Se si vuole che le persone singole che si renderanno disponibili all’adozione trovino una rete associativa solida e pronta, bisogna che questa stessa rete si metta in gioco e affronti in modo chiaro ed onesto il cambiamento in atto.
La sfida per i servizi territoriali e per gli enti
Tutto questo, per altro, non compete solo l’associazionismo familiare, compete tutti coloro che sono attivi sul tema adozione. Compete le istituzioni, ma soprattutto anche i servizi territoriali e gli enti autorizzati per le procedure di adozione internazionale. Serve che tutti questi attori possano affrontare il cambiamento in un clima di confronto e condivisione. Purtroppo, però, quel che decisamente attualmente manca sono i tavoli di lavoro in cui Terzo settore e istituzioni possano confrontarsi sulle prassi e sui contenuti. Mancano decisamente gli spazi di confronto, i luoghi e i tempi in cui condividere esperienze, necessità, bisogni.
Ci sono regioni in cui protocolli, innovativi un tempo, sono scaduti da anni o regioni in cui vigono leggi regionali obsolete e questo ostacola sia il lavoro dei servizi territoriali sia l’azione sussidiaria del terzo settore non permettendo di affrontare in modo efficace le novità portate dalle varie sentenze e non permettendo di progettare modalità di sostegno a chi si avvicina all’adozione adeguate alle necessità attuali. Una cosa resta certa, infatti, ed è che le complessità che le famiglie accoglienti debbono affrontare sono ingenti e gravose, come quella di dover fare fronte ai crescenti bisogni speciali dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze che trovano famiglia tramite l’istituto dell’adozione.
Anna Guerrieri è presidente del CARE, coordinamento che si è costituito nel 2011, che ha per soci 40 associazioni familiari. Foto di Gabe Pierce su Unsplash
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